Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29097 del 03/05/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 29097 Anno 2013
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: SARNO GIULIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VIGILANTE MICHELE N. IL 03/05/1933
avverso l’ordinanza n. 136/2012 TRIB. LIBERTA’ di AVELLINO, del
21/12/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIULIO SARNO .
1e./sentite le conclusioni del PG Dott. V4 ,e.J…;)::ur….2.-__ Aeti”-§-kc›

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 03/05/2013

1. Vigilante Michele, propone di ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in epigrafe
con la quale il tribunale di Avellino ha rigettato l’appello avverso il rigetto dell’istanza
di revoca del sequestro preventivo dell’immobile emesso dal gip del medesimo
tribunale in data 14 novembre 2012.
2. Come si rileva dai motivi di ricorso la pubblica accusa contesta, sulla base di una
consulenza tecnica del pubblico ministero, che la palazzina del ricorrente, attraverso
la previsione di una ulteriore unità immobiliare abitabile a destinazione di studio
professionale sul piano sottotetto (quarto piano), si pone in evidente contrasto con la
disposizione relativa al numero massimo di piani ed all’altezza dei fabbricati in zona
C3 del piano regolatore comunale in quanto in contrasto con le disposizioni
dell’articolo 5 delle norme tecniche di attuazione che impongono solo tre piani fuori
terra ed un’altezza massima di 10 rnt.
Il ricorrente, per ovviare ai rilievi formulati, ha presentato una s.c.i.a. nel settembre
2012 per cambiare la destinazione d’uso del piano sottotetto da studio professionale a
volume tecnico.
3. il tribunale del riesame ha ritenuto che la modifica di destinazione d’uso di un
immobile o di parte di esso non può essere oggetto di s.c.i.a. per effetto dell’articolo
22 comma 2 del d.p.r. 380/ 2001 ed inoltre che il mutamento di destinazione d’uso
del sottotetto da volume abitabile a deposito occasionale non comporta che il
sottotetto possa essere considerato un volume tecnico perché rientrano in tale
nozione i locali complementari all’abitazione quali le soffitte, i locali lavanderia, quelli
di sgombero le disperse.
4. Deduce il ricorrente in questa sede:
4.1 inosservanza o erronea applicazione della legge penale, mancanza di motivazione
e travisamento del fatto assumendo che il tribunale avrebbe frainteso la questione
posta con il motivo di appello argomentando che la destinazione d’uso del sottotetto
da volume abitabile a deposito occasionale non comporta che esso possa essere
considerato un volume tecnico. Il punto evidenziato nei motivi di impugnazione
avrebbe riguardato infatti un altro aspetto e, cioè, che la violazione dell’altezza
massima del fabbricato in zona C3 era riconducibile unicamente alla presenza di vani
abitabili nel sottotetto e che la s.c.i.a. sarebbe stata presentata proprio per cambiare
la destinazione d’uso del piano sottotetto da studio professionale a volume tecnico in
modo da sanare l’abuso. Da qui il rilievo dell’apparenza della motivazione.
4.2 inosservanza e/o erronea applicazione delle norme processuali, vizio di
motivazione e/o travisamento del fatto avendo il gip motivato il rigetto della richiesta
di revoca del sequestro preventivo limitandosi a richiamare le motivazioni addotte dal
pubblico ministero senza allegarle o trascriverne il contenuto ed avendo il tribunale
del riesame, nel rispondere sul punto, erroneamente equiparato l’appello cautelare
all’appello ordinario, assumendo la possibilità di integrare eventuali carenze
motivazionali con l’ordinanza decisoria.
5. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
5.1 Esaminando nell’ordine il secondo motivo il cui accoglimento determinerebbe
l’annullamento dell’ordinanza impugnata già per motivi procedurali, si rileva anzitutto
che la giurisprudenza della Corte è consolidata nel senso che il giudice dell’appello
cautelare può, nell’ambito del “devolutum”, integrare la motivazione del
provvedimento impugnato, evitandone l’annullamento (ex multis Sez. 1, n. 27677 del
10/06/2009 Rv. 244718).
5.2 Quanto all’ulteriore rilievo oggetto del medesimo motivo si rileva quanto segue.
Il richiamo integrale alle motivazioni di altri provvedimenti non comporta inoltre alcun
onere di allegazione o di integrale trascrizione di essi nel caso di atti del procedimento
penale che la parte è stata posta in grado di conoscere o in quanto direttamente
notificati o, comunque, ricompresi tra gli atti che il pubblico ministero ha inoltrato a
seguito della richiesta di riesame.

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Nella specie il tribunale ha richiamato in motivazione le argomentazioni del CT del PM
in ordine alla eccedenza dell’altezza del fabbricato, e si appalesa evidente la
conoscenza del contenuto dell’elaborato da parte della difesa avendo quest’ultima
allegato ai motivi di appello alcune pagine della citata consulenza ed avendo anche il
consulente di parte dell’odierno ricorrente espressamente confutato nel proprio
elaborato i rilievi della consulenza d’ufficio nella propria relazione depositata anch’essa
dinanzi al tribunale del riesame, così come indicato in calce all’odierno ricorso.
Il richiamo ha per oggetto, pertanto, non solo atti agevolmente conoscibili
dall’interessato (condizione questa evidenziata nelle decisioni della Corte citate nel
ricorso) ma di atti effettivamente conosciuti dalla difesa, ditalchè la questione appare
speciosamente proposta in questa sede.
6. In relazione al restante motivo il tribunale ha in realtà risposto in maniera
pertinente ai rilievi formulati con i motivi di appello.
Il Vigilante aveva dedotto in quella sede di avere legittimamente sanato l’abuso con la
presentazione della s.c.i.a.
Sul punto, tuttavia, il tribunale ha risposto in maniera assolutamente pertinente
evidenziando per un verso che nella specie l’intervento non poteva essere oggetto di
s.c.i.a. esulando dalla stessa la modifica della destinazione di uso di un immobile e,
per altro verso, richiamando la giurisprudenza amministrativa, secondo cui,
trattandosi di volumi suscettibili di abitazione o di assolvere funzioni complementari,
di essi si dovesse comunque tenere conto nel computo delle altezze e dei piani.
Quest’ultimo rilievo sottolineando il carattere oggettivo della nozione di volume
tecnico è senz’altro decisivo in quanto non rende possibile ritenere che il mutamento
di destinazione possa essere ricondotto ad un mero atto di volontà della parte
attraverso la presentazione della s.c.i.a. e, di conseguenza, dovendosi computare
nell’altezza e nel numero dei piani dell’edificio anche il sottotetto, conferma
l’irregolarità dell’edificio in quanto certamente non conforme agli strumenti urbanistici.
E’ alla fase di merito che andrà devoluto l’esame dei dubbi interpretativi posti dal
consulente della difesa in relazione alle disposizioni degli artt. 5 e 35 delle NTA.
Occorre infatti ricordare che in questa fase è sufficiente la valutazione del fumus del
reato.
A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle
spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa
delle ammende, fissata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di
euro 1000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della
somma di euro 1000.
Così deciso, il giorno 3.5.2013

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