Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29145 del 23/04/2014
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29145 Anno 2014
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: MONTAGNI ANDREA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
LEVACOVICH MAURO N. IL 23/02/1979
avverso la sentenza n. 266/2012 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
20/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;
Data Udienza: 23/04/2014
Motivi della decisione
Levacovich Mauro ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
della Corte di Appello di Trieste in data 20.02.2013, con la quale è stata confermata
la sentenza di condanna resa dal Tribunale di Udine in data 3.10.2011, in
riferimento al reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c), cod. strada.
L’esponente reitera la doglianza afferente alla indicazione del nominativo
Il ricorso è inammissibile.
Il deducente non propone alcuno specifico motivo di censura, che attinga
l’apparato motivazionale posto a fondamento della sentenza impugnata. La parte
invero, si limita a ribadire che nella originaria intestazione della sentenza di primo
grado le generalità dell’imputato risultavano indicate in “Levacovich Bruno”,
omettendo di confrontarsi con la valutazione espressa dalla Corte di Appello, nel
censire il relativo motivo di doglianza. La Corte di merito ha infatti chiarito: che
nella intestazione della sentenza di primo grado si era verificato un errore
materiale, relativo unicamente al nome di battesimo dell’imputato, indicato
erroneamente come “Bruno”, anziché “Mauro”; e che detta evenienza non aveva
determinato comunque alcuna incertezza nella corretta individuazione
dell’imputato. Deve, allora, rilevarsi che questa Suprema Corte ha chiarito che è
inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi siano generici, ovvero non
contenenti la precisa prospettazione delle ragioni in fatto o in diritto da sottoporre
a verifica (vedi, da ultimo, Cass. Sezione 3, Sentenza n. 16851 del 02/03/2010,
dep. 04/05/2010, Rv. 246980).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue, a norma dell’articolo
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non
emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1.000,00 a titolo di sanzione
pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma in data 23 aprile 2014.
dell’imputato, che si trovava nella intestazione della sentenza impugnata.