Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2910 del 11/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2910 Anno 2016
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SACCULLO RUSSELLO PIERLUIGI N. IL 31/03/1977
avverso l’ordinanza n 5191/2010 CORTE APPELLO di MILANO, del
22/11/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;

Data Udienza: 11/11/2015

OSSERVA

2. Il ricorso è inammissibile a cagione della sua manifesta infondatezza.
Questa Corte non ignora corrispondere con maggior aderenza alla
diversità degli spazi della devoluzione una ricostruzione dell’istituto che
tenga distinto l’appello dal ricorso per cassazione. Riprendendo gli
argomenti condivisamente svolti in altra occasione (Cass., Sez. II, n.
36406 del 27/6/2010, Rv. 253893) può affermarsi che «In materia di
impugnazioni, non possono applicarsi, in punto di genericità, all’appello,
gli stessi parametri che operano rispetto al ricorso per cassazione. Infatti,
nell’ambito del giudizio di appello è sufficiente che la parte indichi
specificamente i punti della sentenza di primo grado che richiede che
siano riesaminati dal giudice di appello, indicando le ragioni della
richiesta. Ciò in quanto con i motivi di appello, che non siano inficiati da
una evidente genericità di per sé soli, l’individuazione dei punti della
sentenza oggetto dell’impugnazione dà al giudice di appello la possibilità
di riesaminare il materiale del giudizio senza vincoli che non siano quelli
del limite del punto impugnato (Sez. 1, n. 12066 del 5.10.1992, Makram,
Rv 193438)>>.
Inoltre «L’ammissibilità dell’atto di impugnazione dipende dal tasso di
determinatezza dei motivi che la sostengono, la cui valutazione deve
essere volta ad accertare la chiarezza e specificità dei medesimi in
rapporto ai principi della domanda, della devoluzione e del diritto di
difesa dei contro interessati (Sez. 4, n. 40243 del 30.9.2008, Falcioni, R.
241477). Le norme in materia d’impugnazione sono infatti ispirate ad un
principio di articolato formalismo, nella implicita e necessaria prospettiva
di delimitare nei suoi esatti confini il campo di indagine del giudice del
gravame. Tuttavia tale formalismo non va inutilmente esasperato, ogni
qualvolta in cui sia possibile la sicura individuazione dei vari
elementi dell’atto d’impugnazione, altrimenti mortificandosi il
principio del favor impugnationis. Ne consegue che per stabilirne
l’ammissibilità, l’atto d’impugnazione deve essere valutato nel suo
complesso perché solo attraverso un esame unitario è possibile verificare
la completezza del suo contenuto e, quindi, la sua idoneità a dare
impulso al grado successivo di giudizio (Sez. 6, n. 5414 del 1 O marzo
1995, Marino, Rv 201642; Sez. 6, n. 1472 del 02 novembre 1998,
Archesso, Rv. 213442)>>.
4. Tuttavia, nel caso in esame il ricorrente, del tutto dimentico delle
ragioni che avevano sorretto la determinazione della pena inflitta in primo
grado, invocava con l’appello, in termini sostanzialmente lapidari, il
minimo assoluto, assumendo illogicamente che i motivi che avevano
indotto il Giudice a riconoscere le attenuanti generiche (confessione e
condizione di tossicodipendenza) imponessero anche l’invocata
determinazione nel minimo della pena, la quale, invece, risulta essere
stata scostata, peraltro moderatamente, dal predetto minimo, tenuto
conto delle insidiose modalità del fatto (furto aggravato con strappo,

1. Saccullo Russello Pierluigi ricorre per cassazione contro l’ordinanza,
emessa dalla Corte d’appello di Milano di cui in epigrafe, con la quale
venne dichiarato inammissibile, per difetto di specificità, l’appello
proposto dall’imputato avverso la sentenza emessa in data 5/5/2010 dal
GIP del Tribunale di Monza.

5. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della
Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma
di euro 1.000,00 (mille/00) a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di mille
euro alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 11 novembre 2015

fATA

consumato con l’uso di un motociclo). La doglianza, quindi, a cagione
della sua intrinseca inconferenza, è stata correttamente giudicata
inammissibile dalla Corte territoriale.
L’aver col ricorso insistito in una tale prospettazione, senza, anche in
questo caso, essere andato più in là di una semplice reiterazione della
pretesa disattesa, rende anche il detto strumento impugnatorio
inammissibile.

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