Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29171 del 12/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29171 Anno 2013
Presidente: MACCHIA ALBERTO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COMBERIATI SALVATORE N. IL 17/07/1959
avverso l’ordinanza n. 1007/2012 TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO,
del 11/09/2012
senti a la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;
/sentite le conclusioni del PG Dott. S

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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 12/04/2013

RITENUTO IN FATTO
l.. Il Tribunale di Catanzaro, in funzione di giudice del riesame, con l’ordinanza

indicata in epigrafe ha confermato quella con la quale il locale GP distrettuale, in
data 29 agosto 2012, aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere tra gli altri – a SALVATORE COMBERIATI, indagato e gravemente indiziato dei reati di
ricettazione e detenzione di armi con matricole abrase, aggravati ex art. 7 I. n. 203
del 1991(t C.
indiziario grave, una serie di provvedimenti giudiziari definitivi (dai quali ha desunto,

in generale, l’esistenza, la storia e le principali attività delle associazioni malavitose
protagoniste del cruento conflitto armato avente la finalità di ottenere la definitiva
supremazia sul territorio di riferimento, nel cui ambito si inseriscono le odierne
vicende), le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, nonché in particolare, a
carico di SALVATORE COMBERIATI (f. 18 ss. dell’ordinanza impugnata):

gli esiti di una serie di intercettazioni di conversazioni, dalle quali

emerge il coinvolgimento del COMBERIATI, dominus di armi clandestine custodite per
conto dell’associazione malavitosa di riferimento.
2. Avverso il provvedimento indicato in epigrafe, ha proposto ricorso l’indagato,
con l’ausilio del difensore, avv. Mario Saporito, deducendo i motivi di seguito
enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art.
173, comma 1, disp. att. c.p.p.:
I – violazione dell’art. 273 c.p.p., illogicità della motivazione inerente alla ritenuta
gravità indiziaria e violazione dell’art. 125 c.p.p. per assenza effettiva di motivazione
(lamenta, in particolare, che le conversazioni valorizzate a suo carico siano state
interpretate in maniera contraddittorie od illogica, e comunque il difetto di gravità,
precisione e concordanza degli indizi valorizzati a suo carico).
Ha concluso chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata con
provvedimenti consequenziali.
3. All’odierna udienza camerale, le parti presenti hanno concluso come da
epigrafe, ed il collegio ha deciso come da dispositivo in atti.

Il Tribunale del rie ame (f. 2 ss.) ha valorizzato, ad integrare il necessario quadro

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per genericità (non confrontandosi apprezzabilmente

con le argomentazioni in virtù delle quali il provvedimento impugnato ha confutato le
avverse prospettazioni) o perché manifestamente infondato.
L è anzitutto necessario chiarire, sia pur in sintesi, i limiti di sindacabilità da

parte di questa Corte Suprema dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei

Secondo l’orientamento di questa Corte Suprema, che il Collegio condivide e
reputa attuale anche all’esito delle modifiche normative che hanno interessato l’art.
606 c.p.p. (cui l’art. 311 c.p.p. impliqitamente rinvia), in tema di misure cautelari
personali, allorché sia denunciato, cori ricorso per cassazione, vizio di motivazione
del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei
gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta il compito di verificare, in
relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso
ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che
l’hanno indotto ad affermare la graviti!, del quadro indiziario a carico dell’indagato,
controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli
elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano
l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Si è anche precisato che la richiesta di
riesame, mezzo di impugnazione, si e pure atipico, ha la specifica funzione di
sottoporre a controllo la validità dell’brdinanza cautelare con riguardo ai requisiti
formali indicati nell’ad. 292 c.p.p., ed ai presupposti ai quali è subordinata la
legittimità del provvedimento coercitivo: ciò premesso, si è evidenziato che la
motivazione della decisione del Tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale,
deve essere conformata al modello delineato dal citato articolo, ispirato al modulo di
cui all’art. 546 c.p.p., con gli adattarnenti resi necessari dal particolare contenuto
della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente
all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di
colpevolezza (Sez. un., n. 11 del 22 marzo 2000, Audino, rv. 215828; conforme,
dopo la novella dell’ad, 606 c.p.p., sez. IV, n. 22500 del 3 maggio 2007, Terranova,
rv. 237012).
Si è, più recentemente, osservato, ,sempre in tema di impugnazione delle misure
cautelari personali, che il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denunciai

provvedimenti sulla libertà personale.

violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della
motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto,
ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti
ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice
di merito (sez. V, n. 46124 dell’8 ottobre 2008, Pagliaro, rv. 241997; sez. VI, n.
11194 dell’8 marzo 2012, Lupo, rv. 252178).

cautelari (art. 274 c.p.p.) è, quindi, rilevabile in cassazione soltanto se si traduce
nella violazione di specifiche norme di legge o nella manifesta illogicità della
motivazione secondo la logica ed i principi di diritto, rimanendo “all’interno” del
provvedimento impugnato; il controllo di legittimità non può, infatti, riguardare la
ricostruzione dei fatti e sono inammissibili le censure che, pur formalmente
investendo la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa
valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, dovendosi in sede di
legittimità accertare unicamente se gli elementi di fatto sono corrispondenti alla
previsione della norma incriminatrice.
1.1.

Alla luce di queste necessarie premesse andrà esaminato l’odierno

ricorso.
2. I motivi del ricorso possono essere esaminati congiuntamente, e sono
inammissibili per genericità o comunque per manifesta infondatezza.
2.1. Il Tribunale del riesame – con motivazione esauriente, logica, non
contraddittoria, come tale esente da vizi rilevabili in questa sede, oltre che in difetto
delle ipotizzate violazioni di legge – ha, infatti, valorizzato, ad integrazione del
necessario quadro di gravità indiziarla legittimante l’emissione della impugnata
misura coercitiva quanto al gravi indizi dei reati contestati, una serie di conversazioni
correttamente e ragionevolmente interpretate, dalle quali è stata nel complesso
desunta la configurabilità dei reati ipotizzati nei loro elementi costitutivi; il ricorrente
non ha mosso contestazioni per quanto riguarda la ritenuta circostanza aggravante di
cui all’art. 7 I. n. 203 del 1991,
Le doglianze del ricorrente si risolvono, al contrario, nella prospettazione di una
diversa valutazione delle conversazioni esaminate dal giudice di merito (senza
peraltro adeguatamente documentare eventuali travisamenti), inammissibi

L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (art. 273 c.p.p.) e delle esigenze

questa sede, dove occorre unicamente accertare se gli elementi di fatto valorizzati
dai giudici del merito siano corrispondenti alla previsione della norma incriminatrice
che si assume violata.
L’interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni intercettate
costituisce, infatti, questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito,
che si sottrae al sindacato di legittimità se (come nel caso di specie) motivata in
11794 dell’il febbraio 2013, Melfi, rv. 254439).
3. Il motivo di ricorso relativo alla carenza di precisione, gravità e concordanza

degli elementi indiziari valorizzati è inammissibile per genericità.
3.1.. Il collegio è consapevole del fatto che, con riguardo alla determinazione dei

parametri che devono orientare l’interprete nella valutazione dei gravi indizi di
colpevolezza richiesti dall’art. 273 c.p.p. ai fini dell’emissione di ordinanze che
dispongono misure coercitive, la giurisprudenza di questa Corte Suprema è divisa:
a) l’orientamento per così dire “tradizionale” (per tutte, sez. IV, n. 37878 del 6
luglio 2007, Cuccaro ed altri, rv. 237475; sez. V, n. 36079 del 5 giugno 2012,
Fracassi ed altri, rv. 25$511) riteneva che, ai fini dell’applicazione delle misure
cautelar’, anche dopo le modifiche introdotte dalla legge n. 63 del 2001, deve
ritenersi sufficiente il requisito della sola gravità degli indizi, posto che l’art. 273,
comma 1-bis, c.p.p. (introdotto dalla legge citata) richiama espressamente il terzo ed
il quarto comma dell’art. 192, ma non anche il secondo comma (che prescrive la
valutazione della precisione e della concordanza, accanto alla gravità, degli indizi):
ne consegue che, in sede di giudizio de libertate, la valutazione degli indizi non va
operata secondo i parametri richiesti ai fini dell’affermazione di responsabilità all’esito
del giudizio di cognizione;
b) una isolata, ma più recente, decisione (sez. IV, n. 40061 del 21 giugno 2012,
P.M. in proc. Tritella, rv. 253723) ha, in senso contrario, ritenuto che, ai fini
dell’applicabilità di misure cautelari personali per valutare la sussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza, in caso di presenza di “prove” indirette, è necessario utilizzare
anche il canone posto dall’art. 192, comma 2, c.p.p., laddove prevede che gli indizi
devono essere plurimi, precisi e concordanti; ne consegue che, in assenza della
pluralità e concordanza degli indizi, la discrezionalità valutativa del giudice non pu
esercitarsi in quanto difetta della certezza del fatto da cui trarre il convincimen

conformità ai criteri della logica e delle massime di esperienza (per tutte, Sez. VI, n.

motivazione, si è precisato che il mancato richiamo del comma secondo del citato art.
192 non rileva a fini interpretativi, in quanto il codice di rito, nell’esigere l’esistenza
di «gravi indizi di colpevolezza» ai fini dell’adozione di una misura cautelare, non
può che richiamare tale disposizione che, oltre a codificare una regola di
inutilizzabilità, costituisce un canone di prudenza nella valutazione della probabilità di
colpevolezza necessaria per esercitare il potere cautelare).

l’ineludibilità del richiamo, da parte dell’art. 273, comma 2, c.p.p., dei soli commi
terzo e quarto dell’art. 192 c.p.p., in ossequio al consolidato canone di
interpretazione ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit.
I «gravi indizi di colpevolezza» richiesti dall’art. 273 c.p.p. non corrispondono
agli «indizi» che l’art. 192, comma 2, c.p.p. considera quali possibili elementi di
prova, idonei a fondare, all’esito del giudizio di cognizione, un giudizio finale di
colpevolezza soltanto se connotati da particolari caratteristiche (gravità, precisione e
concordanza).
Al contrario, ai fini dell’emissione di una misura cautelare, deve ritenersi
sufficiente <

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