Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29174 del 04/02/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29174 Anno 2016
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LAI IGNAZIO N. IL 25/09/1958
avverso la sentenza n. 1057/2014 CORTE APPELLO di CAGLIARI,
del 11/05/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/02/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALFREDO GUARDIANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per Q
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

etiejoLy.

Data Udienza: 04/02/2016

FATTO E DIRITTO

1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Cagliari,

9.6.2014, aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti di
Lai Ignazio, in relazione al delitto di cui agli artt. 582 e 585, c.p.,
commesso in danno di Secci Mario il 18.4.2005, perché estinto
per intervenuta prescrizione, in accoglimento dell’appello proposto
dal procuratore generale della Repubblica presso la corte di
appello di Cagliari, aveva condannato il Lai alla pena ritenuta di
giustizia in relazione al suddetto reato.
2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede
l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione
l’imputato, a mezzo del suo difensore di fiducia, avv. Gian Mario
Fattacciu, del Foro di Cagliari, lamentando: 1) violazione di legge
in quanto, applicando la previgente disciplina in tema di
prescrizione, perché più favorevole, il delitto si sarebbe già estinto
prima dell’emissione dell’ultimo atto interruttivo, il decreto di
giudizio immediato del 20.4.2011, non potendosi applicare
l’istituto della sospensione del relativo decorso per impedimento
delle parti o del difensore ovvero su richiesta dell’imputato o del
suo difensore, perché ignoto alla normativa in precedenza
vigente; 2) violazione di legge e vizio di motivazione per la
mancata assunzione di una prova decisiva rappresentata
dall’esame del medico di servizio presso la A.S.L. di Carbonia, che
medicò la persona offesa, al fine di verificare l’origine e la natura
delle lesioni riportate dal Secci, stante la discrasia esistente tra la
descrizione fornita al riguardo da quest’ultimo, che ha affermato

in riforma della sentenza con cui il tribunale di Cagliari, in data

di essere stato colpito in testa ed in faccia con un bicchiere e con
una bottiglia, riportando ferite suturate con l’applicazione dei
punti, ed il contenuto del rilasciato certificato ospedaliero.
3. Il ricorso va dichiarato inammissibile per le seguenti ragioni.

Correttamente la corte territoriale ha ritenuto applicabile nel caso
in esame la nuova disciplina in tema di prescrizione, introdotta
dall’art. 6, co. 1, I. 5 dicembre 2005, n. 251, in quanto più
favorevole al reo, nel prevedere che, ai fini della determinazione
della pena edittale, cui ancorare, ai sensi dell’art. 157, co. 2, c.p.,
il tempo necessario a prescrivere, non si debba prendere in
considerazione la contestata e ritenuta circostanza aggravante
dell’uso di un’arma, ex art. 585, c.p., trattandosi di circostanza
aggravante che, non imponendo un aumento dell’entità del
trattamento sanzionatorio superiore ad un terzo della pena-base,
non appartiene alla categoria delle circostanze aggravanti ad
effetto speciale, le uniche rilevanti ai sensi del citato art. 157, co.
2, c.p.
Laddove la precedente formulazione dell’art. 157, c.p., prevedeva
che, ai medesimi fini, si dovesse considerare l’aumento di pena
collegato alla sussistenza di una qualsiasi circostanza aggravante.
Tenuto conto, pertanto, da un lato, della pena detentiva edittale
massima, che, ai sensi dell’art. 157, c.p., va fissata in dieci anni di
reclusione, dovendosi aggiungere, ai sensi dello stesso art. 157,
co. 2, c.p., al tempo minimo di sei anni l’aumento di due terzi
relativo alla riconosciuta recidiva reiterata nel quinquennio, di cui
all’art. 99, co. 4, c.p., dall’altro degli atti interruttivi intervenuti,
che, ai sensi dell’art. 161, co. 2, c.p., comportano un ulteriore
aumento di due terzi del tempo necessario a prescrivere, appare

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4. Manifestamente infondato appare il primo motivo di ricorso.

in tutta evidenza che il termine di prescrizione, decorrente dal
19.4.2005, nella sua estensione massima non può dirsi perento.
Né può dirsi perento il termine ordinario di prescrizione, nemmeno
ove si volesse aderire alla tesi difensiva, secondo cui, in

prescrizione sarebbe pari a cinque anni, posto che il primo atto
interruttivo, rappresentato, ai sensi dell’art. 160, co. 1, c.p. (non
modificato dalla nuova disciplina in tema di prescrizione), dal
decreto penale di condanna emesso il 7.1.2010 e non dal decreto
di giudizio immediato, adottato in conseguenza della proposta
opposizione, il 20.4.2011, è intervenuto prima dello scadere dei
cinque anni dalla consumazione del reato.
5. Generico e di natura fattuale si presenta il secondo motivo di
ricorso.
La mancata assunzione di una prova decisiva, infatti, può
costituire motivo di ricorso per cassazione solo quando essa,
confrontata con le argomentazioni addotte in motivazione a
sostegno della decisione, risulti determinante per un esito diverso
del processo, rispetto al quadro probatorio in atti (cfr.,

ex

plurimis, Cass., sez. II, 20/03/2013, n. 21884, rv. 255817; Cass.,
sez. V, 17/05/2011, n. 36422, rv. 250933), fermo restando il
divieto di operare una diversa ricostruzione del fatto, quando si
tratti di elementi privi di significato indiscutibilmente univoco (cfr.
Cass., sez. IV, 01/03/2011, n. 14732, rv. 250133).
Per cui, non avendo il ricorrente chiarito in che termini la prova di
cui lamenta la mancata assunzione fosse determinante per un
esito diverso del processo a suo carico, a fronte di una
argomentata motivazione che fuga ogni dubbio sulla
riconducibilità delle ferite riportate dalla persona offesa ai colpi

3

applicazione della previgente disciplina il termine ordinario di

ricevuti dall’imputato, che gli spaccò sul capo un bicchiere ed una
bottiglia di birra, come concordemente riferito dal Secci e dal
teste oculare Pino Daniele Pranteddu, le censure difensive
appaiono assolutamente generiche, risolvendosi in una mera e

della decisione impugnata.
6. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso di cui in
premessa va, dunque, dichiarato inammissibile, con condanna del
ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese
del procedimento e della somma di euro 1000,00 a favore della
cassa delle ammende, tenuto conto della circostanza che
l’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione, non
consente di ritenere il ricorrente medesimo immune da colpa nella
determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr.
Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q. M .
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro
1000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 4.2.2016

superficiale rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento

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