Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29153 del 03/03/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29153 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BARRETTA RAFFAELE N. IL 06/10/1989
avverso l’ordinanza n. 5431/2015 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
16/10/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 03/03/2016

MOTIVI DELLA DECISIONE

BARRETTA Raffaele, indagato per la violazione degli artt. 110, 628 cod. pen., tramite il difensore ricorre per Cassazione avverso l’ordinanza 16.10.2015 con la
quale il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame, ha rigettato l’impugnazione avverso l’ordinanza 2.10.2015 con la quale il Giudice delle indagini
preliminari del Tribunale di Nola ha disposto la misura cautelare della custodia in
carcere.
La difesa chiede l’annullamento della decisione impugnata per i seguenti motivi

così riassunti ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
1) Ex art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen.: la motivazione è contraddittoria o manifestamente illogica. La dìfesa sostiene che ad avviso del Tribunale la prova gravemente indiziante nei confronti del ricorrente sarebbe costituita dalle dichiarazioni rese dal coindagato RANUCCI Stefano; la difesa
rileva che dalla lettura delle suddette dichiarazioni si evince che il RANUCCI
riferisce delle rapine commesse nell’ambito dell’avellinese, ma non anche
quella di cui al presente procedimento, che è stata commessa in Casamarciano, mettendo in evidenza come il dichiarante non abbia mai chiamato in
correità nè il Barretta nè altra persona. La difesa mette inoltre in evidenza
che le dichiarazioni del RANUCCI sarebbero prive di riscontri esterni, non
potendo essere considerati tali né il contenuto delle intercettazioni ambientali, nè la valutazione dei filmati delle telecamere di sorveglianza dei distributori dì carburanti oggetto delle singole azioni criminose.
2)

Ex art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen.: manca la motivazione in ordine alle esigenze cautelarì dimostrative di una sicura ricaduta nell’illecito e
quindi della pericolosità sociale dell’indagato.

RITENUTO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.
Dalla motivazione del provvedimento impugnato emerge che l’odierno ricorrente è
indagato per due distinti episodi di rapina aggravata, commessi in concorso con
altre due persone (RANUCCI Antimo e RANUCCI Stefano) in agro di Casamarciano
1’8.7.2015. Dalla motivazione del provvedimento impugnato emerge che a seguito
di una serie di rapine commesse lungo l’asse stradale di Via Nazionale delle Puglie,
la Polizia giudiziaria giungeva all’arresto di RANUCCI Antimo; a seguito di intercettazioni ambientali delle conversazioni del RANUCCI Antirib con propri familiari, la
Polizia giudiziaria perveniva alla identificazione del RANUCCI Stefano e dell’odierno
ricorrente. Dalla lettura dell’ordinanza cautelare e di quella del tribunale del riesame si evince che il BARRETTA è raggiunto dalla chiamata in correità del RANUC-

1

to.4.
‘ (lavato
CI Stefano oltre che da altri elementi indiziari in ordine ai qualik(non ha inteso fornire giustificazioni o spiegazioni.
La difesa attraverso una personale valutazione dell’apporto probatorio fornito dalle
dichiarazioni rese dal RANUCCI Stefano, ne fornisce un’interpretazione limitativa
nel senso che pur ammettendo, nel proprio ricorso, che il RANUCCI Stefano
avrebbe chiamato in correità il BARRETTA, ciò non sarebbe però stato fatto in relazione alle rapine commesse in Casamarciano, ma solo a quelle commesse nell’Avellinese.
Di qui la difesa inferisce il travisamento del dato probatorio costituito dalle dichia-

razioni del RANUCCI Stefano. La doglianza è inammissibile, poiché la difesa, lungi
dal dimostrare un “travisamento” di una prova dichiarativa, prospetta un proprio
giudizio (divergente da quello del Giudice delle indagini preliminari e da quello del
Tribunale del riesame) attraverso la lettura e l’interpretazione di tre distinti e diversi atti processuali: interrogatorio di garanzia del Ranucci Stefano avanti il GIP
del Tribunale di Avellino, interrogatorio del RANUCCI Stefano avanti il Pubblico Ministero di Avellino; interrogatorio di garanzia della medesima persona avanti il
Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Noia. Tralasciando il fatto che in
sede di giudizio di riesame la difesa non prova di avere dedotto la doglianza in
esame, pur avendo il Giudice delle indagini preliminari giustificato il provvedimento cautelare anche sulle dichiarazioni rese dal RANUCCI Stefano, va comunque osservato che il vizio di travisamento della prova dichiarativa, per essere deducibile
in sede di legittimità, deve avere un oggetto definito e non opinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformità tra il senso intrinseco della singola dichiarazione assunta e quello che il giudice ne abbia inopinatamente tratto
ed è pertanto da escludere che integri il suddetto vizio un presunto errore nella
valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima, come pare argomentativamente adombrare la difesa in questa sede. [v. Cass. sez. 5 n. 9338
12.12.2012, Maggio, in Ced Cass. Rv 255087]. Va inoltre rilevato come la doglianza nella sua formulazione presenti caratteri di incompletezza, perché non viene
fornita la dimostrazione che la prova ritenuta “travisata” abbia caratteri di essenzialità, nel senso che la difesa non fornisce la dimostrazione che le restanti prove
a disposizione della accusa e utilizzate a fondamento del provvedimento cautelare
(contenuto delle conversazioni ambientali intercettate, registrazioni video effettuate nei luoghi ove sono state commesse le rapine, accertamenti di polizia giudiziaria e risultanze investigative) non siano idonee a costituire i sufficienti indizi necessari ex art. 273 cod. proc. penja giustificazione per l’adozione del provvedimento cautelare.
La doglianza relativa al fatto che le dichiarazioni rese dal RANUCCI Stefano sarebbero prive di riscontri è manifestamente infondata. Il Tribunale del riesame affron-

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ta funditus l’aspetto della credibilità intrinseca del dichiarante [pag. 3 dell’ordinanza impugnata] sia dei riscontri oggettivi esterni ed individualizzanti.
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Con motivazione perspicua il Tribunale ha valutato la pericolosità sociale dell’indagato valutando le concrete modalità esecutive delle singole azioni criminali, il livello di disinvoltura dimostrato e l’inserimento in un contesto organizzato, costituito da una pluralità di
soggetti, con ripartizione di compiti, e dotati di mezzi (auto, moto e armi) per
eseguire, in serialità, rapine a distributori di carburanti. La motivazione del prov-

di specifica concretezza in relazione al pericolo di reiterazione di una specifica
condotta criminosa. La motivazione è adeguata e non è manifestamente illogica
alla luce della considerazione della diffusività di obbiettivi similari che possono essere oggetto di aggressione attraverso l’utilizzo di una tecnica esecutiva delle rapine ormai collaudata. Il mancato rinvenimento della pistola utilizzata per la commissione delle rapine costituisce ulteriore valido argomento nella valutazione
dell’attualità della pericolosità dell’indagato.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, il Tribunale del riesame ha preso
in considerazione l’aspetto soggettivo della incensuratezza dell’indagato, mettendo
in evidenza che essa è comunque da ritenersi elemento di fatto recessivo rispetto
alla capacità criminogena dimostrata attraverso la commissione di plurime rapine.
Per le suddette ragioni il ricorso è inammissibile e il ricorrente va condannato al
pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle ammende, così equitativamente determinata la sanzione amministrativa prevista dall’art. 616 cod. proc. pen., ravvisandosi nella condotta processuale del ricorrente gli estremi della responsabilità descritta nella suddetta disposizione. Ai sensi dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., si manda al sign. Cancelliere
per la comunicazione di legge del presente provvedimento.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle ammende. Si comunichi
ex art. 94 disp. att. cod. proc. pen.

Così deciso in Roma il 3.3.2016

vedimento è ancorata al dettato dell’art. 274 cod. proc. pen. e presenta caratteri

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