Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29105 del 04/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29105 Anno 2013
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: IASILLO ADRIANO

SENTENZA
Sul ricorso proposto dall’Avvocato Maria Grazia Bianchi, quale difensore di
Casini Alessandro Maria (n. il 27/03/1983), avverso la sentenza della Corte di
Appello di Milano, III Sezione penale, in data 11/01/2012.
Sentita la relazione della causa fatta, in pubblica udienza, dal Consigliere
Adriano lasillo.
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottor Nicola Lettieri,
il quale ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

OSSERVA:
z

Data Udienza: 04/04/2013

Con sentenza del 04/04/2011, il G.U.P. del Tribunale di Milano dichiarò
Casini Alessandro Maria responsabile dei reati di rapina aggravata, violenza
privata aggravata e — con le attenuanti generiche equivalenti alle contestate
aggravanti e con la riduzione per la scelta del rito abbreviato – lo condannò
alla pena di anni 3 di reclusione ed € 400,00 di multa.
Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame ma la Corte di
appello di Milano, con sentenza dell’11/01/2012, confermò la decisione di

primo grado.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo che gli
elementi di prova acquisiti non consentono di giungere alla condanna. Invero:
1) i riconoscimenti fotografici non sono “assoluti”; 2) la descrizione dell’autore
della rapina fornita dalla P.O. non corrisponde a quella dell’imputato (che non
ha il naso aquilino); 3) la P.O. ha riferito che l’autore della rapina riconosciuto
parlava con cadenza milanese e aveva due orecchini, ma l’imputato è umbro
e ha solo un lobo forato (secondo il difensore del ricorrente per il punto 3 vi
sarebbe un evidente travisamento della prova).
Il difensore del Casini conclude, pertanto, per l’annullamento
dell’impugnata sentenza.
motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 606 comma 1 cod. proc.
pen., perché propone censure attinenti al merito della decisione impugnata,
congruamente giustificata.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione
non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la
migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la
giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia
compatibile con il senso comune e con “i limiti di una plausibile opinabilità di
apprezzamento”, secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Cass.
Sez. 4A sent. n. 47891 del 28.09.2004 dep. 10.12.2004 rv 230568; Cass.
Sez. 5A sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745; Cass., Sez.
2′ sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).

2

Inoltre il ricorso è inammissibile anche per violazione dell’art. 591 lettera
c) in relazione all’art. 581 lettera c) cod. proc. pen., perché le doglianze (sono
le stesse affrontate dalla Corte di appello) sono prive del necessario
contenuto di critica specifica al provvedimento impugnato, le cui valutazioni,
ancorate a precisi dati fattuali trascurati nell’atto di impugnazione, si
palesano peraltro immuni da vizi logici o giuridici. Infatti la Corte territoriale,
richiamando anche la sentenza di primo grado, ha con esaustiva, logica e

non contraddittoria motivazione, evidenziato tutte le ragioni dalle quali
desume la responsabilità dell’imputato per i reati di cui sopra. In particolare
evidenzia: l’esito dei riconoscimenti fotografici; le dichiarazioni del teste
Lombardi; l’esito della perizia effettuata per accertare se l’imputato avesse
portato orecchini (si veda, sul punto anche la logica ed incensurabile risposta
effettuata da entrambi i Giudici di merito su quanto osservato dal difensore
dell’imputato oggi riproposto nel ricorso); la logica e incensurabile
spiegazione sull’accento del rapinatore; l’arresto in flagranza dell’imputato il
giorno successivo alla commissione dei reati per i quali si procede per un
fatto compiuto nella stessa zona e con modalità analoghe.
A fronte di tutto ciò il ricorrente contrappone solo generiche doglianze in
fatto. In particolare non evidenzia alcuna illogicità o contraddizione nella
motivazione della Corte di appello allorchè conferma la decisione del
Tribunale. Si deve osservare, in proposito, che l’illogicità della motivazione,
come vizio denunciabile, deve essere percepibile ictu oculi, dovendo il
sindacato di legittimità essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza,
restando ininfluenti le minime incongruenze (che tra l’altro nel caso di specie
non si ravvisano). Inoltre, questa Corte Suprema ha più volte affermato il
principio, condiviso dal Collegio, che sono inammissibili i motivi di ricorso per
Cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto
di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento
censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, ex art. 591,
comma primo, lett. c), cod. proc. pen. all’inammissibilità del ricorso (Si veda
fra le tante: Sez. 1, sent. n. 39598 del 30.9.2004 – dep. 11.10.2004 – rv
230634).

3

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché —
ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità — al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.

Così deliberato in camera di consiglio, il 04/04/2013.

dedotti.

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