Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2913 del 22/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 2913 Anno 2014
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CATANESE SALVATORE N. IL 15/06/1936
avverso la sentenza n. 3742/2010 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 30/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA LAPALORCIA
A LA S2 O
Udito il Procuratore Generale itrierlsona del Dott. l;
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv,
Uditi difensor Avv. A , CiE”I

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Data Udienza: 22/11/2013

1A.Lptukna

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 30-1-2012 la Corte d’Appello di Palermo confermava quella in data 274-2007 del tribunale della stessa località, riconoscendo la responsabilità di Salvatore
CATANESE per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa aggravata.
2. L’imputato ha proposto ricorso per cassazione tramite il difensore avv. A. Reina
articolando cinque motivi.

relazione agli artt. 110 e 416 bis cod. pen. e all’art. 192 codice di rito.
4.

Lamentava violazione della legge penale con riferimento sia alla legge penale sostanziale
(sotto il profilo della sussistenza dei requisiti del concorso esterno in associazione
mafiosa) che a quella processuale (sotto il profilo dei criteri di valutazione della prova),
da cui deduceva manifesta illogicità del ragionamento probatorio. Osservava che la corte
siciliana, dopo aver evidenziato profili di vicinanza e contiguità del prevenuto ad
ambienti mafiosi, concludendo che tuttavia tali rapporti non costituivano fatti
penalmente rilevanti, aveva ravvisato la sussistenza di un’unica condotta di concorso
esterno rappresentata dal subappalto dei lavori della diga Rosamarina ottenuto grazie
all’appoggio di ‘cosa nostra’ e dall’esazione del ‘pizzo’ dall’impresa Astaldi, appaltatrice di
quei lavori, mediante copertura dei relativi ammanchi con fatturazioni relative ad
operazioni inesistenti o gonfiate, ma tale conclusione non era accompagnata, secondo il
ricorrente, sotto il profilo sostanziale dalla dimostrazione dell’effettività del vantaggio
recato al rafforzamento di ‘cosa nostra’, sotto quello processuale era basata su due
chiamate di correo che, a differenza da quanto ritenuto in sentenza, non realizzavano la
c.d. convergenza del molteplice.

5. Infatti le dichiarazioni accusatorie dei collaboranti Barbagallo e Giuffrè non collimavano
in punto di individuazione del soggetto esattore delle somme estorte alla Astaldi, dal
momento che il primo aveva indicato il Catanese come il diretto percettore di tali somme
da un ingegnere della società, il secondo aveva individuato il percettore in un terzo
(Paolo Riccobono), anche se entrambi i chiamanti avevano ravvisato nel prevenuto il
responsabile della fatturazione ‘gonfiata’ o per operazioni inesistenti, idonea a
mascherare nella contabilità dell’estorta il versamento del ‘pizzo’.
6. La corte aveva quindi proceduto alla valutazione frazionata delle dichiarazioni
Barbagallo, evidenziandone la sovrapponibilità con quelle dell’altro collaboratore sotto il
profilo della condotta di copertura dell’estorsione realizzata dal Catanese, trascurando
però che l’inattendibilità del profilo inerente all’individuazione del soggetto percettore,
imprescindibile antecedente logico dell’altro, era idonea a rendere inattendibile anche
quest’ultimo, con la conseguenza che le dichiarazioni Barbagallo non potevano
riscontrare quelle del Giuffrè.

2

3. Con il primo deduceva i vizi di cui alle lett. b), c) ed e) dell’art. 606 cod. proc. pen. in

7. Il primo motivo investe anche il riconoscimento della sussistenza dell’elemento
psicologico del reato, in quanto il supporto prestato all’impresa presso la quale si opera
in subappalto per la creazione della provvista necessaria al pagamento del ‘pizzo’, non è
univocamente significativo del dolo diretto a recare un contributo alla realizzazione del
programma associativo, ben potendo essere ispirato al fine di mantenere il subappalto
accettando il rischio che tale condotta possa anche agevolare il sodalizio. Il che è
insufficiente a dar luogo al dolo del concorso esterno in associazione il quale non può

8. Gli stessi vizi di cui al primo motivo erano dedotti con il secondo in relazione alla
mancata declaratoria di prescrizione del reato nonostante questo, per quanto
permanente, si fosse esaurito con il compimento delle attività concordate, nella specie
poste in essere nel 1987, con conseguente estinzione del reato anche se ritenuto
aggravato.
9. Il terzo motivo addebitava alla sentenza erronea applicazione dell’art. 62 bis cod. pen. e
motivazione apparente ed illogica in punto diniego di attenuanti generiche, fondato sulla
mera condivisione della decisione di primo grado, a prescindere dalla considerazione
degli elementi prospettati nell’atto di appello.
10. Con il quarto motivo si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al
riconoscimento delle aggravanti di cui al quarto e sesto comma dell’art. 416

bis cod.

pen. in quanto, pur avendo la seconda natura oggettiva, era mancata qualunque
indagine sulla consapevolezza del Catanese e sul reinvestimento del proventi delittuosi
nelle sue attività economiche. Mentre l’aggravante di cui al quarto comma della norma
citata non sarebbe applicabile al concorrente esterno.
11. L’ultimo motivo investe con le censure di violazione di legge e vizio motivazionale il
mancato ridimensionamento del trattamento sanzionatorio pur avendo la corte limitato
ad una sola condotta concorsuale penalmente rilevante le plurime condotte attribuite al
prevenuto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato limitatamente alla questione della ricorrenza dell’aggravante di cui
all’art. 416 bis, comma sesto, cod. pen., essendo per il resto da disattendere.
2. In primo luogo non coglie nel segno l’addebito di violazione della legge sostanziale in
punto di sussistenza degli elementi costitutivi del concorso esterno in associazione
mafiosa per mancata dimostrazione, sotto

il

profilo dell’elemento oggettivo,

dell’effettività del vantaggio recato al rafforzamento di ‘cosa nostra’.
3. Invero, considerato che la condotta di concorso cosiddetto esterno nel reato consiste,
secondo consolidata giurisprudenza di questa corte, in un apporto, apprezzabile per
concretezza, specificità e rilevanza, di rafforzamento o di consolidamento
3

assumere la forma di quello eventuale (Cass. 15727/2012).

dell’associazione o di un suo particolare settore (Cass. 36769/2008, 14541/2004), la
corte territoriale ha correttamente individuato tale apporto, nel caso di specie, oltre che
nel consolidamento e rafforzamento del ruolo dominante di ‘cosa nostra’ nel settore
degli appalti pubblici, anche nel vantaggio economico derivato al sodalizio, la contiguità
del Catanese al quale è stata evidenziata sotto plurimi profili (ivi comprese le condotte
ritenute inidonee a raggiungere il livello del concorso esterno), dall’agevolazione al
conseguimento del ‘pizzo’ -per un importo complessivo, dilazionato nel tempo, di

copertura contabile (emissione o comunque messa a disposizione di fatture ‘gonfiate’ o
per operazioni inesistenti) della fuoriuscita delle relative somme di denaro.
4. Non ha maggior fondamento la censura di violazione della legge processuale in punto di
utilizzo dei criteri di valutazione della prova per asserita non convergenza delle
chiamate di correo.
5. Va premesso che, per costante indirizzo giurisprudenziale di questa corte, i riscontri
esterni alle chiamate in correità possono essere costituiti anche da ulteriori dichiarazioni
accusatorie, le quali devono tuttavia caratterizzarsi per una serie di elementi quali a) la
convergenza in ordine al fatto materiale oggetto della narrazione; b) l’indipendenza da
suggestioni o condizionamenti che potrebbero inficiarne la concordanza; c) la
specificità, nel senso che la c.d. convergenza del molteplice deve essere
sufficientemente individualizzante e riguardare sia la persona dell’incolpato sia le
imputazioni a lui ascritte, fermo restando, tuttavia, che non è richiesta una completa
sovrapponibilità degli elementi d’accusa forniti dai dichiaranti, dovendo invece
privilegiarsi l’aspetto sostanziale della loro concordanza sul nucleo centrale e
significativo della questione fattuale da decidere (Cass. 13473/2008, 31695/2010).
6. Ciò posto, si osserva che la corte palermitana ha fatto ineccepibile applicazione di tali
criteri valutativi laddove ha in primo luogo valorizzato la convergenza delle chiamate di
Salvatore Barbagallo e di Antonino Giuffrè -il primo intraneo al sodalizio nella sua
articolazione della famiglia mafiosa di Caccamo, della quale ha disegnato
l’organigramma riferendo dei suoi rapporti con il boss Giuseppe Panzeca, nonché con
altri appartenenti all’associazione (quali Francesco Intile, Diego Guzzino, Lorenzo Di
Gesù), il secondo preposto a far tempo dal 1987, dapprima ufficiosamente, al
mandamento di Caccamo, che aveva gestito in prima persona l’attività estorsiva in
questione- sul nucleo centrale dell’addebito al Catanese. Nucleo rappresentato dal
contributo fornito al sodalizio mediante la copertura contabile alla fuoriuscita del ‘pizzo’
dalle casse dell’Astaldi. In secondo luogo la sentenza ha, del pari correttamente,
svalutato la non concordanza tra i due chiamanti circa l’indicazione della persona fisica
del materiale percettore delle somme, individuato dal Barbagallo nello stesso Catanese,
dal Giuffrè in Paolo Riccobono, deputato alla successiva distribuzione ai vari destinatari.

4

700/750 milioni di lire- realizzata dal Catanese apprestando all’appaltatrice Astaldi la

7.

La corte del territorio ha mancato di fornire giustificazione non manifestamente illogica
della ritenuta maggior plausibilità di quest’ultima versione -secondo la quale Catanese
era la persona di fiducia della famiglia di Caccamo, Riccobono quella di fiducia di
Tommaso Natale- in quanto proveniente da soggetto interessato in prima persona
all’attività estorsiva in danno dell’Astaldi che si è auto qualificato, quale reggente del
mandamento della famiglia mafiosa di Caccamo a far tempo dal 1987, come uno dei
destinatari finali di una quota del ‘pizzo’, mentre la diversa ricostruzione del Barbagallo

sul contributo fornito dall’imputato mediante la predisposizione di fatture gonfiate o per
operazioni inesistenti.
8.

E’ poi infondata la questione circa la valutazione frazionata delle dichiarazioni
Barbagallo, ritenute in sentenza sovrapponibili a quelle dell’altro collaboratore sotto il
profilo della condotta di copertura contabile dell’estorsione realizzata dal Catanese, ma
inattendibili quanto all’indicazione in costui del collettore delle somme estorte,
operazione che il ricorrente ritiene non consentita per essere l’inattendibilità di
quest’ultimo profilo tale da influire, in quanto imprescindibile antecedente logico, anche
sull’attendibilità del profilo della copertura contabile fornita dall’imputato all’estorsione.

9.

Invero la valutazione frazionata delle dichiarazioni accusatorie di un chiamante in
correità è ammissibile a condizione che non esista un’interferenza fattuale e logica tra la
parte della narrazione ritenuta falsa o non confermata e le restanti parti che siano
intrinsecamente attendibili e che reggano alla verifica giudiziale di riscontro, con la
logica conseguenza che l’interferenza fattuale tra una serie di episodi della narrazione
impedisce, accertata la falsità di alcuni, di concludere per la veridicità degli altri (Cass.
35327/2013, 24466/2006, 6221/2005, 5821/2004).

10. Nella sentenza impugnata è stato correttamente ritenuto non sussistente il legame di
antecedenza logica tra il profilo dell’individuazione dell’esattore materiale del pizzo e
quello del contributo fornito dal Catanese mediante l’emissione di fatture gonfiate o per
operazioni inesistenti, sia per la ragione, sopra ricordata, che Barbagallo poteva aver
ragionevolmente ritenuto che Catanese fosse anche deputato a raccogliere il pizzo dalla
Astaldi, sia per l’obiettiva mancanza di un rapporto di causalità necessaria o di
propedeuticità logica tra i due profili, l’uno (copertura contabile dell’estorsione) non
presupponendo necessariamente l’altro (e cioè che fosse lo stesso imputato a riscuotere
materialmente il profitto dell’estorsione).
11.Con la conseguenza che l’inattendibilità della parte del narrato del Barbagallo relativa al
soggetto percettore del pizzo è stata inappuntabilmente ritenuta inidonea a rendere
inattendibile quella inerente alla copertura contabile dell’estorsione, con reciproco
riscontro sul punto tra le dichiarazioni dei due chiamanti e realizzazione della c.d.
convergenza del molteplice.

5

è stata, con pari non manifesta illogicità, attribuita ad una deduzione di questi basata

12.11 primo motivo del ricorso è carente di fondamento anche sotto il versante relativo alla
sussistenza dell’elemento psicologico del reato.
13. Mentre risponde ad indubbia esattezza l’assunto del ricorrente per il quale il dolo del
concorso esterno in associazione è quello generico nella forma del dolo diretto, escluso
quindi quello eventuale, il rilievo che il supporto prestato all’impresa -presso la quale si
opera in subappalto- per la creazione della provvista necessaria al pagamento del
‘pizzo’, non è univocamente significativo del dolo diretto a recare un contributo alla

mantenere il subappalto con mera accettazione del rischio che tale condotta possa
anche agevolare il sodalizio-, trascura di considerare che la necessità che il
rafforzamento del sodalizio, integrante l’evento del contributo causale del concorrente,
sia oggetto di dolo generico diretto e non meramente eventuale (Cass. 15727/2012,
Sez. U, 33748/2005), non esclude che detto rafforzamento possa non aver
rappresentato l’obiettivo unico o primario della condotta dell’imputato, purché questi lo
abbia previsto, accettato e perseguito come un risultato certo o comunque altamente
probabile della medesima condotta.
14.Nella specie, avendo la corte territoriale ricavato la ricorrenza del dolo diretto dalla
accertata interazione dell’imputato con i capi dell’associazione in favore dei quali aveva
predisposto strategie economico finanziarie idonee a mascherare esborsi ingiustificati di
somme da parte dell’estorta, l’obiettivo del mantenimento della propria posizione
contrattuale nei confronti della Astaldi è stato con piena ragione ritenuto non esclusivo
ma coesistente con quello del rafforzamento dell’associazione, intrinseco
all’agevolazione dell’estorsione.
15. Le censure di violazione di legge e vizio di motivazione dedotte con il secondo motivo in
relazione alla mancata declaratoria di prescrizione del reato nonostante questo si fosse
esaurito nel 1987 con il compimento delle attività concordate, scontano l’arbitraria
collocazione temporale dell’estorsione in danno della Astaldi esclusivamente in
quell’anno, asseritamente ricavabile, come sostenuto nella discussione odierna, dalle
pagine 29 e 30 della sentenza impugnata dove sono richiamate le dichiarazioni del
Giuffrè.
16. Per contro, considerato che il capo d’imputazione 22), ascritto al Catanese, indica come
data finale della permanenza del reato quella ‘odierna’, elemento non intaccato dalla
riqualificazione del fatto, già nella sentenza di primo grado, da partecipazione
all’associazione a concorso esterno nella stessa, la circostanza che il Giuffrè abbia
indicato come data iniziale dell’operazione estorsiva (come denota l’espressione ‘tra
1’87’, riportata a pag. 30 della sentenza) l’anno 1987, non autorizza l’interpretazione del
ricorrente secondo la quale l’operazione -avente ad oggetto l’importo di ben 700/750
milioni di lire- si sarebbe esaurita nel giro di un anno, tenuto anche conto che, dovendo
l’uscita delle somme dalle casse della Astaldi essere giustificata da una causale
6

realizzazione del programma associativo -ben potendo essere ispirato al fine di

formalmente lecita, è plausibile che il rilevante esborso avesse richiesto un non breve
lasso di tempo (come confermato dal richiamo nella sentenza, a sostegno della
conferma del diniego delle attenuanti generiche, alla continuatività nel tempo della
condotta).
17.11 terzo motivo, con cui si addebita alla sentenza errata applicazione dell’art. 62 bis cod.
pen. e motivazione apparente ed illogica in ordine al diniego di attenuanti generiche, è
generico in quanto fa leva sulla mancata considerazione degli elementi prospettati

18.11 quarto motivo è fondato limitatamente al profilo della sussistenza dell’aggravante
dell’art. 416 bis, comma sesto, cod. pen., mentre è privo di fondamento quanto a quella
di cui al quarto comma della norma citata.
19.Invero, a differenza da quanto sostenuto dal ricorrente, l’aggravante dell’associazione
armata, di natura oggettiva, è applicabile anche al concorrente esterno consapevole dei
fatti oggetto della medesima o che per colpa li ignori (Cass. 42385/2009), mentre il
carattere armato di un sodalizio aderente a ‘cosa nostra’ è frutto di risalente patrimonio
conoscitivo comune e discende dall’esperienza storica e giudiziaria, donde una ipotetica
ignoranza al riguardo in capo ad un soggetto che a tale organizzazione aderisca, anche
solo nella c.d. forma esterna, non è seriamente prospettabile (Cass. 5400/1999,
6547/2012).
20. Per contro, quanto all’aggravante di cui al sesto comma dell’art. 416 bis cod. pen., di
cui peraltro si condivide la natura oggettiva e l’applicabilità anche al concorrente
esterno, va rilevato che la corte siciliana ha da un lato affermato apoditticamente che
l’imputato aveva ‘intrapreso attività economiche mediante il reimpiego del denaro
proveniente dalla realizzazione di altri delitti’, dall’altro richiamato il carattere notorio
dell’operatività di ‘cosa nostra’ in campo economico mediante reinvestimento dei
proventi dei delitti posti in essere in esecuzione del suo programma criminoso.
21.11 primo assunto è però orfano di ulteriori precisazioni al riguardo, non essendo tra
l’altro chiaro quali sarebbero gli ‘altri delitti’, posto che nella stessa sentenza Catanese è
indicato come incensurato e nel presente procedimento è imputato soltanto di concorso
esterno, mentre il secondo appare generico in rapporto alla concreta imputazione di
concorso esterno del prevenuto (che di per sé presuppone comunque un patrimonio
conoscitivo delle caratteristiche del sodalizio necessariamente più limitato), relativa ad
un’articolazione territoriale locale -mandamento di Caccamo- dell’associazione, alla
quale si sarebbe dovuta specificamente rapportare la valutazione dell’aggravante in
parola con un’analisi più penetrante in punto di consapevolezza -o di colposa
ignoranza- dell’imputato di agevolare dall’esterno un’organizzazione qualificata dal suo
perpetuarsi per mezzo di autofinanziamento da commissione dei reati fine.
22. La sentenza merita quindi annullamento sotto tale limitato profilo, che assorbe l’ultima
doglianza inerente al trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra sezione della corte
7

nell’atto di appello, peraltro non indicati.

di Appello di Palermo per nuovo esame, essendo per il resto il ricorso da rigettare con
conseguente irrevocabilità delle altre statuizioni.
23. Spese di parte civile al rescissorio in base all’esito finale, potendo anche l’annullamento
su una circostanza aggravante riflettersi non solo sulla pena, ma anche sull’entità finale
del danno liquidabile alla parte civile, sul quale andrà misurata l’eventuale
soccombenza parziale della parte civile in questa sede (Cass. 4497/1999).

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416
bis, comma sesto, cod. pen. con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Palermo per
nuovo esame.
Rigetta nel resto il ricorso.

P. Q. M.

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