Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29142 del 23/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29142 Anno 2014
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
VIZZINI FRANCESCO PAOLO N. IL 15/09/1954
avverso la sentenza n. 2072/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 14/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 23/04/2014

Motivi della decisione
Vizzini Francesco Paolo ha proposto ricorso per cassazione avverso la
sentenza della Corte di Appello di Palermo in data 14.03.2013, con la quale è stata
confermata la sentenza di condanna resa dal Tribunale di Palermo il 16.01.2012, in
ordine al reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c), cod. strada.
La parte con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio
motivazionale, in ordine alla ritenuta attendibilità degli esiti del test alcolemico
effettuato dagli agenti. L’esponente rileva poi che i sintomi presentati dal Vizzini al

dipendenti dalla rovinosa caduta dalla moto.
Con il secondo motivo il deducente si duole della mancata concessione delle
attenuanti generiche.
Il ricorso è inammissibile.
Soffermandosi sul primo motivo di ricorso, si osserva che il ricorrente
propone censure non consentite nel giudizio di legittimità, in quanto concernenti la
ricostruzione e la valutazione del fatto, come pure l’apprezzamento del materiale
probatorio, profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di
merito, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, immune da
incongruenze di ordine logico. Come è noto la giurisprudenza della Suprema Corte
di Cassazione ha ritenuto, pressocchè costantemente, che “l’illogicità della
motivazione, censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., è
quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, in quanto
l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte
circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per
espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato
argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle
acquisizioni processuali” (Cass. 24.9.2003 n. 18; conformi, sempre a sezioni unite
Cass. n. 12/2000; n. 24/1999; n. 6402/1997). Più specificamente si è chiarito che
“esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva,
riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità, la
mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione
delle risultanze processuali” (Cass. sezioni unite 30.4.1997, Dessimone). Ed invero,
in sede di legittimità non sono consentite le censure, che pur investendo
formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa
valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Cass.
23.03.1995, n. 1769, Rv. 201177; Cass. Sez. VI sentenza n. 22445 in data
8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181). Del resto, nel caso di specie, la Corte di
Appello ha espressamente considerato, sviluppando un percorso logico

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momento del controllo, quali l’andamento barcollante, ben possono essere

argomentativo che non presenta aporie di ordine logico rilevabili in sede di
legittimità, che l’accertamento relativo allo stato di ebbrezza del prevenuto
discendeva sia dai sintomi riscontrati dai verbalizzanti (alito vinoso ed andatura
barcollante), sia degli esiti dell’effettuato test alcolimetrico. Sul punto, il Collegio ha
in particolare considerato che la tesi difensiva volta a sostenere il possibile
malfunzionamento dell’apparecchio non trovava alcun riscontro in atti, atteso che il
verbalizzante aveva riferito che l’apparecchio era perfettamente funzionante e che
era stato sottoposto alla taratura periodica. Deve allora osservarsi che il percorso

dell’insegnamento ripetutamente espresso dalla giurisprudenza di legittimità, in
ordine all’accertamento giudiziale degli elementi costitutivi del reato di guida in
stato di ebbrezza, in riferimento agli esiti del test alcolimetrico eseguito con le
procedure e gli strumenti di cui agli artt. 186 cod. strada e 379 reg. es . cod. strada.
Ed invero la Corte regolatrice ha chiarito che in tema di guida in stato di ebbrezza,
allorquando l’alcoltest risulti positivo, costituisce onere della difesa dell’imputato
fornire una prova contraria a detto accertamento quale, ad esempio, la sussistenza
di vizi dello strumento utilizzato, oppure l’utilizzo di una errata metodologia
nell’esecuzione dell’aspirazione (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 42084 del
04/10/2011, dep. 16/11/2011, Rv. 251117).
Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Si osserva che la decisione impugnata risulta sorretta da conferente
apparato argomentativo, che soddisfa appieno l’obbligo motivazionale, anche per
quanto concerne la determinazione del trattamento sanzionatorio. E’ appena il caso
di considerare che in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle
attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto
riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti
punti, la giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la c.d.
motivazione implicita (Cass. sez. VI 22 settembre 2003 n. 36382 n. 227142) o con
formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Cass. sez. VI 4 agosto 1998 n.
9120 Rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di
comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai
criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sono censurabili in cassazione solo quando siano
frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. sez. III 16 giugno 2004 n.
26908, Rv. 229298). Si tratta di evenienza che certamente non sussiste nel caso di
specie. La Corte di Appello, infatti, ha considerato che l’imputato non era meritevole
del riconoscimento delle attenuanti generiche, risultando gravato da un precedente
specifico e da ben altre dodici condanne per gravi reati.

argomentativo sviluppato dalla Corte territoriale si colloca nell’alveo

Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 a
favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, in data 23 aprile 2014.

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