Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2907 del 11/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2907 Anno 2016
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FOIS EMANUELE N. IL 26/09/1973
avverso la sentenza n. 3805/2015 TRIBUNALE di ROMA, del
27/02/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;

Data Udienza: 11/11/2015

OSSERVA

deducendo che la fattispecie andava ricondotta all’ipotesi di cui al comma
quinto dell’art. 73 del d.P.R. n. 309/1990 (fatto di lieve entità).
2. Il ricorso è inammissibile, ex articolo 606, comma 3, c.p.p., perché
proposto per motivi manifestamente infondati e, ex articolo 591, comma
1, lettera c), c.p.p., in quanto i motivi sono privi del requisito della
specificità, consistendo nella generica esposizione della doglianza senza
alcun contenuto di effettiva critica alla decisione impugnata.
Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis Cass.
S.U. 27 settembre 1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della
sentenza di applicazione concordata della pena va conformato alla
particolare natura della medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il
giudice dia atto, ancorché succintamente, di aver proceduto alla
delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo
delle parti, la corretta qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di
eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la congruità della
pena, la concedibilità della sospensione condizionale della pena ove la
efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che
non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma
dell’articolo 129 c.p.p.).
Nel caso di specie, quanto al mancato riconoscimento della fattispecie di
cui al quinto comma dell’art. 73, correttamente il giudice di merito ha
valutato il fatto di non minima offensività, tenuto conto del quantitativo di
stupefacente sequestrato, idoneo al confezionamento di quasi trecento
dosi medie giornaliere di hashish.
Ne consegue, come questa Corte ha più volte avuto modo di affermare,
che l’imputato non può prospettare con il ricorso per cassazione censure
che coinvolgono il patto dal medesimo accettato, a meno che la pena
determinata non sia stata quantificata in modo illegittimo (Cass. VI,
21\4\2004, n. 18385).
Nella concreta fattispecie, la pena è stata applicata nella misura richiesta
e la valutazione in ordine alla congruità della medesima, alla
qualificazione del fatto ed alla ricorrenza delle circostanze risulta
effettuata in modo corretto. Resta, pertanto, preclusa ogni successiva
doglianza al riguardo.
3. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento e al pagamento a favore della
Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma
di euro 1.500,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di millecinquecento
euro alla Cassa delle ammende.
Così deci in oma il 11 novembre 2015

1. A Fois Emanuele con la sentenza di cui in epigrafe è stata applicata la pena
dalle parti concordate. L’imputato assume essere stata violata la legge,

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