Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29139 del 22/03/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29139 Anno 2013
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: CAMMINO MATILDE

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
MAGOURI Mejdi Ben AliK Libia il 2 giugno 1982
avverso l’ordinanza emessa il 9 ottobre 2012 dal Tribunale di Genova

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino;
udita la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. dott. Eduardo Vittorio Scardaccione, che
ha chiesto il rigetto del ricorso;
osserva:

Data Udienza: 22/03/2013

Con ordinanza in data 9 ottobre 2012 il Tribunale di Genova ha confermato in sede di
riesame l’ordinanza di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere emessa, dopo la
convalida dell’arresto in flagranza, nei confronti di Magouri Medji Ben Ali in ordine al reato di
riciclaggio, accertato in Genova 1’8 settembre 2012 allorché, nel corso di un casuale controllo
nell’area portuale, all’imbarco dei veicoli diretti in Nord Africa sull’autovettura Wolkswagen con
targa inglese del Magouri erano stati rinvenuti i pezzi smontati di un motoveicolo Piaggio, avvolti
15 giugno 2012, aveva il numero di telaio originale e corrispondente alla carta di circolazione in
possesso del Magouri, in cui come proprietario era indicato “be Girl” rue Saint Denis 75002 Paris..
Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’indagato, rimesso in
libertà dopo che il pubblico ministero aveva prestato il consenso alla proposta della difesa di
definizione del procedimento mediante sentenza di applicazione ex art.444 cod.proc.pen., in
relazione al reato di riciclaggio, della pena condizionalmente sospesa di anni uno, mesi dieci e
relativa multa.
Con il ricorso, premesso l’interesse del ricorrente ai fini di una futura richiesta di riparazione
per ingiusta detenzione ex artt.314, 315 cod.proc.pen., si deduce:
1) l’erronea applicazione dell’art.314 cod.proc.pen. in quanto la riparazione per ingiusta
detenzione non è prevista esclusivamente nel caso di pronuncia di una sentenza di assoluzione,
come sostenuto nell’ordinanza impugnata, ma anche ex art.314 comma secondo cod.proc.pen. nel
caso di sentenza di condanna allorché si accerti che il provvedimento con il quale è stata disposta o
mantenuta la misura cautelare sia stato emesso senza le condizioni di applicabilità previste dagli
artt.273-280 cod.proc.pen.;
2) e 3) l’erronea applicazione degli artt.648 bis, 648, 712 cod.pen. e, comunque, il difetto di
giurisdizione del giudice italiano; si contesta la qualificazione giuridica del fatto come riciclaggio
(il ciclomotore era stato smontato per consentirne il trasporto nel bagagliaio dell’autovettura, il
Magouri aveva informato la polizia in lingua araba della presenza del mezzo all’interno
dell’autovettura ed aveva esibito la relativa carta di circolazione e il tagliando assicurativo); le
ipotesi alternative di reato (ricettazione o incauto acquisto) riguarderebbero condotte commesse
interamente all’estero e, comunque, relativamente al reato di ricettazione sarebbe stata necessaria la
richiesta del Ministro ex art.10 comma secondo cod.pen. (peraltro la pena detentiva inferiore
minima, in relazione al delitto di ricettazione, è inferiore a tre anni);

in cellophane e coperti da panni. Detto motoveicolo, che risultava essere stato rubato in Francia il

4) e 5) la mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza di esigenze cautelari, essendosi
dato primario rilevo alla “condizione personale” dell’indagato, comunque senza valutare la
proporzionalità della misura applicata, e l’erronea applicazione dell’art.275 co.2 bis e3
cod.proc.pen. circa la ritenuta non concedibilità della sospensione condizionale della pena.

Quanto al primo motivo, la Corte osserva che le Sezioni unite con sentenza 16 dicembre
2010 n.7931, ne. Testini, hanno ribadito il principio che in tema di ricorso avverso il provvedimento
applicativo di una misura cautelare custodiale nelle more revocata o divenuta inefficace, perché
possa ritenersi comunque sussistente l’interesse del ricorrente a coltivare l’impugnazione in
riferimento a una futura utilizzazione dell’eventuale pronunzia favorevole ai fini del riconoscimento
della riparazione per ingiusta detenzione, è necessario che la circostanza formi oggetto di specifica
e motivata deduzione, idonea a evidenziare in termini concreti il pregiudizio che deriverebbe dal
mancato conseguimento della stessa, formulata personalmente dall’interessato (v. sul punto anche
Cass. Sez.Un. 8 luglio 1994 n.11, Buffa). È peraltro imprescindibile la verifica dell’attualità e della
concretezza dell’interesse richiedendo l’art. 568, comma 4, cod. proc. pen., come condizione di
ammissibilità di qualsiasi impugnazione ivi comprese quelle contro i provvedimenti de libertate, la
sussistenza (e la persistenza al momento della decisione) di un interesse diretto a rimuovere un
effettivo pregiudizio derivato alla parte dal provvedimento impugnato (sez. VI 15 novembre 2006
n.9943, Campodonico; sez. VI 16 aprile 2007 n.27580, Romano; sez.VI 16 ottobre 2007 n.38855,
Russo; sez.VI 6 dicembre 2007 n.2210, Magazzù;; sez. II 26 giugno 2008 n. 34605 Pennisi; sez.VI
14 gennaio 2009 n.3531, Gervasi; sez. VI 21 settembre 2010 n. 37764, Fabiano).
La Corte rileva, quanto alle doglianze del ricorrente, che effettivamente è inappropriato il
riferimento contenuto nell’ordinanza impugnata al primo comma dell’art.314 cod. proc. pen. che
attribuisce il diritto a un’equa riparazione per la custodia cautelare subita (anche a causa di arresto
in flagranza o fermo di indiziato di delitto: cfr. sentenza Corte costituzionale n.109/1999) a chi è
stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il
fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, qualora non vi
abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave,. Ai sensi del secondo comma dello
stesso articolo lo stesso diritto spetta infatti, oltre che al prosciolto per qualsiasi causa, anche al
“condannato” che nel corso del processo sia stato sottoposto a custodia cautelare (anche a causa di
arresto in flagranza o fermo di indiziato di delitto: cfr. sentenza Corte costituzionale n.109/1999)

Il ricorso è inammissibile.

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quando con decisione irrevocabile risulti accertato che il provvedimento che ha disposto la misura
cautelare è stato emesso o mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità previste
dagli artt.273 e 280.
Peraltro dallo stesso provvedimento risulta che la misura cautelare personale nei confronti
del ricorrente è stata revocata in data l’ ottobre 2012, con conseguente liberazione, “in seguito al
consenso del pubblico ministero alla proposta della difesa di definizione del procedimento per il
anni uno e mesi dieci oltre multa, con concessione del beneficio della sospensione condizionale
della pena”. A questo riguardo si osserva che, come più volte affermato da questa Corte con
argomentazioni pienamente condivise dal collegio, la richiesta della sentenza di cui all’art.444 cod.
proc. pen., equiparata a quella di condanna, è significativa di una volontà incompatibile con quella
di contestare la consistenza e la gravità del materiale indiziario posti a fondamento della misura
coercitiva, con la conseguenza che, in tal caso, si deve escludere che l’imputato coltivi un interesse
ad esperire la procedura per la riparazione dell’ingiusta detenzione ex art.314 cod. proc. pen. (Cass.
sez.V del 23 gennaio 2007 n.6445, Tauman; sez.VI 9 novembre 2006 n.40769, Visone).
Ne consegue che è inammissibile il ricorso avverso l’ordinanza del tribunale per il riesame
che confermi l’ordinanza della custodia in carcere quando, come nel caso di specie, nelle more del
procedimento incidentale la misura sia stata revocata per effetto della richiesta di applicazione su
richiesta delle parti di applicazione di pena condizionalmente sospesa in ordine al reato di
riciclaggio previsto dall’art.648 bis cod. pen., la cui erronea applicazione anche in punto di
qualificazione giuridica della condotta ascritta il ricorrente contesta.
Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in
ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

reato contestato di cui all’art.648 bis c.p., mediante applicazione ex art. 444 c.p.p. della pena di

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