Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29172 del 04/02/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29172 Anno 2016
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

Data Udienza: 04/02/2016

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PIRELLI MARTI FRANCO N. IL 09/11/1953
avverso la sentenza n. 1108/2013 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
22/10/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/02/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALFREDO GUARDIANO
CIL itiL
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per a,
ey-

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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FATTO E DIRITTO

1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Trieste
riformava la sentenza con cui il tribunale di Udine, in data
17.5.2013, aveva condannato Pirelli Marti Franco alle pene,

danni derivanti da reato in favore della costituita parte civile,
“Ge.Tur – Gestioni Turistiche Assistenziali scarl”, in relazione ai
delitti di falsità in scrittura privata e di appropriazione indebita
contestati nei capi n. 1); n. 2) e n. 3) dell’imputazione, solo in
punto di trattamento sanzionatorio, concedendo all’imputato il
beneficio della sospensione condizionale della pena, confermando
nel resto l’impugnata sentenza.
2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede
l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione
l’imputato, a mezzo del suo difensore dì fiducia, avv. Federica
Tosel, del Foro di Udine, lamentando: 1) violazione di legge in
relazione all’art. 485, c.p., reato di cui non sussiste l’elemento
oggettivo: premesso, infatti, che al Pirelli si contesta di avere
formato un falso verbale di deliberazione del consiglio di
amministrazione della società “Getur scarl”, di cui era presidente,
nel quale era falsamente rappresentato che si richiedeva alla
Banca di Udine un affidamento temporaneo di due milioni di euro,
con attribuzione al suddetto presidente del potere di concludere la
suddetta operazione, rileva il ricorrente che l’atto non può
considerarsi materialmente falso, in quanto formato regolarmente
dal presidente del consiglio di amministrazione e dal segretario,
cui la legge espressamente conferisce il relativo potere, ai sensi

principale ed accessorie, ritenute di giustizia ed al risarcimento dei

dell’art. 2375, c.c., con la conseguenza che, dovendosi
considerare falso non l’atto in sé, ma quanto in esso contenuto, la
condotta posta in essere dall’imputato va qualificata in termini di
falsità ideologica in atto privato, condotta priva di rilevanza
penale; 2) violazione di legge e vizio di motivazione con
riferimento all’art. 49, c.p., ed alla prospettata tesi del falso

l’operazione attuata rientrava nei poteri del presidente del
consiglio di amministrazione, per cui non vi era bisogno, da un
punto di vista giuridico, del verbale di cui si assume la falsità,
anche se la Banca di Udine lo aveva richiesto come condizione per
l’erogazione dell’affidamento; 3) violazione di legge e vizio di
motivazione in relazione alla tempestività della querela, risultando
dagli atti che, rispetto alla data di consumazione del reato di falso
(20.5.2010), quando il verbale venne presentato in banca per
ottenere l’erogazione del mutuo, la persona offesa “Getur”, che, a
mezzo del suo legale rappresentante, ha presentato querela il
21.4.2011, venne a conoscenza della falsità del verbale del
5.5.2010, non nell’aprile del 2011, ma, attraverso il
vicepresidente Roseano, già dai primi giorni del maggio 2010, vale
a dire subito dopo il bonifico di 750.000,00 euro disposto in favore
della “Tuglia sci”, ovvero avrebbe potuto conoscerla, se i suoi
organi avessero utilizzato l’ordinaria diligenza, in quanto il
sospetto dell’esistenza di un verbale falso aleggiava negli ambienti
della società già nel corso della riunione del 30.5.2010, come
emerge anche dal contenuto del verbale del collegio sindacale
“Getur” del 1.6.2010; 4) violazione di legge e vizio di motivazione,
con riferimento alla ritenuta circostanza aggravante di cui all’art.
61, n. 2, c.p., contestata nel capo n. 1), in relazione agli artt.

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inutile, che la corte erroneamente non ha condiviso, in quanto

646, c.p. e 2634, c.c., in quanto la corte territoriale ha
erroneamente ritenuto che l’imputato abbia dirottato denaro a
favore di società terze, per un interesse esclusivamente
personale, senza considerare che “Getur” ha agito come sub
holding di “E.F.A.”, controllando in tal modo indirettamente
“Tuglia sci” e “Ski Programm”, come riconosciuto dal decreto del

caso in esame il disposto di cui all’art. 2634, c.c., in tema di
vantaggi compensativi, avendo l’imputato agito non per un mero
interesse personale, individuato dalla corte territoriale nell’intento
di salvare il suo gruppo che faceva capo alle società “Cogefa” e
“Friuli Elettro Impianti”, creditrici di grosse somme di denaro per
gli appalti in corso con “Tuglia”, con “Ski” e con le società
controllate da “Getur”, ma per realizzare un’operazione
vantaggiosa per il gruppo complessivamente considerato,
evitando il fallimento di “Fingefa spa”, che era la società
controllante della “Tuglia”, nel cui fallimento la “Fingefa” si è
insinuata; 5) violazione di legge e vizio di motivazione, con
riferimento al capo 2), in ordine agli artt. 646, c.p., 522, c.p.p.,
62, n. 11, c.p., ed alla tempestività della querela, in quanto la
corte territoriale omette di considerare che, rispetto alla somma
erogata dall’imputato in favore della “Tuglia”, venne restituita alla
“Geturnmporto di 750.000,00 euro, per il quale, dunque, non è
configurabile un’appropriazione indebita, mentre con riferimento
al restante importo di 250.000,00 euro, oltre alle argomentazioni
già svolte in tema di vantaggi compensativi, osserva il ricorrente
che l’ipotesi accusatoria risulta smentita dalla domanda di
ammissione al passivo della “Fingefa” da parte della “Getur”,
ribadendo, inoltre, da un lato che l’assegno circolare per tale

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tribunale di Udine del 16.12.2011, sicché trova applicazione nel

importo, che il Pirelli faceva emettere dalla Banca Antonveneta
nello stesso giorno (il 20.5.2010) in cui, ottenuta l’erogazione del
mutuo, aveva disposto con bonifico il versamento dei 750.000,00
euro in favore della “Tuglia”, si riferiva ad un’operazione diversa,
come si evince dalla circostanza che la disponibilità della somma
sul conto della “Getur” acceso presso la banca “Antonveneta”

effettuata il 13.5.2010, quindi prima della erogazione del mutuo
incriminato, dall’altro che non è configurabile l’aggravante di cui
all’art. 61, n. 11, c.p., che rende il reato perseguibile d’ufficio, in
quanto, seguendo la stessa impostazione accusatoria, proprio
perché il Pirelli non era dotato dei poteri necessari per chiedere
l’erogazione del mutuo, presupposto dell’appropriazione indebita,
non è configurabile nessun abuso di un potere inesistente, per cui
il reato era perseguibile solo su querela, profilo sul quale la corte
non si è minimamente soffermata; 6) violazione di legge e vizio di
motivazione anche in relazione alla contestata appropriazione
indebita di 60.000,00 euro, somma erogata sempre in favore della
“Tuglia” attingendo dal patrimonio della “Getur”, in quanto la
causale del pagamento, cessione contratto di leasing n. 36123,
era effettiva, risultando inoltre carente la motivazione in ordine
alla sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 61, n.
11, c.p., e quindi sulla procedibilità a querela del reato, poiché
nello stesso capo d’imputazione si afferma che, alla data della
contestata appropriazione, il Pirelli non era più presidente del
consiglio di amministrazione; 7) violazione di legge e vizio di
motivazione sulla inapplicabilità nel giudizio di appello del disposto
dell’art. 82, co. 2, c.p.p., in tema di revoca della parte civile per
mancato deposito delle conclusioni scritte

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derivava da un’operazione di giroconto della “Banca del Friuli”,

3. Il ricorso non può essere accolto per le seguenti ragioni.
4. Infondato appare il primo motivo di ricorso.
La falsità contemplata dall’art. 485 c.p., infatti, è soltanto la falsità
materiale, la quale, consistendo nella formazione di una scrittura
contraffatta, ovvero nell’alterazione di una scrittura vera già
formata, incide sull’autenticità del documento( cfr. Cass., sez. V,

agli effetti della legge penale, non solo quella scrittura che
contenga una dichiarazione di natura negoziale, ma ogni altra che
sia formata dal privato per assolvere ad una funzione probatoria
di situazioni dalle quali possano comunque derivare effetti
giuridicamente rilevanti (cfr., ex plurimis, Cassazione penale, sez.
V, 16/10/2014, n. 7703).
Diversamente, la falsità ideologica in scrittura privata, priva di
rilievo penale, ricorre solo nel caso in cui il documento è genuino
e proviene realmente da chi appare esserne l’autore, ma il suo
contenuto non corrisponde al vero (cfr. Cass., sez. II,
27/06/2012, n. 28076, rv 253419).
Orbene, nel caso di specie, si discute di una scrittura privata
produttiva di effetti giuridicamente rilevanti (in quanto impegnava
la “GE. TUR. Scarl”, a richiedere un affidamento temporaneo alla
“Banca di Udine”, conferendo i relativi poteri al Pirelli, in qualità di
presidente del consiglio di amministrazione), materialmente e non
ideologicamente falsa, difettandone la genuinità, stante l’accertata
circostanza che la seduta del consiglio di amministrazione in cui si
sarebbe assunta la menzionata deliberazione, costituente il
contenuto del verbale falso, in realtà non si è mai tenuta.
5. Inammissibile appare il motivo di ricorso sub n. 2).

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02/12/2014, n. 9300), dovendosi intendere per scrittura privata,

Con esso, infatti, si rappresentano censure, da un lato di tipo
meramente fattuale, che non possono formare oggetto di
scrutinio in questa sede di legittimità; dall’altro manifestamente
infondate.
Con particolare riferimento a tale ultimo profilo va rilevato che
non può parlarsi di falso inutile, posto che l’atto di cui di discute

rafforzamento) delle circostanze in esso dedotte (cfr. Cass., sez.
V, 12.11.2014, n. 10548, rv. 263455), decisive per il
perseguimento dell’obiettivo avuto di mira dall’imputato (la
concessione del fido bancario), come correttamente rilevato dalla
corte territoriale, che, con logico argomentare, ha evidenziato
come sia stata proprio la “Banca di Udine” “a richiedere il
documento ed allegarlo alla pratica quale conditio sine qua non
per la concessione alla Ge. Tur” del mutuo chirografario” (cfr pp. 8
e 9 della sentnenza oggetto di ricorso).
6. Infondato deve ritenersi il terzo motivo di ricorso.
Al riguardo si osserva che, secondo il costante orientamento della
giurisprudenza di legittimità, dal quale il Collegio non ritiene di
discostarsi, secondo cui ai fini della decorrenza del termine per la
proposizione della querela, occorre che la persona offesa abbia
avuto conoscenza precisa, certa e diretta del fatto in modo da
essere in possesso di tutti gli elementi di valutazione necessari
per determinarsi. In ogni caso, l’onere della prova
dell’intempestività della proposizione della querela incombe su chi
la allega e, a tale fine, non è sufficiente affidarsi a semplici
presunzioni o supposizioni, ma deve essere fornita una prova
contraria rigorosa, dovendosi risolvere a favore del querelante
l’eventuale situazione di incertezza (cfr. Cass., sez. I, 28.1.2008

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era funzionalmente diretto alla prova (o quanto meno al

n. 7333, rv. 239162; Cass., sez. VI, 12.3.2015, n. 24380, rv.
264165; Cass., sez. V, 17.1.2013, n. 13335, rv. 255060).
Né va taciuto che, secondo altro condivisibile orientamento della
giurisprudenza di legittimità, la tardività della querela può essere
rilevata in sede di legittimità se risulta dalla sentenza impugnata,

inequivocabilmente il vizio denunciato, senza necessità di una
specifica indagine fattuale che, comportando l’accesso agli atti,
non sarebbe consentita al giudice di legittimità (cfr. Cass., sez. II,
9.7.2013, n. 32985, rv. 256845).
Orbene, nel caso in esame, tali presupposti difettano.
Il ricorrente si limita ad esporre, peraltro in maniera parziale,
alcune dichiarazioni, estrapolandole dal contenuto di una serie di
deposizioni testimoniali ed a richiamarsi al contenuto di un verbale
del collegio sindacale, elementi dai quali, proprio in ragione della
rappresentazione frammentaria che se ne fa nel ricorso, non è
possibile desumere immediatamente ed inequivocabilmente il vizio
denunciato, risolvendosi, pertanto, le censure sul punto in mere
supposizioni sulla intempestività della querela, alle quali, con
motivazione rigorosa ed immune da vizi, la corte territoriale
contrappone che solo in data 14.2.2011 la “GE.TUR.Scarl”, in
persona del nuovo amministratore Cruder, a seguito della
richiesta di documentazione inviata alla banca di Udine necessaria
per avere contezza della situazione ai fini dell’insinuazione al
passivo di Tuglia sci, apprese della condotta illecita posta in
essere dal Pirelli Marti per ottenere, pur non avendone i poteri, uti
singuli, il finanziamento della banca di Udine” (cfr. pp. 9-10).
Pertanto, essendo stata presentata il 21.4.2011 dal Cruder nella
qualità innanzi indicata, la querela è da ritenersi tempestiva.

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ovvero da atti da cui sia desumibile immediatamente ed

7. Infondato appare il motivo di ricorso sub n. 4, in quanto, come
correttamente affermato dalla corte territoriale, “non è possibile
disquisire di interessi infragruppo nel reato di appropriazione
indebita”, e ciò a prescindere dalla circostanza che il ricorrente
non ha dimostrato, come avrebbe dovuto se si volesse seguire
l’impostazione difensiva, che lo svantaggio arrecato alla “GE.TUR”,

controllava la “TUGLIA SCI”, si è trasformato in un vantaggio per
la “FINGEFA” o per altre società appartenenti al medesimo
gruppo.
Ed invero le norme incriminatrici dell’infedeltà patrimoniale (art.
2634 c.c.) e dell’appropriazione indebita (art. 646 c.p.) sono in
rapporto di specialità reciproca. L’infedeltà patrimoniale tipizza la
necessaria relazione tra un preesistente conflitto di interessi, con i
caratteri dell’attualità e dell’obiettiva valutabilità, e le finalità di
profitto o altro vantaggio dell’atto di disposizione, finalità che si
qualificano in termini di ingiustizia per la proiezione soggettiva del
preesistente conflitto. L’appropriazione indebita presenta caratteri
di specialità per la natura del bene (denaro o cosa mobile), che
solo ne può essere oggetto, e per l’irrilevanza del perseguimento
di un semplice vantaggio in luogo del profitto. L’ambito di
interferenza tra le due fattispecie è dato dalla comunanza
dell’elemento costitutivo della deminutio patrimonii e dell’ingiusto
profitto, ma esse differiscono per l’assenza nell’appropriazione
indebita di un preesistente ed autonomo conflitto di interessi, che
invece connota l’infedeltà patrimoniale (cfr. Cass., sez. II,
27/03/2008, n. 15879, rv. 239776).
Ne consegue che, quando, come nel caso in esame,
l’amministratore di una società si appropri di una somma di

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socio di maggioranza della “FINGEFA”, che, a sua volta,

denaro in violazione delle norme organizzative di questa e per
realizzare un interesse esclusivamente personale o di terzi, in
assenza di una preesistente situazione di conflitto d’interessi con
l’ente, ricorrerà la fattispecie di reato di appropriazione indebita, e
non quella di infedeltà patrimoniale, con conseguente
inapplicabilità del disposto dell’art. 2643, c.c., che esclude

condotta), solo in caso di vantaggi compensativi dei quali la
società apparentemente danneggiata abbia fruito o sia in grado di
fruire in ragione della sua appartenenza ad un più ampio gruppo
di società (cfr. Cass., sez. F., 4.8.2011, n. 40136, rv. 251197;
Cass., sez. II, 16/11/2012, n. 3397, rv. 254312; Cass., sez. V,
5.6.2013, n. 49787, rv. 257562).
8. Inammissibili appaiono il quinto ed il sesto motivo di ricorso,
con cui vengono formulati rilievi fattuali non consentiti in sede di
legittimità.
Manifestamente infondate sono inoltre le censure, relative alle
diverse ipotesi di reato in addebito, sulla insussistenza della
circostanza aggravante di cui all’art. 61, n. 11), c.p., apparendo
evidente che le condotte illecite sono state poste in essere dal
Pirelli in virtù del ruolo (formale e di fatto) che egli ricopriva
all’interno della “GE.TUR”, per cui deve ritenersi configurabile
senza dubbio alcuno la circostanza aggravante dell’abuso di
relazioni di ufficio, che, come chiarito da tempo dalla
giurisprudenza della Suprema Corte, possono consistere anche in
rapporti di mero fatto tra soggetto attivo e soggetto passivo del
reato, indipendentemente dalla qualificazione giuridica di tali
rapporti (cfr. Cass., se. I, 19.10.1971, n. 2514).

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l’ingiustizia del danno arrecato (e, quindi, la rilevanza penale della

9. Manifestamente infondato, infine, appare l’ultimo motivo di
ricorso, risultando conforme all’orientamento dominante nella
giurisprudenza di legittimità, il principio affermato dalla corte
territoriale, secondo cui non integra gli estremi della revoca della
costituzione di parte civile, ex art. 82, comma 2, c.p.p., la
mancata presentazione di conclusioni scritte nel giudizio di

costituzione di parte civile, le conclusioni rassegnate in primo
grado restano valide in ogni stato e grado del processo, con la
conseguenza che deve escludersi, in forza della clausola di
applicabilità enunciata dall’art. 598 c.p.p., l’operatività in appello
della disposizione sanzionatoria, in chiave processuale, prevista
dall’art. 82 c.p.p. (cfr., ex plurimis, Cass. sez. II, 15/11/2013, n.
50062; Cass., sez. II, 09/07/2015, n. 38155; Cass., sez. VI,
23/05/2013, n. 25012, rv. 257032).
9. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso di cui in
premessa va, dunque, rigettato, con condanna del ricorrente,
giusto il disposto dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese
del procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il 4.2.2016.

appello, posto che, in virtù del principio di immanenza della

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