Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29142 del 22/03/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29142 Anno 2013
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: CAMMINO MATILDE

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
TODISCO Renzo n. Milano il 6 ottobre 1949
avverso l’ordinanza emessa il 23 luglio 2012da1 Tribunale di Milano

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino;
udita la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. dott.Eduardo Vittorio Scardaccione, che
ha chiesto il rigetto del ricorso;
osserva:

Data Udienza: 22/03/2013

Con ordinanza in data 23 luglio 2012 il Tribunale di Milano ha rigettato l’appello proposto
da Todisco Renzo avverso l’ordinanza emessa il 5 giugno 2012 dal giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Milano che dichiarava inammissibile l’istanza presentata il 31 maggio
2012 di revoca o sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari, misura in esecuzione
dal 19 luglio 2011 in ordine ai reati di associazione per delinquere e truffa, per la mancata
deduzione di elementi nuovi rispetto a quelli presi in considerazione nell’ordinanza applicativa della

Avverso la predetta ordinanza il Todisco ha proposto, tramite il difensore, ricorso per
cassazione deducendo il difetto di motivazione perché il Tribunale, pur avendo dato atto del
deposito di copia di una memoria difensiva ex art.367 c.p.p. datata 20 maggio 2009, non aveva
tenuto conto del contenuto di detta memoria in cui il Todisco, dopo la perquisizione domiciliare e
circa due anni prima dell’ordinanza applicativa della misura cautelare, ammetteva di aver fatto parte
dell’associazione per delinquere con il ruolo di amministratore fittizio (cd. “testa di legno”) delle
varie società coinvolte nelle truffe, indicava da chi e come era stato reclutato e chiedeva di essere
interrogato dal pubblico ministero (era stato poi interrogato per rogatoria dal giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Ivrea, solo dopo l’esecuzione della misura cautelare). Si tratterebbe di
circostanze che, dopo più di un anno dall’inizio della custodia cautelare e dopo la definizione del
giudizio di primo grado, avrebbero dovuto far ritenere le esigenze cautelari non così gravi da poter
essere soddisfatte solo con una misura custodiale, sia pure attenuata come quella degli arresti
domiciliari.

Il ricorso è inammissibile.
Nell’ordinanza impugnata si dà atto del deposito di copia della memoria difensiva in data 20
maggio 2009 esibita dal Todisco all’atto della perquisizione disposta con decreto 21 maggio 2009
dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano nell’ambito del procedimento
n.14535/08 R.G.not.reato ed eseguita il 27 maggio 2009 (cfr. verbale allegato al ricorso). Va rilevato
tuttavia che dall’esame della copia della memoria difensiva, allegata al ricorso, si evince che la
stessa è indirizzata al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Prato e si riferisce ad altri
procedimenti penali per analoghi fatti pendenti a carico del Todisco presso la Procura di Prato
(n.3786/08 R.G.not.reato) e di Firenze (n.4698 R.G. not.reato) e, inoltre, che dal verbale di
perquisizione risulta che il ricorrente, lungi dal rendere confessione, nella memoria aveva ritenuto
di aver illustrato “la realtà dei fatti dalla quale si evince la mia estraneità ai reati contestatimi”.

misura cautelare.

Il giudice di merito comunque ha legittimamente disatteso per implicito gli argomenti che si
volevano far valere con il deposito della memoria avendo fatto riferimento nell’ordinanza
impugnata alla motivazione del provvedimento oggetto di appello, nel quale il giudice per le
indagini preliminari aveva esposto le ragioni in ordine alla ritenuta inidoneità degli elementi
prospettati dalla difesa per sostenere il venir meno o l’affievolimento delle esigenze cautelari poste
a base dell’ordinanza di applicazione della misura cautelare, e avendo affermato che le esigenze
sussistenti “avuto riguardo alla pluralità delle condotte delittuose e della gravità dei fitta contestati
al Todisco in sede di applicazione della misura ed accertati nella sentenza di primo grado -che ha
peraltro condannato l’imputato alla pena di anni tre e mesi dieci di reclusione, già dedotta la
diminuente del rito- ed alla circostanza che l’imputato è risultato inserito organicamente
nell’associazione a partire dall’anno 2007 ed ha continuato a prendere parte alle operazioni
delittuose anche dopo essere venuto a conoscenza di essere indagato nell’ambito del procedimento
R.G. 14535/2008”.

Nell’ordinanza impugnata si aggiunge -a confutazione della lettura riduttiva

che nella copia della memoria depositata al giudice dell’appello cautelare il ricorrente faceva della
sua condotta criminosa- che la partecipazione del Todisco all’attività delittuosa posta in essere
dall’associazione non è stata circoscritta ad un breve arco temporale, né correlata ad una
temporanea e contingente fase di difficoltà dell’imputato, ma si è protratta per un considerevole
periodo di tempo, così da costituire per l’imputato la principale se non unica fonte di reddito.
Congrua e giuridicamente corretta risulta pertanto la motivazione dell’ordinanza impugnata,
in cui le ragioni difensive risultano essere state esaminate compiutamente e disattese con
argomentazioni logicamente coerenti quanto all’attualità e concretezza del pericolo di reiterazione
di reati della stessa specie e all’idoneità della misura cautelare degli arresti domiciliari a
fronteggiare il non trascurabile rischio di recidivanza.
Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in
ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Roma 22 marzo 2013

cautelari, in particolare quella prevista dall’art.274 lette) cod. proc. pen., devono ritenersi tuttora

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