Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29151 del 23/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29151 Anno 2014
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
OTERI GIUSEPPE N. IL 15/07/1968
avverso la sentenza n. 15112/2012 TRIB.SEZ.DIST. di MILAZZO, del
26/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 23/04/2014

Osserva
Ricorre per cassazione, personalmente, Oteri Giuseppe avverso la sentenza emessa in data
26.10.2012 ai sensi dell’art. 444 c.p.p. dal Giudice monocratico del Tribunale di Barcellona
Pozzo di Gotto che applicava al predetto la pena concordata, per il delitto di cui agli artt.
624, 625 n. 4 c.p., di mesi otto di reclusione ed € 200,00 di multa.
Deduce la violazione di legge in relazione all’omessa verifica della sussistenza dei
presupposti per l’assoluzione ai sensi dell’art. 129 c.p.p. e l’omessa motivazione (ma con
richiamo all’art. 606 lett. d c.p.p.) circa la sussistenza delle condizioni di cui all’art. 129

Il ricorso è inammissibile essendo basato su censure aspecifiche e manifestamente
infondate.
A parte l’estrema genericità delle doglianze che non esprimono in alcun modo le concrete
ragioni poste a loro fondamento, si rileva che il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di
una delle ipotesi di cui all’articolo 129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica
motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti
elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi
sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione, anche implicita,
che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per una
pronuncia di proscioglimento ai sensi della disposizione citata. Come questa Corte ha
ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis, Cass. pen. Sez. Un., n. 10372 del 27.9.1995, Rv.
202270, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di applicazione concordata
della pena va conformato alla particolare natura della medesima e deve ritenersi adempiuto
qualora il giudice dia atto, ancorché succintamente, come nel caso di specie, di aver
proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti.
Al riguardo, è stato finanche affermato che “in caso di patteggiamento ai sensi dell’art. 444
c.p.p., l’accordo intervenuto esonera l’accusa dall’onere della prova e comporta che la
sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia da considerare sufficientemente motivata
con una succinta descrizione del fatto (deducibile dal capo d’imputazione), con l’affermazione
della correttezza della qualificazione giuridica di esso, con il richiamo all’art. 129 c.p.p. per
escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste, con la verifica della congruità della
pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost.” (Cass. pen., Sez. IV, 13.7. 2006,
n. 34494, Rv. 234824).
Consegue l’inammissibilità del ricorso e, con essa, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, alla
luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000,
sussistendo profili di colpa, si ritiene equo determinare in euro 1.500,00 in favore della cassa
delle ammende.
P.Q.M.

c.p.p..

DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE PROCESSUALI
E AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLECINQUECENTO EURO ALLA CASSA DELLE AMMENDE.

Così deciso in Roma, il 23.4.2014

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