Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29162 del 03/06/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 29162 Anno 2016
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: SCALIA LAURA

SENTENZA
redatta nelle forme della motivazione semplificata, sul ricorso proposto da
Mariotti Riccardo, nato a Pistoia il 15/11/1964

avverso la sentenza del 24/02/2014 della Corte di appello di Firenze

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Laura Scalia;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Massimo Galli, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La Corte di appello di Firenze, confermando la sentenza del Tribunale
di Pistoia, ha dichiarato Riccardo Mariotti colpevole del reato di resistenza a
pubblico ufficiale in forma aggravata ascrittogli (artt. 337 e 61 n. 2 cod.
pen.) (capo B) della rubrica), per avere egli adoperato violenza nei confronti
dei Carabinieri, in servizio presso la Stazione di Serravalle, per opporsi agli
stessi, intervenuti per impedire al prevenuto di reiterare condotte di

Data Udienza: 03/06/2016

maltrattamen*nei confronti di moglie e figlio, e lo ha condannato alla pena
di otto mesi, ritenuta la recidiva infraquinquennale.
2. Avverso l’indicata sentenza propone ricorso per cassazione il
prevenuto che articola due motivi.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente denuncia vizio di motivazione, per
avere disatteso la Corte di appello la tesi difensiva sull’esistenza di una
rilevante patologia psichiatrica in capo al prevenuto (artt. 88 e 89 cod.
pen.), erroneamente valutando la copiosa documentazione medica prodotta

forti limitazioni nella funzione deambulatoria, l’esistenza di una
sintomatologia ansioso-depressiva, con andamento cronico, caratterizzata
da aggressività ‘etero diretta’.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente fa valere violazione di legge e
vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio applicatogli,
denunciando la mancata applicazione delle attenuanti generiche e della pena
nel minimo edittale (artt. 62-bis, 133 cod. pen.), in ragione di un dedotto
apodittico sbilanciamento in cui la Corte di merito sarebbe incorsa,
privilegiando precedenti penali ed intensità del dolo sulla valutazione dei
problemi di vita e salute del prevenuto.

3. Il primo motivo di ricorso non si confronta con la motivazione offerta
dalla Corte di appello e, come tale, nella sua aspecificità, è inammissibile.
La Corte di merito, con motivazione congrua che non si presta a
scrutinio di legittimità per il dedotto vizio di manifesta illogicità, ha concluso
per l’inesistenza in capo al prevenuto di un vizio totale o parziale di mente,
ai sensi degli artt. 88 e 89 cod. pen., qualificando il riscontrato quadro
patologico in termini mera `sintomatologia ansioso-depressiva’.
Per costante affermazione di questa Corte, infatti, nel concetto di
‘infermità’ richiamato dagli artt. 88 e 89 cod. pen. rientrano oltre ai disturbi
psichiatrici anche i disturbi della personalità o, comunque, tutte quelle
anomalie psichiche non inquadrabili nel ristretto novero delle malattie
mentali, purché esse siano di consistenza, intensità e gravità tali da incidere
concretamente sulla capacità di intendere e di volere, escludendola o
facendola scemare grandemente, e sussista un nesso eziologico tra disturbo
mentale e condotta criminosa.
Nessun rilievo deve invece riconoscersi ad altre anomalie caratteriali o
alterazioni o disarmonie della personalità prive dei caratteri predetti nonché
agli stati emotivi e passionali che non si inseriscano, eccezionalmente, in un

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in primo grado che avrebbe, invece, attestato nel Mariotti, invalido civile con

quadro più ampio di infermità (Sez. 1, n. 48841 del 31/01/2013, Venzi, Rv.
258444; Sez. 1, n. 14808 del 04/04/2012, Chiodini, Rv. 252289).
Né la motivazione della sentenza impugnata può dirsi soffrire di
illogicità laddove, interpretando il complessivo dato di prova, ha concluso nel
senso di escludere che il dedotto stato depressivo possa aver guidato
l’azione del prevenuto nel momento in cui egli, con violenza, si opponeva
agli agenti intervenuti. La Corte ha infatti sul punto congruamente
evidenziato il clima di tensione derivato dalla pregressa lite familiare, clima

4.11 secondo motivo di ricorso è inammissibile per manifesta
infondatezza.
La Corte territoriale ha infatti, con motivazione analitica, escluso la
concedibilità delle attenuanti generiche per un confronto tra le condizioni di
vita e salute dell’imputato, da una parte, e l’intensità del dolo ed i
precedenti penali, dall’altra, confronto in nessun modo inficiato da
sbilanciamenti sostenuti da illogicità ed incongruenze.
Sull’entità della pena i giudici di appello hanno poi debitamente
evidenziato come quella irrogata, pari ad otto mesi, si discosti in misura
limitata dal minimo edittale e risulti in tal modo sostenuta dalla recidiva
contestata.

5. All’inammissibilità del ricorso segue (art. 616 cod. proc. pen.) la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e dell’equa
somma di euro 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente apprezzata in ragione della natura dei proposti motivi.

P.Q. M .
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della Cassa
delle ammende.

Così deciso, il 03/06/2016

in cui si era così inserito anche l’intervento dei Carabinieri.

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