Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29099 del 23/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29099 Anno 2014
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
VADINI ANGELO N. IL 11/10/1963
avverso la sentenza n. 564/2012 CORTE APPELLO di ANCONA, del
20/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;

Data Udienza: 23/04/2014

Fatto e diritto

VADINI ANGELO ricorre sentenza di cui in epigrafe che, confermando quella di primo
grado, l’ ha riconosciuto colpevole della duplice cessione della sostanza stupefacente del
tipo eroina e, unificate le violazioni sotto il vincolo della continuazione, concessa

dieci di reclusione ed euro 3.000,00 di multa ( fatti del 5 ottobre 2011).

Con il ricorso,

contesta il giudizio di responsabilità, nonché il diniego delle attenuanti

generiche, motivato con la valorizzazione negativa dei precedenti penali plurimi e
considerandosi la pena irrogata come congrua.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Vi è da rilevare come il motivo in punto di responsabilità si risolva in una doglianza
meramente assertiva e assolutamente generica, che comunque integra una censura
inammissibile sulle modalità valutative del compendio indiziario, che il giudice di merito
ha sviluppato – in linea con quello di primo grado- in modo ampiamente convincente sull’
apprezzamento della vicenda [accertamento in flagranza e disamina per uno degli episodi
di un sms intervenuto tra l’imputato e il cessionario della droga], fornendo dimostrazione
non illogica della responsabilità dell’imputato.

Incensurabile è anche il diniego delle generiche, motivato nei termini suddetti.

Non vi è spazio per una censura in questa sede, anche perché, come è noto, con specifico
riguardo alle generiche vale il principio secondo cui il riconoscimento o il diniego delle
circostanze attenuanti generiche e più in generale l’apprezzamento sul trattamento

l’attenuante di cui al comma 5 dell’art 73, dpr 309/90, lo condannava alla pena di mesi

sanzionatorio sono rimessi al potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio
deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente il pensiero del
decidente circa l’adeguamento della pena in concreto inflitta alla gravità effettiva del
reato ed alla personalità del reo. Pertanto, nella determinazione della sanzione ben
possono essere presi in esame uno o alcuni soltanto degli elementi indicati dall’articolo
133 c.p., purchè della scelta decisoria adottata si dia adeguatamente conto in
motivazione (cfr., di recente, Sezione II, 23 settembre 2009, Proc. gen. App. Genova in
proc. Kerroum).

a

Il relativo apprezzamento è censurabile in cassazione solo quando sia frutto di mero
arbitrio o di ragionamento illogico.

Ciò che qui deve senz’altro escludersi avendo il giudice motivato, con puntuale
argomentazione, le ragioni del proprio convincimento, nei termini suesposti.

Sul punto, merita ricordare le regole già dettate da questa Corte per le diverse situazioni.

A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, che ha comportato il
ritorno alla disciplina sanzionatoria prevista nell’articolo 73, commi 1 e 4, del dpr 9
ottobre 1990 n. 309, e dell’approvazione del decreto legge 23 dicembre 2013 n. 146,
convertito nella legge 21 febbraio 2014 n. 10, che, a sua volta, ha trasformato in reato
autonomo il fatto di “lieve entità” di cui al comma 5 dell’articolo 73, intervenendo sulla
relativa disciplina sanzionatoria, la questione della norma più favorevole applicabile ai
fatti commessi nella vigenza della legge n 49 del 2006, su cui è intervenuta la
declaratoria di incostituzionalità [ossia per i fatti commessi dal 28 febbraio 2006 al 24
dicembre 2013], va risolta, infatti, di volta in volta, distinguendo tra diverse situazioni.

Pertanto, quanto ai fatti “non lievi”, trova applicazione la legge n. 49 del 2006 ove si
tratti di droga pesante, in quanto la norma dichiarata incostituzionale ( ossia l’art. 73,
comma 1, nella formulazione della predetta legge cd. Fini-Giovanardi) prevede una pèena
( da 6 a 20 anni) inferiore nel minimo a quella ( da 8 a 20 anni) della precedente legge
del 1990, cd. Iervolino Vassalli ed è , pertanto, più favorevole per l’imputato; nel caso di
droga leggera, trova applicazione, invece, l’articolo 73, comma 4, del dpr n. 309 del
1990, in quanto la pena prevista ( da 2 a 6 anni) è inferiore a quella ( da 6 a 20 anni)
prevista dalla legge Fini- Giovanardi del 2006 .

Va verificata peraltro l’applicabilità del novum normativo.

Quanto ai fatti “lievi”, ove trattasi di droga pesante [è il caso qui di interesse], in ogni
caso ( qualunque sia stato l’esito del giudizio di comparazione della circostanza
attenuante speciale) risulta in ogni caso più favorevole la disciplina introdotta con il
decreto legge n. 146 del 2013, che prevede una pena da 1 a 5 anni ; ove si tratti di droga
leggera, assume rilievo, invece, l’esito dell’eventuale giudizio di comparazione di cui
all’articolo 69 c.p., giacchè, ove questo abbia visto assegnare prevalenza alla circostanza
attenuante speciale, norma più favorevole risulterà il comma 5 del dpr n. 309 del 1990,
come introdotto dall’articolo 14 della legge n. 162 del 1990, che stabilisce la pena da 6
mesi a 4 anni ( la legge Giovanardi- Fini, prevede la pena da 1 a 6 anni, il nuovo decreto
legge da 1 a 5 anni); ove, al contrario, il giudizio di bilanciamento abbia visto

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equivalente o subvalente la circostanza del fatto lieve, risulterà più favorevole la norma
introdotta dal decreto legge n. 146 del 2013 [ Sezione IV, 28 febbraio 2014- 24 marzo
2014 n. 13903, Spampinato.]

Venendo alla situazione in esame, ritiene il Collegio che nella specie la pena base è stata
determinata in misura assai prossima al minimo edittale, onde può ritenersi che non rilevi
il nuovo, inferiore, limite massimo; né il reato risulta prescritto in base ai più favorevoli

Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa del ricorrente (Corte Cost., sent. 713 giugno 2000, n. 186), consegue la condanna del ricorrente medesimo al pagamento
delle spese processuali e di una somma, che congruamente si determina in mille euro, in
favore della cassa delle ammende.

P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso nella camera di consiglio in data 23 aprile 2014

Il Consigliere estensore

Presidente

termini di prescrizione collegati alla nuova qualificazione giuridica del reato.

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