Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29154 del 23/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29154 Anno 2014
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TORRISI DAVIDE N. IL 27/06/1986
avverso la sentenza n. 1649/2012 CORTE APPELLO di CATANIA, del
22/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

riw-

Data Udienza: 23/04/2014

Osserva

Ricorre per cassazione, il difensore di fiducia di Torrisi Davide avverso la sentenza
emessa in data 22.1.2013 dalla Corte di Appello di Catania che confermava quella in data
14.10.2011 del Tribunale di Catania che, all’esito del giudizio abbreviato, aveva
condannato il predetto, con attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti,
alla pena di mesi sei di reclusione ed € 200,00 di multa per il reato di cui agli artt. 81
cpv., 624 e 625 comma 1, n. 2 e 7 c.p..
Deduce il vizio motivazionale in relazione alla ritenuta sua penale responsabilità e la

ordine al criterio di mera equivalenza tra circostanze adottato, tenuto conto della
facoltatività dell’applicazione della contestata recidiva.
Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse manifestamente infondate ed
aspecifiche.
E’ palese la sostanziale aspecificità delle censure mosse che hanno riproposto in questa
sede pedissequamente le medesime doglianze rappresentate dinanzi alla Corte
territoriale e da quel giudice disattese con motivazione compiuta e congrua, immune da
vizi ed assolutamente plausibile.
Ed è stato anche affermato che “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su
motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del
gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del
motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate
dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non
potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di
aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c), all’inammissibilità” (Cass.
pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e successive conformi, quale: Sez. II,
15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Peraltro, si rammenta che il delitto di truffa si distingue da quello di furto per il modo in
cui l’agente realizza il profitto: nella truffa (art. 640 codice penale) è la vittima, indotta in
errore con artifici e raggiri, che fà si che l’agente consegua il profitto; nel furto (art. 624
codice penale) il profitto viene realizzato dall’impossessamento della cosa “invito domini”,
senza alcuna partecipazione di chi ne ha la signoria, nella ininfluenza dell’uso di un
qualsiasi mezzo fraudolento (art. 625 n. 2 detto codice), ponendosi questo solo come
strumento di cui l’agente si avvale per poter sottrarre la cosa al controllo di chi la
detiene. Ne consegue che chiunque si impossessa di energia elettrica evitando, con
qualsiasi mezzo, il controllo predisposto per misurarne il consumo commette furto e non
già truffa: correttamente, pertanto, è stata qui ritenuta la qualificazione del fatto come
furto aggravato atteso il riallaccio abusivo al contatore dell’utenza (cfr.

ex plurimis:

2

violazione di legge in ordine alla mancata qualificazione del fatto come truffa nonchè in

Cass.

pen.

Sez.

V,

n.

2681

del

19.11.2004,

Rv.

231400;

Sez. IV, n. 47834 del 20.10.2011, Rv. 252458).
Inoltre, quanto al giudizio di bilanciamento, si rammenta che in tema in tema di
valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in
ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la commisurazione della pena ed
i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di questa Corte non
solo ammette la c.d. motivazione implicita (Cass. pen. sez. VI 22.9.2003 n. 36382 rv.
227142) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Cass. pen. sez. VI

comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri
di cui all’art. 133 c.p., sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero
arbitrio o ragionamento illogico (Cass. pen. sez. III, 16.6.2004 n. 26908 rv. 229298):
evenienza, questa, che, nel caso di specie, è da escludere, atteso lo specifico richiamo
alla pericolosità sociale dell’imputato, gravato da un precedente penale specifico, in una
alla gravità del fatto, per la lunga protrazione dell’illecita sottrazione, e al mancato
ravvedimento desunto dall’omesso risarcimento del danno.
Consegue l’inammissibilità del ricorso e, con essa, la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si ritiene equo determinare in euro 1.000,00 in
favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE
PROCESSUALI E AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLE EURO ALLA CASSA DELLE AMMENDE.
Così deciso in Roma, il 23.4.2014

4.8.1998 n, 9120 rv. 211583), ma anche afferma che le statuizioni relative al giudizio di

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