Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29175 del 24/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29175 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MADAFFARI ERNESTO N. IL 10/11/1975
avverso l’ordinanza n. 691/2012 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 09/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO
PRESTIPINO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 24/04/2013

In fatto e in diritto
Con ordinanza del 9.11.2012, il Tribunale del riesame di Reggio Calabria, in accoglimento
dell’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso l’ordinanza del gip dello stesso tribunale del
26.7.2012, che aveva disposto la sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere
applicata nei confronti di Madaffari Ernesto per il reato di cui all’art. 416 bis c.p., con quella degli
arresti domiciliari, ripristinava il più severo regime custodiale.
Il provvedimento di attenuazione del regime cautelare era stato adottato dal gip nel presupposto
della necessità dell’imputato di occuparsi di un figlio minore di anni sei, non potendo provvedervi la
moglie, impegnata nell’attività lavorativa di dipendente di una pescheria, che la teneva lontana
dalla casa familiare, né altri congiunti.
Il tribunale motivava il ripristino della misura carceraria con riferimento agli esiti di accertamenti di
polizia sull’effettiva continuità dell’attività lavorativa della moglie del Madaffari, risultata solo
saltuariamente presente all’interno dei locali della “pescheria Ulisse s.r.l.”
Ha proposto ricorso il difensore, eccependo il vizio di violazione di legge, il travisamento della prova
e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato.
Il tribunale avrebbe tenuto conto di indagini di p.g. svolte in modo troppo informale ed
approssimativo, e peraltro l’attività lavorativa della moglie del Madaffari anche in ore notturne
sarebbe provata dalle bolle di accompagnamento merce allegate ai ricorso; come sarebbe provata
dagli altri documenti l’impossibilità dell’intervento di supporto di altri stretti congiunti.
Il ricorso è infondato.
Gli accertamenti di pg sull’attività lavorativa svolta dalla moglie del ricorrente sono stati condotti
nei modi appropriati all’oggetto, e implicano comunque la specifica assunzione di responsabilità dei
verbalizzanti sulla verità di quanto relazionato; d’altra parte, i risultati delle indagini sono più che
debolmente contrastati, rispetto alla pregiudiziale questione dell’effettività dell’impegno lavorativo
della moglie del ricorrente, dai due documenti della pescheria “Ulisse” allegati al ricorso, sia per il
loro numero limitato che per l’assolutamente incerta riferibilità alla donna, attesa l’indecifrabilità
delle sigle con cui sono sottoscritti.
Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va pertanto rigettato, con la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali .La cancelleria dovrà provvedere agli adempimenti
di cui all’art. 28 reg. es . c.p.p.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Si provveda a
norma dell’art. 28 reg. es . c.p.p.
Così de s i Roma, nella camera di consiglio, il 24.4.2013
Il Presidene–2
Il c ns lie eIreltore

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