Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29166 del 03/06/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 29166 Anno 2016
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: SCALIA LAURA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da
1. Monna Pasquale, nato a Taranto il 28/04/1974;
2. Cava Antonio, nato a Taranto il 07/08/1983;

avverso l’ordinanza del 05/04/2016 del Tribunale di Taranto

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Laura Scalia;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Massimo Galli, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Taranto ha
rigettato la richiesta di riesame proposta, nell’interesse di Antonio Cava e di
Pasquale Monna, avverso l’ordinanza con cui il Giudice delle indagini
preliminari del Tribunale di Taranto ha applicato agli indagati la misura della
custodia in carcere in relazione al reato di detenzione illecita ai fini di

Data Udienza: 03/06/2016

spaccio di sostanza stupefacente di tipo eroina (artt. 110 cod. peri. e 73
d.P.R. n. 309 del 1990).

2. Avverso l’indicato provvedimento propongono ricorso per cassazione
gli indagati che denunciano mancanza o manifesta illogicità della
motivazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza ed alle esigenze
cautelari (art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. peri., in relazione agli artt.
273 e 274 cod. proc. pen.).

del Tribunale del Riesame che avrebbe apprezzato in modo del tutto illogico,
al fine di ritenere integrati i gravi indizi di colpevolezza del reato contestato:
– l’assoluta incompatibilità della quantità della sostanza rinvenuta con
l’uso personale, là dove in alcun modo sarebbe stato possibile indicare con
precisione la sostanza contenuta nell’involucro in cui erano stati rinvenuti
residui poi accertati come cocaina;
– il carattere neutro della circostanza rappresentata dalla difesa a
giustificazione del comportamento dei ricorrenti per la quale nel corso della
concitazione, che era seguita all’intervento della p.g. nell’appartamento del
Cava, sarebbe rimasta coinvolta la figlia minore dell’indagato, di soli tre
anni;
– l’intervenuta sparizione, durante la perquisizione eseguita presso
l’appartamento in cui si trovavano gli indagati, di un bilancino di precisione;
– la presenza nell’abitazione di fogli manoscritti contenenti nominativi e
cifre senza valutare l’alternativa versione difensiva che riconduceva gli
indicati dati a lavori in corso nell’appartamento e ciò pure a fronte della
riscontrata presenza di operai all’interno dello stabile menzionata dalla
relazione di servizio;
– la riconduzione delle banconote ricevute all’attività di spaccio e non
ad un credito vantato da uno degli occupanti l’immobile, come invece
documentato dalla difesa;
– il coinvolgimento del Monna (che avrebbe solo ingoiato della
sostanza di peso compatibile con l’uso personale) quanto ai fatti contestati
nonostante la presenza marginale del medesimo sulla scena in cui si erano
trovati ad intervenire gli operanti.
Contestata altresì la sussistenza delle esigenze cautelari quanto anche
agli estremi di attualità e concretezza del pericolo di recidivanza, i ricorrenti
hanno chiesto l’annullamento dell’impugnata ordinanza.
Sono stati depositati motivi aggiunti e prodotti certificati del Ser.t di
Taranto.
2

Si denuncia in tal modo la superficialità e lacunosità della motivazione

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Gli introdotti motivi operano una mera alternativa ed inammissibile,
come tale, lettura del compendio indiziario oggetto del provvedimento
cautelare impugnato, lettura che non vale quindi ad evidenziare alcuno dei
vizi sintomatici dedotti in ricorso così scardinando il percorso logicoargomentativo adottato dal Tribunale.

con la motivazione della fase del riesame cautelare, per una articolazione di
motivi che, nella loro aspecificità, non si confrontano con le ragioni portate a
sostegno della decisione e si rivelano non capaci di condurre congrua critica,

2.Quanto poi alle esigenze cautelari, l’ordinanza impugnata argomenta
in modo pieno, sorretto da logica ed in adesione ai contenuti della norma
(art. 274 cod. proc. pen.) per i necessari profili dell’attualità e concretezza
del pericolo di reiterazione che non divengono, come tali, oggetto di un
giudizio congetturale o presuntivo del Tribunale del Riesame, come dedotto
in ricorso che, anche per siffatto profilo, non riesce pertanto a confrontarsi
con la motivazione impugnata.
Lo stato di tossicodipendenza attestato dal Ser.t di Taranto per i due
ricorrenti, come da certificati prodotti con gli introdotti nuovi motivi, non
vale a sottrarre fondatezza al quadro indiziarlo già appezzato nell’impugnata
ordinanza anche per il dedotto profilo dell’uso personale di sostanza.
I ricorsi proposti sono pertanto inammissibili.
Alla inammissibilità consegue (art. 616 cod. prpc. pen.) la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, Ciascuno, a quello della
somma che si stima equo quantificare in euro 1500 in favore della Cassa
delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento
delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di euro 1.500 in
favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94-1/ter Disp.
att. cod. proc. pen,
Così deciso, il 03/06/2016

Piuttosto la proposta lettura finisce per confrontarsi in modo incongruo

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