Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29110 del 09/03/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29110 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
Rabolini Elena, nata a Busto Arsizio il 29/05/1965
avverso la sentenza emessa il 21/01/2014 dalla Corte di appello di Milano
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Umberto De Augustinis, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità
del ricorso;
udito per la ricorrente l’Avv. Fausto Moscatelli, il quale ha concluso per
l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della sentenza impugnata

RITENUTO IN FATTO
Il difensore di Elena Rabolini ricorre avverso la pronuncia indicata in
epigrafe, recante la conferma della sentenza emessa nei confronti della sua
assistita, in data 12/06/2012, dal Tribunale di Milano. L’imputata risulta essere
stata condannata a pena ritenuta di giustizia per delitti di bancarotta relativi alla
gestione della SGI, Società Gestione Industriale s.r.I., dichiarata fallita nel marzo

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Data Udienza: 09/03/2015

del 2002: i reati per cui è intervenuta la declaratoria di penale responsabilità
(alcune ipotesi di distrazione, nonché un addebito di bancarotta documentale)
appaiono contestati alla Rabolini quale socia della Nobitex s.r.I., proprietaria del
25% delle quote della società fallita, di cui era stato invece legale
rappresentante l’amministratore unico Giovanni Picco. L’odierna ricorrente era
infine subentrata al Picco nel settembre 2001, ricoprendo la carica di liquidatore;
la Nobitex, in seguito, era a sua volta fallita.
Fra le condotte di presunta distrazione assumevano rilievo, secondo la

lire (a favore della suddetta Nobitex) e l’acquisto di una polizza vita intestata alla
stessa Rabolini, con beneficiario il marito di costei, per l’importo di 450 milioni di
lire; le omesse annotazioni in contabilità, da cui era derivata la contestazione di
bancarotta documentale, riguardavano fra l’altro le operazioni bancarie
strumentali alle movimentazioni di denaro sopra indicate.
Nell’interesse della ricorrente si deduce inosservanza ed erronea
applicazione della legge penale, nonché vizi della motivazione della sentenza
impugnata:
sulla bancarotta per distrazione
Con le operazioni sopra ricordate non si realizzò alcun arricchimento della
Rabolini, atteso che le somme in questione confluirono dalla SGI alla
Nobitex essendo quest’ultima controllante della prima, e vennero
destinate dalla stessa Nobitex al pagamento di creditori sociali; l’assunto
della Corte territoriale, secondo cui da quel trasferimento di disponibilità
infragruppo non emergerebbero situazioni di vantaggio compensativo,
risulterebbe affermato in via del tutto apodittica, sul presupposto
dell’esistenza di una generica situazione di difficoltà – anche – della
controllante. A fronte della mancanza di prova certa in ordine al dato
appena evidenziato, sarebbe invece pienamente dimostrata la circostanza
che i soci della SGI – ivi compresa la Rabolini – misero nella disponibilità
della società somme assai ingenti.
Quanto alla ipotizzata distrazione per 90 milioni di lire, la difesa contesta
che la Rabolini ed il Picco (come invece sostenuto dai giudici di merito)
fornirono versioni contrastanti dell’episodio: infatti, ad affermare che la
somma de qua servì ad onorare il pagamento di merce fornita dalla
Nobitex non fu il Picco, bensì – ed in termini di mera possibilità, attesi i
rapporti commerciali fra le due aziende – il curatore del fallimento della
controllante. In quel caso, obietta la difesa che avrebbe dovuto semmai
ravvisarsi il diverso e meno grave delitto di bancarotta preferenziale, già
abbondantemente prescritto. Le risultanze processuali documentavano

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ricostruzione dei giudici di merito, quelle concernenti una somma di 90 milioni di

peraltro che, il giorno prima dell’accredito in questione, la Rabolini aveva
versato sul conto corrente della SGI 320 milioni di lire in assegni circolari,
parte dei quali rientrati nella sua disponibilità mediante bonifico bancario
e parte (i suddetti 90 milioni) trasferiti alla Nobitex: all’esito di
quell’operazione, sul conto della società fallita erano comunque rimasti 85
dei 320 milioni iniziali.
In ordine alla seconda distrazione, il difensore della Rabolini ricorda che la
polizza indicata in rubrica era stata strumentale ad un finanziamento

per l’escussione della polizza medesima, offerta in garanzia: in quel
momento, però, le prospettive che l’attività della controllante avesse uno
sviluppo positivo erano più che concrete, come del resto confermato dal
curatore di quella procedura, il che smentisce l’ipotesi che nelle dinamiche
dell’operazione fra due società dello stesso gruppo non si fosse tenuto
conto dei vantaggi che ne sarebbero derivati anche per la SGI
sulla bancarotta documentale
La difesa lamenta innanzi tutto che le varie operazioni indicate come non
annotate in contabilità risultavano comunque aliunde (da estratti conto
bancari, da matrici di assegni e mastrini, come pure dai bilanci), il che
rende insostenibile l’ipotesi che gli organi della procedura si trovarono
nell’impossibilità di ricostruire il movimento degli affari della società: sul
punto, oggetto di uno specifico motivo di appello, la Corte milanese non si
sarebbe in alcun modo pronunciata.
Del tutto irrilevante, poi, avrebbe dovuto considerarsi l’omessa
annotazione dell’accredito di 320 milioni di lire, sopra ricordato, visto che
ne era comunque derivato un saldo attivo in cassa apparentemente non
giustificato: circostanza indicativa, dunque, dell’assoluto difetto di dolo in
capo a chi non curò le scritturazioni ritenute doverose.
Con atto depositato il 21/02/2015, il difensore della Rabolini ha sviluppato
motivi nuovi di ricorso, ribadendo le ragioni sottese all’impugnazione principale
anche attraverso il richiamo a trascrizioni di alcuni verbali di udienza e
dell’attività di istruzione dibattimentale ivi compiuta.

CONSIDERATO IN DIRITTO
I reati per cui è intervenuta condanna risultano estinti, per essere il termine
prescrizionale massimo di cui agli artt. 157 e segg. cod. pen. interamente
decorso alla data del 07/09/2014: i fatti risalgono al 07/03/2002, data del
dichiarato fallimento, e non si rilevano cause di sospensione.

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ottenuto dalla Nobitex, e che l’istituto di credito mutuante aveva poi agito

Non emergono d’altro canto, alla luce del percorso argomentativo adottato
dalla sentenza impugnata, gli estremi per un proscioglimento ai sensi dell’art.
129, comma 2, del codice di rito: fra l’altro, la rilevanza penale delle condotte di
distrazione contestate dovrebbe pur sempre affermarsi (trattandosi di atti di
disposizione patrimoniale che determinarono in quel momento il
depauperamento della società, indipendentemente dalla circostanza che, a
monte delle operazioni descritte o financo subito prima, vi fossero stati
finanziamenti riconducibili alla stessa imputata).

condivisibili in punto di affermazione della responsabilità penale, non appaiono
manifestamente infondate; in vero, si registra un obiettivo difetto di motivazione
da parte della Corte di appello di Milano in ordine alle censure che la difesa
aveva mosso quanto alla ravvisabilità – già sul piano materiale – della
bancarotta documentale.
In ogni caso, qualunque censura in ordine alla motivazione (a fronte della
presenza di una causa estintiva) non potrebbe comportare l’eventuale
annullamento della pronuncia per un nuovo esame della regiudicanda, atteso che
tale conclusione – cui si dovrebbe pervenire in caso di accoglimento dei motivi di
impugnazione – contrasterebbe con l’obbligo di immediata declaratoria di cui al
comma 1 dell’anzidetto art. 129. Non vi è peraltro spazio per ritenere
necessario l’esame dei motivi

ex art. 578 cod. proc. pen., non risultando

intervenuta alcuna costituzione di parte civile; così come dovrebbe intendersi
superata ogni questione processuale, posto che anche la sussistenza di cause di
nullità assoluta rimane irrilevante qualora si sia verificata la prescrizione (v.
Cass., Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti).
Si impone pertanto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata,
nei termini di cui al dispositivo.

P. Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, per essere i reati estinti per
prescrizione.
Così deciso il 09/03/2015.

Si deve altresì rilevare che le doglianze di cui al ricorso, per quanto non

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