Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29139 del 23/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29139 Anno 2014
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LO POLITO MASSIMILIANO N. IL 10/06/1972
avverso la sentenza n. 449/2013 TRIBUNALE di COSENZA, del
14/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 23/04/2014

Ritenuto in fatto
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Lo Polito Massimiliano avverso la sentenza
emessa in data 14.3.2013 ai sensi dell’art. 444 c.p.p. dal Giudice monocratico del Tribunale
di Cosenza che applicava al predetto la pena concordata, per il delitto di cui agli artt. 624,
625 commi 1 e 2 c.p., di mesi nove di reclusione ed C 300,00 di multa.
Deduce il vizio motivazionale in relazione ai presupposti di fatto e di diritto a sostegno della
decisione ed in relazione alla congruità della sanzione.

Considerato in diritto

sede.
A parte l’estrema genericità delle doglianze che non esprimono in alcun modo le concrete
ragioni poste a loro fondamento, non può l’imputato che abbia consentito all’applicazione
della pena, rimettere in discussione gli altri profili oggettivi o soggettivi della responsabilità e
non può, in particolare, proporre in sede di legittimità eccezioni o censure attinenti al merito
nè recriminare sulla qualificazione giuridica del fatto e la ricorrenza delle circostanze o la
congruità della pena o mancata concessione di benefici non pattuiti a meno che si tratti di
statuizioni palesemente illegittime: evenienza questa che, nel caso di specie, è senz’altro da
escludere.
Al riguardo, è stato finanche affermato che “in caso di patteggiamento ai sensi dell’art. 444
c.p.p., l’accordo intervenuto esonera l’accusa dall’onere della prova e comporta che la
sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia da considerare sufficientemente motivata
con una succinta descrizione del fatto (deducibile dal capo d’imputazione), con l’affermazione
della correttezza della qualificazione giuridica di esso, con il richiamo all’art. 129 c.p.p. per
escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste, con la verifica della congruità della
pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost.” (Cass. pen., Sez. IV, 13.7. 2006,
n. 34494, Rv. 234824).
Consegue l’inammissibilità del ricorso e, con essa, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, alla
luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000,
sussistendo profili dì colpa, sì ritiene equo determinare in euro 1.500,00 in favore della cassa
delle ammende.
P.Q.M.
DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE PROCESSUALI
E AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLECINQUECENTO EURO ALLA CASSA DELLE AMMENDE.

Così deciso in Roma, il 23.4.2014

Il ricorso è inammissibile essendo basato su censure aspecifiche e non consentite in questa

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