Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29150 del 23/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29150 Anno 2014
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ZAPETA MORAN JOSE ERMIDES N. IL 08/01/1980
avverso la sentenza n. 5792/2013 TRIBUNALE di ROMA, del
21/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;

Data Udienza: 23/04/2014

Fatto e diritto

ZAPETA MORAN Josè Ermides ricorre per cassazione contro la sentenza di applicazione
concordata della pena in epigrafe indicata, per il reato di furto aggravato, deducendo carenza
di motivazione della medesima e violazione dell’art. 129 c.p., sul rilievo che il giudicante non
avrebbe esaminato l’eventuale esistenza di cause di non punibilità.

Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr.

ex plurimis Cass. S.U. 27 settembre

1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di applicazione concordata della
pena va conformato alla particolare natura della medesima e deve ritenersi adempiuto qualora
il giudice dia atto, ancorché succintamente, di aver proceduto alla delibazione degli elementi
positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica del
fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la congruità della
pena, la concedibilità della sospensione condizionale della pena ove la efficacia della richiesta
sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di
proscioglimento a norma dell’articolo 129 c.p.p.).
In particolare, il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’articolo
129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui
dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione
di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nell’enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica
richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per una pronuncia di proscioglimento ai
sensi della disposizione citata, come nel caso in esame in cui il giudicante ha compiutamente
fatto riferimento agli elementi non controversi emergenti dagli atti processuali.

Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.500,00 (millecinquecento) a titolo di sanzione pecuniaria
in favore della cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero,
P. Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso nella camera di consiglio del 23 aprile 2014

Il Consigliere estensore

DEPOUITATA1

Il ricorso è manifestamente infondato.

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