Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29168 del 17/06/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 29168 Anno 2016
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: CAPOZZI ANGELO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BALSAMO PIETRO nato il 15/07/1971 a CARINI

avverso l’ordinanza del 03/03/2016 del TRIB. LIBERTA’ di PALERMO
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO CAPOZZI;
4ettelsentite le conclusioni del PG GIUSEPPE CORASANITI

CAND.40 Al&ika estrk lje,f5,3 .

Data Udienza: 17/06/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Palermo, a seguito di
istanza di riesame nell’interesse di Pietro BALSAMO avverso la ordinanza
cautelare emessa nei suoi confronti dal G.I.P. dello stesso Tribunale
applicativa della custodia in carcere , ha confermato detta ordinanza in
ordine al reato di cui agli artt. 73, comma 1 e 1 bis e 80, comma 2

stupefacente del tipo cocaina.
2. Avverso la ordinanza propone ricorso per cassazione il difensore
dell’indagato deducendo:
2.1. Vizio della motivazione in relazione alla confermata gravità
indiziaria e con riguardo alla dedotta discrasia di orari tra il verbale di
arresto e quello di sequestro – che non riguardava quelli della relativa
compilazione ma quelli indicati e relativi ai fatti che avevano dato luogo
all’arresto ed alla perquisizione ed al sequestro. Alla stessa ora (21,00)
risulterebbe essere stato fermata l’autovettura del ricorrente e
sequestrato il panetto di stupefacente, ancorchè i due atti sembrano
doversi essere verificati in luoghi diversi. Né risulta essere stato
precisato dove il panetto di droga sequestrato sia stato rinvenuto, così
da giustificare il giudizio di pertinenza allo stesso indagato. Inoltre,
illegittima sarebbe la ritenuta irrilevanza della gravità indiziaria in ordine
alla aggravante ex art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309/90, essendo compito
del Tribunale adito valutare ogni questione a lui devoluta.
2.2. Vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza delle
esigenze cautelari ed alla adeguatezza della minore misura degli arresti
domiciliari. Quanto alle prime, esse non possono trarsi esclusivamente
dalle modalità del fatto dalle quali desumere prima la gravità del reato e
poi anche la pericolosità del soggetto. Quanto al secondo profilo,
deponeva per l’adeguatezza della minore misura la detenzione
domiciliare già correttamente espiata dallo stesso ricorrente e la
distanza dai luoghi del fatto del domicilio dove sarebbe potuto essere
ristretto, vivendo con la sua famiglia.
2.3. Vizio della motivazione in relazione all’art. 275bis cod. proc.
pen. in quanto il Tribunale non avrebbe motivato – se non in via
probabilistica e senza concreti riferimenti – le ragioni per le quali ha
ritenuto inadeguata la misura degli arresti domiciliari con applicazione
del c.d. “braccialetto elettronico”.
1

d.P.R. n. 309/90 ed in relazione alla detenzione di kg. 1,100 di

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il primo motivo è manifestamente infondato in relazione alla
ritenuta gravità indiziaria sulla base della diretta percezione da parte
degli operanti – prima del blocco dell’autovettura condotta dal ricorrente
– del getto dal finestrino della stessa di un pacco poi ritrovato e

tra l’arresto ed il sequestro.
3. Parimenti manifestamente infondato è in relazione alla ritenuta
carenza di interesse dell’istante in ordine al riconoscimento della
aggravante ex art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309/90.
4. È inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per
cassazione contro un provvedimento “de libertate” non rivolto a
contestare la sussistenza del quadro indiziario e delle esigenze cautelari
ma solo la configurabilità di determinate circostanze aggravanti, quando
dall’esistenza o meno di tali circostanze non dipende, per l’assenza di
ripercussioni sull'”an” o sul “quomodo” della cautela, la legittimità della
disposta misura (Sez. 3, n. 36731 del 17/04/2014,Inzerra, Rv. 260256).
5. Si è, quindi, posto nell’alveo di legittimità il provvedimento
impugnato che ha ritenuto irrilevante la pronuncia sulla sussistenza
dell’aggravante, sul rilievo della carenza di interesse del ricorrente al suo
riconoscimento, che non incideva né sulla legittimità della misura né
sulla durata dei termini di fase.
6. Il secondo e terzo motivo – quando non generici ed in fatto sono manifestamente infondati rispetto alla articolata motivazione resa
dalla ordinanza sulla esclusiva adeguatezza della massima misura
custodiale applicata in ragione della necessità di efficace recisione dei
contatti e dei rapporti che collocavano il ricorrente all’interno di un
qualificato e pericoloso contesto fiduciario, essendo – inoltre – la
valutazione che della esecuzione della pena in regime di arresti
dorniciliari relativa a fatti anteriori a quelli per i quali si procede.
7. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo
determinare come in dispositivo.
8. Devono essere disposti gli adempimenti di cancelleria di cui
all’art. 94 comma 1 ter disp. att. cod. proc. pen.

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contenente lo stupefacente, così giustificando la contestualità di orario

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in
favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli
adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen..

Così deciso il 17.6.2016.

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