Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29112 del 23/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29112 Anno 2014
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: MARINELLI FELICETTA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MUNAFO’ GIANCARLO N. IL 19/01/1973
avverso la sentenza n. 1427/2008 CORTE APPELLO di MESSINA, del
23/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARTNELLI;

Data Udienza: 23/04/2014

Pi

Motivi della decisione

Avverso la sentenza indicata in epigrafe, che ha ritenuto
responsabile Munafò Giancarlo in ordine al delitto di cui
all’articolo 73 d.PR. 309/90 (detenzione e porto in luogo pubblico
di arma comune da sparo e detenzione al fine di spaccio di
sostanza stupefacente del tipo marijuana), ha proposto ricorso per

contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione in
punto di responsabilità, in quanto sarebbe illogica la motivazione
secondo cui l’odierno ricorrente sarebbe stato a conoscenza del
contenuto delle borse che avrebbe dovuto recuperare su uncarico
del fratello Munafò Orazio, nonostante quest’ultimo lo avesse
scagionato da qualunque responsabilità.
Il ricorso è inammissibile,

ex

articolo 606,

comma 30 ,

cod.proc.pen., perché proposto per motivi manifestamente
infondati, in quanto ripropone questioni di merito a cui la
sentenza impugnata ha dato ampia e convincente risposta e mira ad
una diversa ricostruzione del fatto preclusa al giudice di
legittimità. Una volta infatti che il giudice di merito abbia
chiarito la dinamica del fatto con motivazione congrua, non
compete alla Corte di legittimità valutare gli atti. La Corte di
appello di Messina ha invero adeguatamente ed esaustivamente
motivato, indicando dettagliatamente le ragioni per cui doveva
ritenersi la responsabilità dell’odierno ricorrente, evidenziando
in particolare che costui aveva cercato di non coinvolgere il
fratello Orazio, che a quel tempo era ricercato, facendolo
allontanare dal luogo del nascondiglio, a riprova che egli era ben
a conoscenza di quanto occultato nelle borse.
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al
pagamento, a favore della Cassa delle ammende, della somma di euro
1.000 a titolo di sanzione pecuniaria, trattandosi di causa di
inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del

cassazione l’imputato chiedendone l’annullamento per

(3

ricorrente stesso (cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7
– 13 giugno 2000 ).

P Q M

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di

Così deciso in Roma il 23 aprile 2014
IlCnsiqlie/est

Il Presidente

mille euro alla Cassa delle ammende.

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