Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29151 del 22/03/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29151 Anno 2013
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
– Bosso Carmine, nato a Cercola 18 dicembre 1965
avverso l’ordinanza del Tribunale di Salerno in data 29 ottobre 2012 con la quale è stata confermata l’ordinanza emessa dal G.I.P del Tribunale di Salerno in data 17 settembre 203.2, con la quale veniva applicata la misura della custodia cautelare in carcere per il reato di cui all’art. 74 d.p.r. n. 309/90.
Sentita la relazione svolta dal consigliere dott. Giovanni Diotallevi;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Aurelio Galasso,
che ha concluso per il rigetto del ricorso;
sentito l’avv.to Massimo Torre del foro di Salerno, di fiducia, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
– Bosso Carmine ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Salerno in data 29 ottobre 2012 con la quale è stata confermata
l’ordinanza emessa dal G.I.P del Tribunale di Salerno in data 17 settembre 2012,
con la quale veniva applicata la misura della custodia cautelare in carcere per il
reato di cui all’art. 74 d.p.r. n. 309/90.
A sostegno dell’impugnazione il ricorrente ha dedotto:
1

Data Udienza: 22/03/2013

a) Nullità dell’ordinanza per violazione dell’art. 606, lett b) ed e) cod. proc. pen.
Insussistenza del reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90
Il ricorrente lamenta l’insussistenza degli elementi di gravità indiziaria per

affermare il suo coinvolgimento nell’ipotesi del reato associativo con finalità di
commercio di sostanze stupefacenti, sia in ragione del periodo estremamente
circoscritto di condotte dei reati fine contestati, sia per il diverso ambito di riferimento territoriale dei protagonisti della vicenda, (il Noschese agiva
ne, per il contenuto delle intercettazioni, da cui trapela la notevole difficoltà
nell’esercizio del commercio.
b) Sulle esigenze cautelari
Il ricorrente censura la ritenuta necessità di applicazione delle misure custodia!’ più afflittive, in relazione al tempo trascorso, all’insussistenza della struttura associativa, alla cessazione della permanenza del reato, né, peraltro, vi sarebbe pericolo di inquinamento probatorio. Il ricorrente lamenta dunque la omessa concessione di una misura meno afflittiva con una motivazione formalisticamente ancorata al giudizio in ordine alla gravità del fatto e alla ritenuta reiterazione, senza agganci motivazionali specifici.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.

2. Per quanto riguarda la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non vengono sostanzialmente sollevate censure se non genericamente espresse; non esiste
peraltro una versione alternativa fornita dal ricorrente, se non quella di sminuire
la valenza indiziaria del materiale raccolto; il ragionamento dei giudici del riesame fa riferimento invece ad elementi oggettivi, riconosciuti dallo stesso gip con
riferimento alla gravità degli indizi di colpevolezza e ribaditi dal TDL. Sotto
quest’ultimo profilo il ragionamento del Tribunale del riesame appare esente da
censure logico giuridiche , proprio perché valorizza un’ analisi altamente probabilistica, saldamente ancorata allo svolgimento dei fatti in esame come descritti
accuratamente nell’ordinanza del G.I.P (v. i riferimenti relativi alla non episodicità ed occasionalità dei rapporti finalizzati al commercio della sostanza stupefacente, alla protrazione del rapporto con l’altro gruppo criminale per un periodo
temporale apprezzabile, al contenuto delle intercettazioni relative anche al com- i
mercio di sostanza stupefacente, alle operazioni di cessione di sostanze stupefa2

nell’ambiente salernitano mentre il Bosso nella periferia est di Napoli), che, infi-

cente, che hanno portato anche all’arresto di complici, al trasferimento di denaro
da un soggetto ad un altro, entrambi coinvolti nei traffici, al numero delle forniture e all’arco temporale in cui le stesse sono inserite). La scelta della misura è
spiegata poi in modo coerente e valutata con un esatto criterio di bilanciamento
tra le esigenze di prevenzione e la qualità del soggetto destinatario della medesima, quale emerge dalla intrinseca gravità dei fatti ascritti al Bosso.
3. Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso deve essere rigettato e il ri-

4. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att.
cod.proc.pen.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att.
cod.proc.pen.
Roma, li 22 marzo 2013

corrente condannato al pagamento delle spese processuali.

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