Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29082 del 11/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29082 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MULLIRI GUICLA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:

Susasso Felice, nato a Napoli il 3.6.67
imputato art. 73 T.U. stup.
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Firenze del 5.6.12

Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;
osserva

Il ricorrente è accusato di avere detenuto a fini di spaccio 20 fiale di eroina. In primo
grado, previa riconduzione del fatto nell’alveo del comma 5, esclusa la recidiva, con la
riduzione per il rito abbreviato, gli è stata irrogata la pena di 2 anni di reclusione e 6000 €.
La corte d’appello, con la decisione qui impugnata, ha ridotto ulteriormente la pena, ex
art. 133 c.p., ad 1 anno e 6 mesi di reclusione e 3000 € di multa.
Nel primo motivo del presente gravame, si contesta la violazione della legge penale
per erronea riconduzione del fatto nella previsione dell’art. 73 T.U. stup. visto che la finalità di
spaccio dovrebbe essere dimostrata dall’accusa mentre entrambi i giudici di merito hanno
ritenuto la destinazione a terzi solo per la suddivisione dello stupefacente in 20
microcontenitori di plastica. Si lamenta, in ogni caso (con secondo motivo), mancanza di
motivazione perché i giudici di secondo grado si sono limitati a riportarsi alle parole della
prima sentenza.

Data Udienza: 11/04/2014

Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 €.
P.Q.M.
Visti gli artt. 610 e ss. c.p.p.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 €.

Così deciso in Roma nell’udienza dell’Il aprile 2014

dente

Il ricorso è manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. Il primo motivo denuncia
una inesistente erroneità nell’applicazione della norma attraverso una messa in discussione
della “lettura” che i giudici hanno dato alle prove acquisite. Essi, infatti, hanno concordemente
ritenuto la ricorrenza dell’ipotesi delittuosa contestata sottolineando, non solo, l’elevata
percentuale di principio attivo puro (47, 2%) e, di conseguenza anche l’alto numero di dosi
ricavabili, ma anche e soprattutto le modalità di presentazione della droga (già suddivisa in tante
piccole fiale). Il ricorrente obietta che non si tratta di dato univoco ma, così facendo, incorre
nell’errore di mettere in discussione un apprezzamento di merito del tutto congruo, logico,
conforme ai principi giurisprudenziali in materia ed aderente alle emergenze processuali.
In quanto tale, la motivazione dei giudici di merito è ineccepibile visto che, in questa
sede di legittimità, l’unico controllo sulla motivazione attiene alla sua esistenza grafica e logica
mentre si sottrae al sindacato la valutazione della possibilità di interpretare i fatti in modo
alternativo anche ove – ma tale non è neanche il caso in esame – ciò sia astrattamente
possibile.
E’, quindi, destituita di fondamento anche l’ulteriore motivo perché privo di
giustificazione visto che la, pur sintetica, sentenza impugnata risulta adeguata a spiegare il
ragionamento che ha indotto i giudici di secondo grado a confermare la prima sentenza.
Vi è da soggiungere da ultimo che – essendo, medio tempore, intervenute delle novità
legislative in tema di disciplina agli stupefacenti (v. D.L. 23.12.13 n. 146, conv. L. 10/14) ed, in
particolare, il comma 5 dell’art. 73 T.U. stup. è ora configurato come fattispecie autonoma – il
provvedimento impugnato non appare censurabile neppure nella nuova prospettiva nel senso
che la pena irrogata è legale perché, in un certo qual modo “anticipando la riforma”, i giudici,
già al tempo della pronuncia della prima e della presente sentenza, avevano tarato la pena
sui parametri del comma 5 considerato come fattispecie autonoma e non circostanza
attenuanti (così come era all’epoca).

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