Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29157 del 23/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29157 Anno 2014
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BOUTLATA ABDERRAZAK N. IL 02/05/1979
avverso la sentenza n. 1762/2009 CORTE APPELLO di ANCONA, del
19/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;

Data Udienza: 23/04/2014

Fatto e diritto

BOUTLATA ABDERRAZAK ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, confermando
quella di primo grado, lo ha riconosciuto colpevole del reato di cui furto pluriaggravato
[dalla violenza sulle cose e dell’avere utilizzato un mezzo fraudolento], in relazione alla
sottrazione di un paio di scarpa da un esercizio commerciale [scarpe che, previa

allontanandosi, fino a che la direttrice del negozio l’aveva fermato e ricondotto
all’interno].

Con il ricorso invoca la qualificazione del fatto come mero tentativo, lamenta la
contestazione sia dell’aggravante del mezzo fraudolento che della violenza sulle cose, si
duole del “silenzio” della corte di merito sull’aggravante di cui all’articolo 62, numero 4,
c.p., in ragione del valore delle scarpe [60 euro; scarpe subito restituite].

Il ricorso è manifestamente infondato.

In ordine alla prima questione, vale ricordare che il giudice, con valutazione di fatto
incensurabile, ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui, in tema di furto, ai
fini dell’impossessamento e della sottrazione è sufficiente che la cosa sottratta sia
passata -anche per breve tempo e nello stesso luogo in cui la sottrazione si è verificatasotto il dominio esclusivo dell’agente. Il reato è quindi consumato anche se in un secondo
momento altri o la stessa persona offesa abbia impedito al suo autore di assicurarsi
definitivamente il possesso della cosa sottratta, magari costringendo lo stesso agente ad
abbandonare la refurtiva subito dopo la sottrazione. E, in una tale prospettiva, il reato è
parimenti consumato anche laddove il reo, che si sia impossessato della cosa, magari
occultandola sulla propria persona, non abbia fatto in tempo ad allontanarsi dal luogo

effrazione della placca antitaccheggio, aveva indossato, sostituendo le proprie,

della sottrazione prima di essere stato sorpreso e sottoposto a controllo (Sezione IV, 7
aprile 2005, Volpi).

Del resto, in modo ancora più calzante, vale il principio secondo cui, in tema di furto
negli esercizi commerciali, costituisce furto consumato e non tentato quello che si
commette all’atto del superamento della barriera delle casse con la merce prelevata dai
banchi e sottratta al pagamento, a nulla rilevando che il fatto sia avvenuto sotto il
costante controllo del personale del supermercato, incaricato della sorveglianza. Infatti, il
momento consumativo si realizza già con l’impossessamento realizzato dall’autore
occultando la merce in modo da eludere i controlli del personale abilitato, ovvero
asportando le placche antitaccheggio, mentre, in questa prospettiva, il superamento

a

della barriera delle casse vale solo a rivelare la volontà di non effettuare il pagamento
dovuto (Sezione V, 23 ottobre 2013, Proc gen. App. Genova in proc. Nichiforenco).

Qui, per quanto detto, il furto è stato esattamente qualificato come consumato, essendo
stato l’imputato fermato dopo che si era già allontanato dall’esercizio commerciale.

Correttamente vi è stata la contestazione delle due aggravanti, secondo l’incensurabile

Infatti, sono noti gli elementi differenziali tra le modalità della condotta, che integrano le
due diverse ipotesi di aggravante previste dall’articolo 625, numero 2, c.p.: la vis e la
fra us.

Elementi differenziali in forza dei quali le due aggravanti [violenza sulle cose e uso di un
mezzo fraudolento] possono astrattamente concorrere tra loro, tenuto conto della
diversa oggettività giuridica.

Qui, in tutta evidenza, la frode è stata ravvisata nel comportamento dell’imputato che si è
sostanziato nell’avere indossato le scarpe “nuove”, ponendo le vecchie nella scatola: è
situazione che rientra nel paradigma del “mezzo fraudolento”, di cui all’articolo 625,
numero 2, c.p., laddove va ricompresa ogni attività fraudolenta o insidiosa, improntata
ad astuzia o scaltrezza, atta a soverchiare e sorprendere la contraria volontà del
detentore della cosa, eludendo gli accorgimenti predisposti dal soggetto passivo a difesa
delle proprie cose.

Mentre tutt’affatto diversa è stata la condotta, “violenta”, sostanziatasi nella rottura della
placca.

ricostruzione fattuale del giudice di merito.

La questione dell’attenuante non risulta essere stata posta in appello, come si desume
dalla motivazione della sentenza gravata: ciò che osta alla possibilità di farla valere in
questa sede [cfr. articolo 606, comma 3, c.p.p.].

Va comunque ricordato il principio secondo cui ai fini dell’applicabilità della circostanza
attenuante di cui all’articolo 62, numero 4, c.p., non basta che il danno sia lieve, ma
occorre che rivesta il carattere di “speciale tenuità”. Ciò che qui non risulta in
considerazione del valore commerciale della res .

\)

1.

Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa del ricorrente (Corte Cost., sent. 713 giugno 2000, n. 186), consegue la condanna del ricorrente medesimo al pagamento
delle spese processuali e di una somma, che congruamente si determina in mille euro, in
favore della cassa delle ammende.
P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.

Il Consigliere estensore

Così deciso nella camera di consiglio in data 23 aprile 2014

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