Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29131 del 23/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29131 Anno 2014
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: MONTAGNI ANDREA

Data Udienza: 23/04/2014

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ZAKOVA ARTUR N. IL 23/01/1979
avverso l’ordinanza n. 19/2012 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
18/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

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Motivi della decisione
Con ordinanza in data 18 ottobre 2012 la Corte di Appello di Firenze
rigettava la richiesta di riparazione per l’ingiusta detenzione subita da Zakova Artur,
in riferimento al reato di spaccio di sostanze stupefacenti in concorso con altri,
ipotesi rispetto alla quale il prevenuto era stato di poi assolto, per non aver

La Corte territoriale rilevava che Zakova, sin dal momento in cui il
connazionale Hasanaj era stato arrestato, si era reso latitante; e sottolineava che
nel momento in cui era stato rintracciato dagli inquirenti, aveva declinato false
generalità, supportate dalla disponibilità di falsi documenti.
Il giudice della riparazione sottolineava poi che Zakova frequentava
l’abitazione del connazionale Hasanaj, abitazione che era stata trasformata in un
luogo di deposito e stoccaggio dello stupefacente, con l’impiego di idonea
attrezzatura.
La Corte territoriale rilevava che Zakova aveva posto in essere un
comportamento idoneo a far apparire il suo coinvolgimento nella attività illecita,
svolta dall’amico Hasanaj. E considerava che anche il comportamento meramente
connivente può essere interpretato, in presenza di determinati elementi di fatto,
come concorso nel reato.
Avverso la richiamata ordinanza della Corte di Appello di Firenze ha
proposto ricorso per cassazione Zakova Artur, a mezzo del difensore, deducendo la
violazione di legge.
La parte osserva che la Corte territoriale ha valorizzato lo stato di latitanza
del prevenuto. Al riguardo, osserva che si tratta di un comportamento successivo
rispetto alla adozione della misura cautelare, che non può logicamente avere alcuna
incidenza causale, rispetto alla ingiusta detenzione subita.
Sotto altro aspetto, il deducente considera che la Corte territoriale ha errato
nel qualificare la condotta del prevenuto come causa ostativa dell’indennizzo, in
merito alla pretesa connivenza di Zakova, rispetto all’attività illecita posta in essere
dal coimputato. Rileva che Zakova, in realtà, non aveva alcuna consapevolezza del
traffico illecito posto in essere da Hasanaj.
L’Avvocatura Generale dello Stato si è costituita in giudizio per il Ministero
dell’Economia e delle Finanze, chiedendo che il ricorso sia respinto.
Il ricorso è inammissibile.
Come è noto, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice di
merito, per valutare se chi l’ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa
con dolo o colpa grave, deve apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli

commesso il fatto.

elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di
condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione
di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito una motivazione che,
se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità. Al riguardo, il giudice
deve fondare la sua deliberazione su fatti concreti e precisi, esaminando la condotta
tenuta dal richiedente sia prima che dopo la perdita della libertà personale, al fine
di stabilire, con valutazione “ex ante” – e secondo un iter logico motivazionale del

condotta integri estremi di reato ma solo se sia stata il presupposto che abbia
ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa
apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla
detenzione con rapporto di “causa ad effetto” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 34559 del
26/06/2002, dep. 15/10/2002, Rv. 222263).
Condotte rilevanti in tal senso possono essere di tipo extraprocessuale
(grave leggerezza o trascuratezza tale da avere determinato l’adozione del
provvedimento restrittivo) o di tipo processuale (autoincolpazione, silenzio
consapevole sull’esistenza di un alibi) che non siano state escluse dal giudice della
cognizione.
A tal fine, nei reati contestati in concorso, va apprezzata la condotta che si
sia sostanziata nella consapevolezza dell’attività criminale altrui e, nondimeno, nel
porre in essere una attività che si presti sul piano logico ad essere contigua a quella
criminale (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 4159 del 09/12/2008, dep. 28/01/2009, Rv.
242760).
Con specifico riguardo ai comportamenti idonei a far apparire la
compartecipazione nella attività criminosa, preme rilevare che la Corte regolatrice
ha chiarito che in tema di equa riparazione per ingiusta detenzione, costituisce
causa impeditiva all’affermazione del diritto alla riparazione l’avere l’interessato
dato causa all’istaurazione della custodia cautelare per colpa grave, consistita
nell’aver tenuto comportamenti improntati a macroscopica leggerezza e
imprudenza, idonei ad essere interpretati, nella fase iniziale delle indagini, non
come semplice connivenza, ma come concorso nel reato (Cass. Sez. 4, Sentenza n.
37567 del 02/04/2004, dep. 23/09/2004, Rv.. 229142).
Ebbene, l’ordinanza impugnata si colloca coerentemente e puntualmente
nell’alveo del suddetto quadro interpretativo.
La Corte di Appello di Firenze ha apprezzato la sussistenza di fattori ostativi
al riconoscimento dell’indennizzo, rilevando che Zakova – oltre ad essersi reso
latitante, dal momento in cui il connazionale Hasanaj era stato a sua volta arrestato
– aveva declinato false generalità ed esibito falsi documenti di identità agli aventi
che finalmente lo ebbero a rintracciare.

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tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale

Oltre a ciò, del tutto conferentemente, il giudice della riparazione ha
considerato: che Zakova frequentava abitualmente l’abitazione di Hasanaj,
abitazione trasformata in palese luogo di stoccaggio di partite di droga; e che tale
comportamento era risultato idoneo a determinare l’errore degli inquirenti, i quali
avevano interpretato la connivenza dell’odierno ricorrente come forma di concorso
nel traffico illecito.
Il richiamato percorso argomentativo sviluppato dalla Corte di Appello, in

per l’ingiusta detenzione subita, è immune da censure rilevabili in sede di
legittimità. La valutazione effettuata dalla Corte di Appello di Firenze, quale giudice
della riparazione, sulle caratteristiche assunte in concreto dalla condotta connivente
posta in essere dell’odierno richiedente, ritenute ostative ai fini della riparazione per
ingiusta detenzione, si sottrae invero al vaglio di legittimità, giacché il Collegio ha
dato conto in modo congruo, non illogico, delle ragioni poste a fondamento della
descritta efficacia ostativa da assegnare alla condotta dell’esponente. Ed il
ricorrente si limita a prospettare una inammissibile rilettura delle circostanze di
fatto considerate dalla Corte di Appello, ai fini della valutazione della condotta
sinergica rispetto alla intervenuta privazione della libertà personale.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, che si impone, segue la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di €
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, nonché alla rifusione in favore del
Ministero dell’Economia e delle Finanze delle spese di questo giudizio, liquidate
come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende oltre alla rifusione delle spese in favore del Ministero resistente che
liquida in complessivi euro 1.000,00.
Così deciso in Roma il 23 aprile 2014.

ordine alla valutazione dei fattori colposi ostativi al riconoscimento dell’indennizzo

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