Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2908 del 23/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 2908 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
URBANO SERGIO BRUNO N. IL 08/11/1959
avverso la sentenza n. 2012/2013 TRIBUNALE di BELLUNO, del
05/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per i

e

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 23/10/2013

#

FATTO E DIRITTO
Propone personalmente ricorso per cassazione Urbano Sergio, avverso la sentenza del Tribunale di Belluno
in data 5 novembre 2012, con la quale è stata confermata quella di primo grado, di condanna in ordine ai
reati di lesioni personali volontarie, ingiuria e minacce, commessi il 27 novembre 2006, in danno di De
Moliner Barbara Maria.
Deduce
1) l’ inosservanza della legge penale e il vizio della motivazione.
alla deposizione della parte civile – non valutata nella sua attendibilità- e non alla contraria versione
fornita dall’imputato e da sua moglie.
Secondo tale ultima versione, risulterebbe diversa la scena dei fatti, l’imputato non avrebbe proferito
ingiurie né minacce e, una volta sceso dalla propria vettura, si sarebbe limitato a dare una sberla alla
persona offesa.
La deposizione della teste dell’accusa, Susana, era risultata a conforto di tale ricostruzione;
2) l’ inosservanza della legge penale, con particolare riferimento al reato di lesioni.
In tale fattispecie giuridica era stata inquadrata la condotta dell’imputato, in realtà produttiva di un
semplice arrossamento dalla guancia della persona offesa, come attestato anche nel certificato del
pronto soccorso.
Siffatto quadro clinico corrisponde agli esiti – peraltro nemmeno comprovati quanto a durata -di una
percossa e non configura alcuna malattia penalmente rilevante;
3) l’inosservanza della legge penale in tema di minacce.
Il male ingiusto prospettato dall’imputato era stato quello di “spaccare il regolamento di condominio
sulla testa” della persona offesa, ossia un’evenienza impossibile tanto da determinare anche
l’insussistenza del reato contestato secondo la costante giurisprudenza (sent. n. 35914 del 2010);
4) l’inosservanza dell’articolo 599 c.p. in tema di ingiurie.
Era emerso, dalle dichiarazioni dell’imputato e di sua moglie, che la persona offesa aveva a sua volta
insultato, con parole o con gesti, l’imputato.
Ad ogni buon conto, costui aveva reagito ad una provocazione, come si desume dal fatto che aveva
contestato alla persona offesa la regolarità del parcheggio.
Il ricorso è fondato nei termini che si indicheranno.
Invero, il primo motivo di ricorso è inammissibile poiché denuncia una erronea valutazione delle prove da
parte del giudice del merito, ossia consiste nella esposizione delle ragioni di non condivisione della
valutazione sulla prova effettuata dal giudice, che è un tema estraneo alla competenza del giudice della
legittimità.
La Cassazione, infatti, come è chiaramente desumibile dall’articolo 606 cpp, può essere adita con richiesta
di controllo sulla completezza e sulla logicità (solo se manifestamente carente) della motivazione con la
quale il giudice esprime e giustifica la valutazione probatoria che ad esso soltanto compete.
Pertanto, con il ricorso, la parte non può sostenere di non condividere tale valutazione poiché, così
facendo, finisce per sollecitare al giudice della legittimità una inammissibile rivalutazione del materiale
probatorio.
1

Lamenta l’impugnante che, del tutto ingiustificatamente, il giudice del merito avrebbe prestato credito

D’altra parte, la motivazione della sentenza impugnata è del tutto esaustiva e non manifestamente illogica
laddove contiene una disamina accurata delle ragioni per le quali il giudice ha ritenuto attendibile la
ricostruzione della persona offesa, corroborata, in minima parte, da altra deposizione testimoniale e,
altresì, dalle risultanze del certificato medico oltre che da considerazioni di carattere logico, formulate sulla
base delle dichiarazioni dell’amministratore del condominio su pregresse iniziative analoghe da parte
dell’imputato.
Il terzo motivo è manifestamente infondato, atteso che è stata ritenuta fondatamente di natura
minacciosa, l’espressione rivolta dall’imputato alla persona offesa, contenente la prospettazione di un
grave male fisico quale quello dello spaccarle la testa.
che la stessa espressione sia diversamente considerata ponendo l’accento, anziché sul menzionato male
ingiusto, sul particolare, del tutto marginale, dell’aver detto, l’imputato, che la stessa condotta egli avrebbe
posto in essere impugnando il regolamento di condominio.
Infatti, anche in tale ultima evenienza, il turbamento al quale la persona offesa è stata esposta è derivato
dalla promessa di un male futuro alla propria incolumità fisica, comunque concreto sol che si consideri che,
per “spaccare” la testa d’una persona con un regolamento di condominio, l’azione lesiva è quella realizzata
non con il detto regolamento ma con il pugno che lo contiene.
Il quarto motivo presenta lo stesso connotato di inammissibilità già evidenziato a proposito del primo,
considerato che esso viene articolato alla luce di una ricostruzione proveniente da soggetti che il giudice del
merito ha ritenuto di non accreditare, sulla base di una motivazione non ulteriormente censurabile.
Fondato appare invece il secondo motivo.
Sulla differenza tra il reato di percosse e quello di lesioni, la giurisprudenza di questa Corte ha osservato che
tali reati hanno in comune l’elemento soggettivo, che consiste nella volontà di colpire taluno con violenza
fisica.
L’unica differenza tra i due reati va ravvisata nelle conseguenze che la violenza produce.
Infatti, il primo reato è caratterizzato dalla condizione negativa, per cui la violenza non abbia cagionato, al
di fuori di una eventuale sensazione dolorosa, effetti patologici costituenti malattia e cioè non si siano
prodotte alterazioni organiche o funzionali sia pure di modesta entità.
Pertanto, nel caso in cui, a seguito delle percosse subite, la vittima riporti un trauma contusivo, che
determini una alterazione delle normali funzioni fisiologiche dell’organismo, tali da richiedere un processo
terapeutico con specifici mezzi di cura e appropriate prescrizioni mediche (rv. 170189; rv 247518),o, peggio,
riporti una ecchimosi ( rv 246679), si configura il delitto di lesioni volontarie.
Nel caso di specie, dovendosi prendere le mosse dal rilievo che la condotta tenuta dall’imputato è consistita
nell’infliggere una sberla alla persona offesa, si nota che il giudice ha ritenuto che fosse stata cagionata una
“malattia” perché sul certificato medico versato in atti era attestato un “evento post-traumatico”.
Si tratta, però, di una dizione del tutto generica , non adatta di per sé a chiarire in modo adeguato se
corrispondesse alla rilevazione obiettiva di un apprezzabile trauma contusivo, nei sensi sopra indicati,
oppure della mera attestazione sintetica di un racconto ricevuto dalla persona visitata.
Si impone un nuovo esame sul punto, da parte del giudice del rinvio, che si uniformerà al principio di diritto
enunciato.
PQM
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di lesioni, con rinvio al Tribunale di Belluno per
nuovo esame. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma il 23 ottobre 2013
Il Presidente

il Cons. est.

È il ricorrente che, ancora una volta incorrendo in una inammissibile e diversa ricostruzione dei fatti, chiede

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