Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29137 del 22/03/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29137 Anno 2013
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: CAMMINO MATILDE

Data Udienza: 22/03/2013

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
BITETTO Francesco n. Bari il 13 luglio 1949
avverso l’ordinanza emessa il 24 aprile 2012 dal Tribunale di Bari

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino;
udita la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. dott. Eduardo Vittorio Scardaccione, che
ha chiesto il rigetto del ricorso;
osserva:

fA

Con ordinanza in data 24 aprile 2012 il Tribunale di Bari ha confermato in sede di riesame il
decreto di sequestro preventivo emesso 1’8 marzo 2012 dal giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Bari, fino all’ammontare di 5.001.725,85 euro pari al profitto del delitto di truffa
aggravata e continuata e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (capo 2.4.2:
artt.110, 81 cpv., 61 n.7, 640 co.II n.1 e 640 bis cod.pen.) in ordine al quale, oltre che per i reati di
concorso in frode nelle pubbliche forniture e falso, Bitetto Francesco era sottoposto ad indagini.

relativa alle opere eseguite nell’ambito urbano del quartiere San Paolo del comune di Bari, anche
come agevolatore e concorrente materiale della condotta altrui e in concorso con l’amministratore
unico e legale rappresentante della DEC s.p.a. Degennaro Vito Michele Giacomo,
dell’amministratore di fatto Degennaro Gerardo, del rappresentante legale dell’Area Bersaglio s.r.l.
Degennaro Daniele e con altri pubblici funzionari- avrebbe contribuito all’ipotizzata truffa
consistita nella realizzazione da parte delle società del gruppo Degennaro (concessione stipulata il
19 febbraio 2007) di un’opera diversa per qualità, quantità e costi da quella concordata, in
particolare omettendo la segnalazione delle varianti realizzate in corso d’opera e non autorizzate.
Poiché la commisurazione del contributo pubblico era direttamente collegata alla spesa
effettivamente sostenuta da parte del concessionario, l’omesso volontario controllo da parte del
Bitetto e degli altri pubblici funzionari a vario livello delegati alla verifica dell’effettiva
corrispondenza dell’opera realizzata a quella descritta nel progetto approvato avrebbe determinato
il riconoscimento da parte 4ella stazione appaltante della sussistenza dei requisiti cui la legge
subordinava la materiale erosazione del contributo, nonostante la notevole entità delle difformità
rilevate dai consulenti del pubblico ministero e il conseguente ragguardevole risparmio sui costi
sostenuti dalla società aggiudicataria dell’appalto. Sarebbero insiti, infatti, nella funzione svolta
dalla commissione di collaudo la verifica tecnica, attenta e approfondita, della rispondenza delle
opere realizzate a quelle concordate -attraverso sopralluoghi, accertamenti, saggi e verifiche
tecniche- e, inoltre, l’esame della documentazione relativa al progetto, anche sotto il profilo
contabile. Nell’ambito di tale complessa attività le evidenti difformità riscontrate dai consulenti
tecnici del pubblico ministero non potevano, si sostiene nell’ordinanza impugnata, essere sfuggite
al collaudatore e, quindi, avrebbero dovuto essere segnalate.
Avverso la predetta ordinanza l’indagato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per
cassazione. Con il ricorso si deduce:
1)

l’inosservanza o erronea applicazione di legge in relazione agli artt.322 ter e 640 quater

cod.pen.;

Secondo la tesi accusatoria il Bitetto -quale presidente della commissione di collaudo

2)

l’inosservanza o erronea applicazione di legge in relazione all’art.32 I secondo comma

cod.proc.pen.;
3)

l’inosservanza o erronea applicazione di legge in relazione all’art.32 I cod.proc.pen. per

mancanza del fimus commissi delicti quanto meno in relazione all’elemento psicologico del delitto
di truffa.

rilevanza causale rispetto alla truffa della contestata falsità dei verbali delle visite di collaudo, aveva
tuttavia erroneamente ritenuto il concorso del collaudatore negli artifizi e raggiri, pur essendo
l’attività del collaudatore descritta nei verbali stessi e nella relazione finale, atto quest’ultimo
irrilevante tuttavia rispetto all’erogazione dei contributi. Il Bitetto era comunque intervenuto, quale
presidente della commissione di collaudo, in epoca di gran lunga successiva rispetto
all’accettazione dell’opera da parte dell’amministratore appaltante che, indotta in errore sulla
conformità al progetto, si era determinata all’erogazione del contributo nella misura massima. Le
presunte violazioni del capitolato, peraltro inidonee a configurare un’opera del tutto diversa e
incompatibile con quella progettata, erano emerse del resto solo a seguito di carotaggi, saggi
distruttivi e valutazioni qualitative effettuati ex post ed estranei all’ambito di competenza del
collaudo, che riguarda la vigilanza sull’appalto delle opere pubbliche e non la puntuale verifica
delle forniture e delle lavorazioni spettante invece al direttore dei lavori. Comunque il Tribunale
aveva ravvisato l’effettivo presupposto del sequestro nel reato di frode in pubbliche forniture
(art.356 c.p.), che non consente tuttavia la confisca ex art.322 ter cod.pen.. Il riferimento all’omesso
controllo da parte del presidente della commissione di collaudo sembrebbe infine alludere ad una,
sia pure insussistente secondo la difesa, responsabilità per colpa.
4) la violazione dell’art.321 co.II cod.proc.pen., dell’art.322 ter primo comma cod.pen. e dell’art. I
legge n.24412007 (Protocollo addizionale alla Convenzione dei diritti dell’uomo) nella parte in cui
nel decreto non si specificano i beni da sottoporre a sequestro preventivo, con possibile violazione
del principio di proporzionalità; sarebbero state sottoposte a sequestro somme di denaro (stipendi)
appartenenti a persona totalmente estranea al reato (moglie dell’indagato in regime di separazione
dei beni).

Il ricorso è inammissibile.
I primi tre motivi sono manifestamente infondati.

Nel ricorso si rileva che il Tribunale, che aveva concordato con la difesa sulla mancanza di

Secondo quanto affermato più volte da questa Corte, anche a Sezioni Unite (Cass. Sez. Un.
29 maggio 2008 n. 25932, Ivanov; 28 gennaio 2004 n. 5876, p.c. Ferrazzi in proc. Bevilacqua; 28
maggio 2003 n. 25080, Pellegrino), il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse a norma
dell’art. 322 bis cod.proc.pen., e art. 324 cod.proc.pen., in materia di sequestro preventivo e di
sequestro probatorio (in quest’ultimo caso per effetto del rinvio operato dall’art. 257 cod.proc.pen.,
all’art. 324 cod.proc.pen.) può essere proposto esclusivamente per il vizio di violazione di legge,

(art. 606 cod.proc.pen., comma primo, lett. b e c) sia il difetto di motivazione che si traduca, a sua
volta, in una violazione della legge processuale (art. 125 cod.proc.pen., comma terzo) perché
l’apparato argomentativo manchi completamente o risulti privo dei requisiti minimi di coerenza,
completezza e di ragionevolezza che consentano di rendere comprensibile l’iter logico posto a
fondamento del provvedimento impugnato (motivazione meramente apparente). È pertanto preclusa
alla Corte una valutazione che possa risolversi in un’anticipata decisione della questione di merito e
quindi in una verifica in concreto della fondatezza della tesi accusatoria. Il sindacato sulle
condizioni di legittimità della misura cautelare reale si realizza infatti attraverso una delibazione
sommaria della congruità degli elementi rappresentati in cui, senza prescindere dalle concrete
risultanze processuali e dalle contestazioni difensive (Cass. sez.VI 21 giugno 2012 n.35786, Buttini;
sez.IV 14 marzo 2012 n.15448, Vecchione; sez.II 2 ottobre 2008 n.2808, Bedino sez. IV 29 gennaio
2007 n. 10979, Veronese; sez. 119 dicembre 2003 n. 1885. Cantoni; sez. II 21 ottobre 2003 n.
47402, Di Gioia; sez. III 11 giugno 2002 n. 36538, Pianelli; sez. VI 3 marzo 1998 n. 731, Campo;
Sez. Un. 20 novembre 1996 n. 23, Bassi), possono rilevare eventuali difformità tra fattispecie legale
e fattispecie reale solo se ravvisabili ictu acuii. Tale disamina non può e non deve risolversi, anche
in sede di riesame, in un giudizio di probabilità di colpevolezza dell’indagato in relazione ad uno o
più reati contestati, fondato su una valutazione di gravità degli indizi a suo carico, come richiesto
dall’art. 273 c.p.p. per l’applicazione delle misure cautelari personali, mentre per l’applicazione
delle misure cautelari reali è sufficiente e necessaria la sussistenza del .filmu,v commissi delicti,
ovvero una verifica delle risultanze processuali che consenta di ricondurre alla figura astratta del
reato contestato la fattispecie concreta e renda plausibile un giudizio prognostico negativo per
l’indagato.
Nell’ordinanza impugnata è stata compiuta una disamina completa degli elementi sulla base
dei quali è stato ravvisato, con riferimento specifico alla posizione del ricorrente, il fumus commissi
delicti che, secondo quanto affermato dal Tribunale, si “alimenta plasticamente …sulla voluminosa
ordinanza coercitiva inframuraria emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
bari in data 8 marzo 2012 per reati di corruzione, truffa ai danni dello Stato e truffa aggravata per

comprendente sia l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale sostanziale e processuale

il conseguimento di erogazioni pubbliche legittimanti l’adozione del sequestro per equivalente del
prezzo o del profitto del reato ex artt.322 ter e 640 quater cod.pen..”. Al legittimo richiamo per
relationem del contenuto dell’ordinanza applicativa della misura cautelare personale, si
accompagna nell’ordinanza impugnata un inequivocabile collegamento del sequestro preventivo
con il reato di truffa alla cui realizzazione il Bitetto avrebbe contribuito omettendo di segnalare le
divergenze tra le opere realizzate e quelle concordate che i consulenti tecnici del pubblico ministero

nell’espletamento della verifica tecnica e a quella dei dati contabili demandate alla commissione.
Ne è conseguita la valenza indiziaria attribuita nell’ordinanza impugnata al “lungo elenco delle

opere non realizzate o di quelle diffirmi” circa la “volontaria omissione di controllo” da parte
dell’indagato nell’espletamento del suo incarico, senza peraltro sottovalutazione delle “minuziose

precisazioni e controdeduzioni” del consulente della difesa non suscettibili di approfondimento in
sede di valutazione del mero fumus commissi delicti e sottolineando a questo riguardo l’irrilevanza
della riconosciuta inidoneità causale delle condotte di falso ipotizzate. Nei limiti della
dimostrazione della mera congruenza dell’ipotesi di reato prospettata rispetto ai fatti cui si riferisce
la misura cautelare reale sottoposta al suo esame, il Tribunale risulta pertanto aver compiuto una
valutazione sufficientemente argomentata circa la sussistenza dei presupposti per poter disporre nel
caso in esame il sequestro preventivo per equivalente.
Relativamente infine alla dedotta carenza dell’elemento soggettivo del reato di truffa, la
Corte osserva che n relazione ai provvedimenti che dispongono misure di cautela reale, nella
valutazione del ,fumus com•nissi delicti può rilevare anche l’eventuale difetto dell’elemento
soggettivo del reato, purché di immediata evidenza (v. Corte cost., ord. n. 153 del 2007; Cass. sez. I
11 maggio 2007 n. 21736, Citarella; sez. IV 21 maggio 2008 n. 23944, Di Fulvio; scz.II 2 ottobre
2008 n.2808, Bedino; sez.VI 23 febbraio 2010 n.10618, P.M. in proc.Olivieri).
Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Va infatti ribadito quanto affermato da questa stessa sezione (Cass. Sez.II 27 gennaio 2010
n.6974, Liguori) circa la non doverosità per il giudice di indicare specificamente, nel decreto di
sequestro preventivo per equivalente, i beni da sequestrare che ben possono essere individuati dalla
polizia giudiziaria in fase di esecuzione del sequestro, essendo indispensabile nel provvedimento
cautelare solo l’indicazione deLla somma sino a concorrenza della quale il sequestro deve essere
eseguito. Nel caso i beni sequestrati eccedano il valore per il quale il sequestro è stato eseguito, il
soggetto interessato può sempre contestare la non corrispondenza fra il valore dei beni sequestrati e
la somma rispetto alla quale è stato disposto il sequestro per equivalente, ma ciò deve essere dedotto

avevano accertato e che non potevano sfuggire al presidente della commissione di collaudo

”! ,11T11

in modo specifico e non generico come nel ricorso in esame. Quanto alle somme di denaro
sequestrate che sarebbero appartenenti alla moglie dell’indagato, in regime di separazione dei beni,
non è certamente il ricorrente legittimato a far valere l’eventuale diritto alla restituzione ma, in
ipotesi, la diretta interessata.
Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 1.000,00.

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