Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29064 del 28/03/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 29064 Anno 2013
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: ROSI ELISABETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BORMOLINI ROBERTO N. IL 01/11/1975
avverso la sentenza n. 662/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
08/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/03/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ELISABETTA ROSI
Udito il Procuratore Gengale in per ona del Dott. 1—-td2,11„
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che ha concluso per ■:.y rk

Udi , per la parte civile, l’Avv
dit i difensor Avv.

Data Udienza: 28/03/2013

Ritenuto che con sentenza dell’8 marzo 2012, la Corte di Appello di Milano ha
confermato la sentenza del Tribunale di Sondrio, che ha condannato Bormolini
Roberto alla pena di mesi cinque di reclusione, dichiarandolo responsabile del
reato di cui all’art. 10 bis del d.lgs. n. 74 del 2000, per non avere versato entro il
termine previsto per la dichiarazione annuale di sostituto di imposta, ritenute
risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti per un ammontare superiore ad
euro 50.000, per il periodo d’imposta 2004; fatto commesso in Sondrio, il 30
settembre 2005;

lamentando: 1) Violazione dell’art. 10 bis d.lgs n. 74 del 2000, in relazione
all’art. 2 c.p. ed illogicità e carenza di motivazione, poiché l’interpretazione
adottata dalla Corte d’appello violerebbe il principio di irretroattività. La condotta
dell’imputato, infatti, è stata posta in essere in epoca antecedente all’entrata in
vigore dell’art. 414 della legge n. 311 del 2004 (Finanziaria 2005, entrata in
vigore 1 1 1 gennaio 2005), che ha introdotto il delitto di cui all’art. 10 bis del d.lgs.
n. 74 del 2000, pertanto, la novella legislativa non avrebbe potuto essere
applicata a condotte omissive pregresse, sicché l’omesso versamento delle
ritenute certificate riferite al periodo di imposto 2004, avrebbe potuto costituire
al più un illecito amministrativo; 2) Violazione dell’art. 43 c.p., per carenza di
motivazione quanto all’elemento soggettivo del reato; 3) Violazione dell’art. 53
legge n. 689 del 1081, manifesta illogicità e carenza di motivazione, quanto alla
richiesta di conversione della pena detentiva in pecuniaria;

Considerato che il primo motivo propone una censura non priva di consistenza
quando fu presentato il ricorso, posto che sul punto si era creato un contrasto
nella giurisprudenza di legittimità, risolto dalla sentenza delle Sezioni Unite del
28 marzo 2013, Favellato che ha confermato quanto già sostenuto da Sez. 3, n.
25875 del 26/05/2010, Olivieri, Rv. 248151, ossia che il reato di omesso
versamento di ritenute certificate da parte del sostituto d’imposta ha ad oggetto
le ritenute complessivamente operate nell’anno di imposta cui si riferisce la
soglia di punibilità fissata dalla norma, e prevede quale termine , per
l’adempimento quello stabilito per la presentazione della dichiarazione annuale di
sostituto di imposta, ossia il 30 settembre dell’anno successivo a quello cui si
riferisce la dichiarazione, con la conseguenza che col maturare di tale scadenza
si verifica l’evento dannoso per l’Erario previsto dalla fattispecie penale; da ciò
consegue che la condotta omissiva propria, che ha ad oggetto il versamento
delle ritenute afferenti all’intero anno di imposta, si protrae fino alla scadenza del
termine precedentemente citato, che coincide con la data di commissione del
reato, a nulla rilevando che le condotte omissive previste dalla normativa

che, avverso la sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione,

tributaria fossero puniti quali illeciti amministrativi, per cui non è ravvisabile
alcuna violazione del principio di irretroattività;
che, nel caso di specie, la Corte territoriale ha applicato correttamente il citato
principio di diritto ed ha evidenziato come l’imputato non avesse provveduto al
versamento delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti alla
data del 30 settembre 2005, ponendo con ciò in essere la condotta penalmente
rilevante in epoca successiva all’entrata in vigore della fattispecie di cui all’art.
10 bis del d.lgs. n. 74 del 2000;

sentenza impugnata ha arnpliamente dato conto delle ragioni della ritenuta
sussistenza del dolo generico richiesto dalla fattispecie, atteso il ruolo rivestito
dall’imputato nella società, non potendo avere alcuna rilevanza la ipotizzata
situazione di difficoltà economica della stessa assunta dal ricorrente;
che, la valutazione in ordine alla mancata concessione della conversione della
pena detentiva in pecuniaria (terzo motivo di ricorso) è censurabile in sede di
legittimità solo per mancanza o manifesta illogicità della motivazione, mentre,
nel caso di specie, il ricorrente ha finito con il chiedere a questa Corte una
diversa valutazione nel Merito, valutazione preclusa al giudice di legittimità a
fronte di una congrua motivazione sulle ragioni, ben esplicitate nella motivazione
della decisione impugnata, per le quali i giudici di appello hanno ritenuto di non
disporre la conversione della pena detentiva in pecuniaria;
che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente deve essere
condannato, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali

P.Q.M.

Rigetta il ricorso

e

condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

Così deciso in Roma, il 28 marzo 2013

Il c

liere estensore

Il Presidente

che risulta manifestamente infondato il secondo motivo di ricorso, in quanto la

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