Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29073 del 11/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29073 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MULLIRI GUICLA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Torromino Giuseppe, nato a Crotone il 19.2.58
imputato art. 73 T.U. stup.
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro del 12.6.13

Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;
osserva
Accusato di avere detenuto illecitamente 48 gr di marijuana, il ricorrente, previo
riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 73 comma 5 e con le attenuanti generiche equivalenti
alla recidiva, è stato condannato alla pena di 1 anno e 6 mesi di reclusione e 3000 € di multa
che la Corte d’appello ha confermato con la sentenza qui impugnata.
Il gravame qui proposto censura l’affermazione di responsabilità e la ritenuta finalità di
spaccio sul rilievo che non è stata rinvenuta strumentazione a tal fine.
Il ricorso è inammissibile perché generico e, sostanzialmente, in fatto, vale a dire,
tendente ad ottenere da questa S.C. una rivisitazione degli elementi acquisiti nel processo per
trarre da essi conclusioni diverse e più favorevoli. Si tratta, però, di un auspicio frutto di un
palese fraintendimento del ruolo che questa S.C. deve svolgere, specie nel controllo della
motivazione. Esso, infatti, deve essere solo diretto a verificarne la esistenza, la corrispondenza
alle risultanze probatorie ed il fatto che queste ultime siano state commentate in modo non
manifestamente illogico né contraddittorio. In tale compito non rientra certamente la possibilità

Data Udienza: 11/04/2014

Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 €.

P.Q.M.
Visti gli artt. 610 e ss. c.p.p.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 €.

Così deciso in Roma nell’udienza dell’Il aprile 2014

Il Pr sidente

di apprezzare le eventualità – pur esistente – che gli stessi fatti siano suscettibili di una diversa
lettura perché sede ciò si facesse, questa fase processuale si trasformerebbe in un terzo grado
di merito.
Nello specifico, quindi, è sufficiente constatare che i giudici di merito hanno apprezzato
tutte le emergenze e le hanno commentate in modo logico respingendo la (analoga) tesi
difensiva sul rilievo che la destinazione ad uso personale della droga non è compatibile, in
primis, con il quantitativo, secondariamente «n relazione al tempo di ordinario scadimento
dell’effetto stupefacente della sostanza», elementi ai quali si aggiunge l’accertata disponibilità
di strumento di pesatura e «soprattutto l’incapacità dell’imputato di indicare con quali risorse
economiche avesse potuto far fronte ad un esborso di tal fatta».
Agevole constatare, quindi, la piena adeguatezza della motivazione impugnata di certo
non intaccata dalle generiche censure del ricorrente.
Vi è anche da soggiungere che – essendo, medio tempore, intervenute delle novità
legislative in tema di disciplina agli stupefacenti (v. D.L. 23.12.13 n. 146, conv. L. 10/14) ed, in
particolare, il comma 5 dell’art. 73 T.U. stup. è ora configurato come fattispecie autonoma – il
provvedimento impugnato non appare censurabile neppure nella nuova prospettiva. Ed infatti,
la pena irrogata è legale perché, in un certo qual modo “anticipando la riforma”, il giudice, già
al tempo della pronuncia della prima sentenza, ha tarato la pena sui parametri del comma 5
considerato come fattispecie autonoma e non circostanza attenuante (così come era all’epoca).

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