Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29062 del 28/03/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 29062 Anno 2013
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: ROSI ELISABETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BENINI DANIELA N. IL 19/01/1957
avverso la sentenza n. 2671/2010 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 18/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/03/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ELISABETTA ROSI
Udito Procuratore Ge rale in persona del Dott. Tliak-C-2,-)Lo ,496–0-1)<=5 che ha concluso per DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL — 9 LUG 2013 C 01.LIERE a I. , Ud" o, per la parte civile, l'Avv dit i difensor Avv. Data Udienza: 28/03/2013 Rilevato che, con sentenza del 18 gennaio 2012, la Corte di Appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Ferrara, che ha condannato Benini Daniela alla pena di mesi quattro di reclusione, pena condonata, dichiarandola colpevole del delitto di cui all'art. 10 bis del d.lgs. n. 74 del 2000, perché non aveva versato entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta le ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti per l'ammontare di euro 93.429,00 (e dunque per un ammontare superiore ad euro 50.000) per il periodo di imposta 2004; in Ferrara il 26 che, avverso la sentenza, l'imputata ha proposto ricorso per cassazione lamentando: a) l'erronea applicazione della legge penale ex art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p. in relazione al mancato riconoscimento che la stessa ricopriva il ruolo di amministratore solo formalmente, essendo stata lontana dalla gestione della società per motivi di salute, avendo la giurisprudenza equiparato l'amministratore di fatto a quello nominato; b) mancata assunzione di prova decisiva per mancata rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, al fine di accertare il ruolo svolto dall'imputata nella società nel periodo nel quale furono commessi . i fatti per cui è processo; Considerato che il primo motivo di ricorso è infondato e che va premesso che, per quanto attiene al sindacato della motivazione della sentenza impugnata, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione degli elementi probatori a quella compiuta dai giudici di merito, ma quella di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre; che inoltre, come è stato più volte affermato da questa Corte (cfr. Sez. 4, n. 15227 dell'11/4/2008, Baretti, Rv. 239735; Sez. 6, n. 1307 del 14/1/2003, Delvai, Rv. 223061), quando le sentenze di primo e secondo grado concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente e forma con essa un unico complessivo corpo argomentativo; che la sentenza impugnata ha, per l'appunto, richiamato espressamente la trama argomentativa della decisione resa in primo grado precisando inoltre che gli impedimenti connessi allo stato di salute menzionati nella sentenza impugnata risultano relativi agli anni precedenti al momento in cui ebbe a consumarsi il reato di omesso versamento delle ritenute operate nel corso dell'anno 2004 (26 settembre 2005) e che i giudici hanno anche affermato il principio, del tutto settembre 2005; corretto secondo la costante interpretazione giurisprudenziale, che anche in presenza dell'ipotizzato amministratore di fatto (peraltro neppure indicato dalla imputata), la stessa sarebbe comunque risultata responsabile del delitto ascritto ex art. 40, comma 2 c.p.; che la giurisprudenza di legittimità ha affermato che (cfr. Sez. 3, n. 25875 del 26/05/2010, Olivieri, Rv. 248151), il reato di omesso versamento di ritenute certificate da parte del sostituto d'imposta ha ad oggetto le ritenute complessivamente operate nell'anno di imposta cui si riferisce la soglia di stabilito per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, ossia il 30 settembre dell'anno successivo a quello cui si riferisce la dichiarazione, con la conseguenza che col maturare di tale scadenza si verifica l'evento dannoso per l'Erario previsto dalla fattispecie penale, per cui la condotta omissiva propria, che ha ad oggetto il versamento delle ritenute afferenti all'intero anno di imposta, si protrae fino alla scadenza del termine precedentemente citato, che coincide con la data di commissione del reato, a nulla rilevando le condotte omissive previste dalla normativa tributaria, cui sono, invece, collegate solo sanzioni fiscali e che tale principio è stato affermato dalla sentenza delle Sezioni Unite 28 marzo 2013, Favellato; che anche il secondo motivo di ricorso è infondato, atteso che deve essere ribadito il principio, già affermato da questa Corte, che mentre la decisione di procedere a rinnovazione deve essere specificatamente motivata, in quanto il giudice deve fornire motivazione dell'uso del potere discrezionale, derivante dalla acquisita consapevolezza della rilevanza dell'acquisizione probatoria, nella ipotesi di rigetto, viceversa, la decisione può essere sorretta anche da una motivazione implicita nella stessa struttura argomentativa posta a base della pronuncia di merito, che evidenzi la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione in ordine alla responsabilità, con la conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento; che, quindi, il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente deve essere condannato, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali Così deciso in Roma, il 28 marzo 2 013 . punibilità fissata dalla norma, e prevede quale termine per l'adempimento quello

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