Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29097 del 23/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29097 Anno 2014
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
HALILOVIC MESSINA N. IL 15/06/1974
avverso la sentenza n. 20188/2012 TRIBUNALE di ROMA, del
19/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 23/04/2014

Ritenuto in fatto
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Halilovic Messina avverso la sentenza emessa
in data 19.12.2012 ai sensi dell’art. 444 c.p.p. dal Giudice monocratico dét vRoma che
applicava alla predetta la pena concordata di mesi dodici di reclusione ed € 6.000,00 di
multa per il delitto di cui all’art. 73 comma 5 0 dPR 309/1990 (illecita detenzione di di 5,2, gr.
di cocaina).
Deduce il vizio motivazionale in relazione al mancato proscioglimento ai sensi dell’art. 129

Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile essendo basato su censura non consentita nella presente sede di
legittimità e manifestamente infondata.
Il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’articolo 129 c.p.p.
deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o
dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause
di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione
consistente nell’enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica richiesta dalla
legge e che non ricorrono le condizioni per una pronuncia di proscioglimento ai sensi della
disposizione citata. Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr.

ex plurimis, Cass.

pen. Sez. Un., n. 10372 del 27.9.1995, Rv. 202270, Serafino), l’obbligo della motivazione
della sentenza di applicazione concordata della pena va conformato alla particolare natura
della medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché
succintamente, come nel caso di specie, di aver proceduto alla delibazione degli elementi
positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica del
fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la congruità della
pena, la concedibilità della sospensione condizionale della pena ove la efficacia della richiesta
sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di
proscioglimento a norma dell’articolo 129 c.p.p.).
Consegue l’inammissibilità del ricorso e, con essa, la condanna della ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, alla
luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000,
sussistendo profili di colpa, si ritiene equo determinare in euro 1.500,00 in favore della cassa
delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro millecinquecento alla cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 23.4.2014

c.p.p..

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