Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29169 del 12/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29169 Anno 2013
Presidente: MACCHIA ALBERTO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCANDALE GIUSEPPE N. IL 15/07/1968
avverso l’ordinanza n. 1011/2012 TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO,
del 13/09/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;
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Data Udienza: 12/04/2013

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RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Catanzaro, in funzione di giudice del riesame, con l’ordinanza
indicata in epigrafe ha confermato quella con la quale il locale GIP distrettuale, in
data 29 agosto 2012, aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere tra gli altri – a GIUSEPPE SCANDALE, indagato e gravemente indiziato dei reati di cui
agli artt. 61 n. 2, 81 cpv., 110, 112 n. 1, (56) 575 – 577 n. 3, ricettazione, porto e

A.B.C.D.).
Il Tribunale del riesame (f. 2 ss.) ha valorizzato, ad integrare il necessario quadro
indiziario grave, una serie di provvedimenti giudiziari definitivi (dai quali ha desunto,
in generale, l’esistenza, la storia e le principali attività delle associazioni malavitose
protagoniste del cruento conflitto armato avente la finalità di ottenere la definitiva
supremazia sul territorio di riferimento, nel cui ambito si inseriscono le odierne
vicende), le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, nonché in particolare, a
carico di GIUSEPPE SCANDALE (f. 18 ss. dell’ordinanza impugnata):
gli esiti di una serie di intercettazioni di conversazioni, dalle quali
emerge il coinvolgimento dello SCANDALE nell’ideazione ed esecuzione della vicenda
omicidiaria.

2. Avverso il provvedimento indicato in epigrafe, ha proposto ricorso l’indagato,
con l’ausilio del difensore, avv. Renzo Cavarretta, deducendo i motivi di seguito
enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art.
173, comma 1, disp. att. c.p.p.:
I – manifesta illogicità della motivazione in relazione agli artt. 116 e 178, comma
1, lett. C), c.p.p. ed inosservanza degli artt. 270 s. c.p.p. (lamenta in proposito di
aver chiesto invano copia degli atti inerenti al decreto di intercettazione RIT 312/12,
che asserisce far parte del diverso procedimento n. 452/11 RG not. r.);
H- mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con
travisamento di elementi (lamenta l’omessa considerazione dei rilievi posti a
fondamento dell’istanza di riesame, riepilogati in una memoria, quanto alla corretta
interpretazione delle intercettazioni);
III – mancanza e contraddittorietà della motivazione quanto alla configurabilità
della circostanza aggravante di cui all’art. 7 I. n. 203 del 1991.
Ha concluso chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata con
provvedimenti consequenziali.

detenzione di armi con matricole abrase, aggravati ex art. 7 I. n. 203 del 1991 (capi

3. All’odierna udienza camerale, il difensore dell’indagato ha depositato motivi

nuovi , lamentando ancora una volta mancanza, contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione, reiterando le proprie doglianza sulla corretta
interpretazione delle intercettazioni valorizzate ai fini dell’emissione dell’impugnata
misura; all’esito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe, ed il collegio ha

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è in parte infondato, in parte inammissibile per genericità (non

confrontandosi apprezzabilmente con le argomentazioni in virtù delle quali il
provvedimento impugnato ha confutato le avverse prospettazioni) o perché
manifestamente infondato, e va, nel suo complesso, rigettato.
i. è anzitutto necessario chiarire, sia pur in sintesi, i limiti di sindacabilità da

parte di questa Corte Suprema dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei
provvedimenti sulla libertà personale.
Secondo l’orientamento di questa Corte Suprema, che il Collegio condivide e
reputa attuale anche all’esito delle modifiche normative che hanno interessato l’art.
606 c.p.p. (cui l’art. 311 c.p.p. implicitamente rinvia), in tema di misure cautelari
personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione
del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei
zi gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta il compito di verificare, in
relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso
ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che
l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato,
controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli
elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano
l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Si è anche precisato che la richiesta di
riesame, mezzo di impugnazione, sia pure atipico, ha la specifica funzione di
sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti
formali indicati nell’art. 292 c.p.p., ed ai presupposti ai quali è subordinata la
legittimità del provvedimento coercitivo: ciò premesso, si è evidenziato che la
motivazione della decisione del Tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale,
deve essere conformata al modello delineato dal citato articolo, ispirato al modulo di
cui all’art. 546 c.p.p., con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenut

deciso come da dispositivo in atti.

della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente
all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di
colpevolezza (Sez. un., n. 11 del 22 marzo 2000, Audino, rv. 215828; conforme,
dopo la novella dell’art. 606 c.p.p., sez. IV, n. 22500 del 3 maggio 2007, Terranova,
rv. 237012).
Si è, più recentemente, osservato, sempre in tema di impugnazione delle misure
violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della
motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto,
ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti
ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice
di merito (sez. V, n. 46124 dell’8 ottobre 2008, Pagliaro, rv. 241997; sez. VI, n.
11194 dell’8 marzo 2012, Lupo, rv. 252178).
L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (art. 273 c.p.p.) e delle esigenze
cautelar’ (art. 274 c.p.p.) è, quindi, rilevabile in cassazione soltanto se si traduce
nella violazione di specifiche norme di legge o nella manifesta illogicità della
motivazione secondo la logica ed i principi di diritto, rimanendo “all’interno” del
provvedimento impugnato; il controllo di legittimità non può, infatti, riguardare la
ricostruzione dei fatti e sono inammissibili le censure che, pur formalmente
investendo la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa
valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, dovendosi in sede di
legittimità accertare unicamente se gli elementi di fatto sono corrispondenti alla
previsione della norma incriminatrice.
1.1.

Alla luce di queste necessarie premesse andrà esaminato l’odierno

ricorso.
2. Deve ulteriormente premettersi, quanto al contenuto sostanziale della facoltà

di depositare “motivi nuovi” a sostegno dell’impugnazione, prevista nelle norme
concernenti il ricorso per cassazione in materia cautelare (art. 311, comma 4,
c.p.p.), che i “motivi nuovi” devono avere ad oggetto i capi o i punti della decisione
impugnata che sono stati enunciati nell’originario atto di gravame ai sensi dell’art.
581, lett. a), c.p.p. (sez. V, n. 45725 del 22 settembre 2005, Capacchione, rv.
233210). La citata disposizione non introduce, infatti, alcuna deroga al principio
generale della necessaria connessione tra i motivi originariamente dedotti nel ricor

cautelar’ personali, che il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la

principale e quelli nuovi, già affermato dalle Sezioni Unite (n. 4683 del 25 febbraio
1998, Bono ed altri, rv. 210259): <<1" "motivi nuovi" a sostegno dell'impugnazione, previsti tanto nella disposizione di ordine generale contenuta nell'art. 585, quarto comma, cod. proc. pen., quanto nelle norme concernenti il ricorso per cassazione in materia cautelare (art. 311, quarto comma, cod. proc. pen.) ed il procedimento in camera di consiglio nel giudizio di legittimità (art. 611, primo comma, cod. proc. pen.), devono avere ad oggetto i capi o i punti della decisione impugnata che sono pen.». Il requisito della novità deve, quindi, essere attinente ai motivi (vale a dire alle ragioni che illustrano ed argomentano il gravame, in relazione ai singoli capi o punti della sentenza impugnata, già censurati nel ricorso) e non deve servire ad introdurre nuovi capi o punti di impugnazione, in violazione del termine temporale previsto per la presentazione del ricorso; la disposizione de qua si limita, pertanto, a modificare il termine per la presentazione di questi ultimi, che non è più quello generale di quindici giorni prima dell'udienza ma è spostato all'inizio della discussione (sez. III, n. 2023 del 13 novembre 2007, Picone, n/. 238527; sez. I, n. 46711 del 14 luglio 2011, Colitti, rv. 251412). 2.1. Nel caso di specie, la memoria depositata all'udienza reitera le doglianze oggetto del ricorso, corroborandole di ulteriori argomentazioni, pur in ampia parte riepilogative di quelle già poste a fondamento degli originari motivi. 3. Il primo motivo è infondato. 3.1. La giurisprudenza di questa Corte Suprema ha già osservato (Sez. un., n. 45189 del 17 novembre 2004, P.M. in proc. Esposito, rv. 229245) che l'inutilizzabilità dei risultati di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni per violazione degli artt. 267 e 268, commi 1 e 3, c.p.p., è rilevata dal giudice del procedimento diverso da quello nel quale furono autorizzate solo quando essa risulti dagli atti di tale procedimento, non essendo tenuto il giudice a ricercarne d'ufficio la prova. Grava, infatti, sulla parte interessata a farla valere l'onere di allegare e provare il fatto dal quale dipende l'eccepita inutilizzabilità, sulla base di copia degli atti rilevanti del procedimento originario che la parte stessa ha diritto di ottenere, a tal fine, applicazione dell'art. 116 stesso codice. Il principio è stato successivamente ribad stati enunciati nell'originario atto di gravame ai sensi dell'art. 581, lett. a), cod. proc. «nel caso in cui una parte deduca il verificarsi di cause di nullità o inutilizzabilità collegate ad atti non rinvenibili nel fascicolo processuale (perché appartenenti ad altro procedimento o anche - qualora si proceda con le forme del dibattimento - al fascicolo del pubblico ministero), al generale onere di precisa indicazione che incombe su chi solleva l'eccezione si accompagna l'ulteriore onere di formale produzione delle risultanze documentali - positive o negative - addotte a fondamento 244329). 3.2. Ciò premesso, deve rilevarsi che il ricorrente non ha allegato al ricorso la richiesta che asserisce di aver presentato, e non ha documentato se essa sia stata presentata nel presente procedimento ovvero in quello a quo, dal quale le acquisite intercettazioni provenivano: il dato assume rilievo decisivo, poiché, pacifico essendo che il decreto in oggetto non figura tra gli atti del presente procedimento, il ricorrente, onde dimostrarne eventuali vizi, avrebbe dovuto indirizzare la propria richiesta nell'ambito del diverso procedimento a quo, non nell'ambito di quello ad quem (non avendo il P.M. del presente procedimento l'onere di attivarsi per acquisire da altro procedimento un atto al fine di rilasciarne copia alla difesa). In difetto della dimostrazione della diligenza del proprio operare nel soddisfare l'onere incombente su di sè, la mera circostanza dell'asserito mancato rilascio della chiesta copia risulta, pertanto, di per sé considerata, priva di rilievo. 4. Gli altri motivi del ricorso ed i motivi aggiunti, che possono essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili per genericità o comunque per manifesta infondatezza. 4.1. Il Tribunale del riesame - con motivazione esauriente, logica, non contraddittoria, come tale esente da vizi rilevabili in questa sede, oltre che in difetto delle ipotizzate violazioni di legge - ha, infatti, valorizzato, ad integrazione del necessario quadro di gravità indiziaria legittimante l'emissione della impugnata misura coercitiva quanto ai gravi indizi dei reati contestati, una serie di conversazioni correttamente e ragionevolmente interpretate, dalle quali è stata nel complesso desunta la configurabilità dei reati ipotizzati nei loro elementi costitutivi; e, quarto alla circostanza aggravante di cui all'art. 7 I. n. 203 del 1991, si è (f. 27 ) correttamente fatto riferimento alle motivazioni della vicenda omicidiaria, c del vizio processuale» (Sez. un., n. 39061 del 16 luglio 2009, De lodo, rv. (come ritorsione finalizzata a consolidare il prestigio criminale in zona del sodalizio malavitoso di riferimento), all'omicidio del boss VINCENZO MANFREDA. Le doglianze del ricorrente si risolvono, al contrario, nella prospettazione di una diversa valutazione delle conversazioni esaminate dal giudice di merito (senza peraltro adeguatamente documentare eventuali travisamenti), inammissibile in questa sede, dove occorre unicamente accertare se gli elementi di fatto valorizzati che si assume violata. L'interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni intercettate costituisce, infatti, questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, che si sottrae al sindacato di legittimità se (come nel caso di specie) motivata in conformità ai criteri della logica e delle massime di esperienza (per tutte, Sez. VI, n. 11794 dell'Il febbraio 2013, MelfÌ, rv. 254439). 4.2. Analogamente inammissibile risulta, infine, il riferimento ad una presunta omessa motivazione del Tribunale del riesame sulle censure sollevate dal ricorrente con i motivi di riesame, a fronte dell'articolata esposizione delle ragioni che avevano indotto alla conferma dell'ordinanza impugnata, ed in difetto della specifica indicazione di censure - inerenti a profili di assoluto rilievo ai fini della decisione - in ipotesi costituenti oggetto di doglianza in sede riesame, ed asseritamente non esaminate esaurientemente nel provvedimento impugnato. 5. Il rigetto del ricorso comporta, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. 5.1. La cancelleria provvederà agli adempimenti previsti dall'art. 94 disp. att. c.p.p. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Si provveda a norma dell'art. 94 disp. att. c.p.p. Così deciso in Roma il 12 aprile 2013 Il Compo residente dai giudici del merito siano corrispondenti alla previsione della norma incriminatrice

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