Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29058 del 09/12/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29058 Anno 2016
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SANTORO GIUSEPPE N. IL 21/11/1983
avverso la sentenza n. 249/2013 CORTE APPELLOgRZ.DIST. di
TARANTO, del 27/11/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 09/12/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 27 novembre 2014 la Corte di appello di Lecce,
sezione distaccata di Taranto, ha confermato la sentenza emessa il 26
marzo 2012 dal Tribunale di Taranto, con la quale Santoro Giuseppe era
stato condannato, con le attenuanti generiche equivalenti alla recidiva
reiterata infraquinquennale, alla pena di un anno di reclusione per
violazione della prescrizione di rientro a casa entro le ore ventuno,

obbligo soggiorno nel comune di residenza, come accertato in Taranto il 26
novembre 2010, alle ore 21,35.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione
Santoro tramite il difensore, il quale deduce il vizio di motivazione per
manifesta illogicità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso, puramente assertivo poiché si risolve nella mera
enunciazione del preteso vizio motivazionale senza confrontarsi
minimamente con la motivazione della sentenza impugnata, è generico.
Il requisito della specificità dei motivi trova la sua ragione di essere
nella necessità di porre il giudice dell’impugnazione in grado di individuare i
punti e i capi del provvedimento impugnato oggetto delle censure: inerisce
al concetto stesso di “motivo” di impugnazione l’individuazione di questi
punti ai quali la censura si riferisce (Cass., Sez. 4, 6 aprile 2004, rv.
228926). Si tratta di un requisito espressione di un’esigenza di portata
generale, che implica, a carico della parte, non solamente l’onere di dedurre
le censure che intende muovere a uno o più punti determinati della
decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli
elementi che sono alla base delle censure medesime, al fine di consentire al
giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi e di esercitare il
proprio sindacato (Cass., Sez. 4, 19 febbraio 2003, Rv. 224659; Cass., Sez.
4, 1 aprile 2004, rv. 228586).
Nel caso di specie, dunque, l’assoluta aspecificità della censura impone
la declaratoria di inammissibilità del ricorso ai sensi del combinato disposto
degli artt. 591, primo comma, lett. b), e 581, lett. c), cod. proc. pen.

1

impostagli col decreto di applicazione della sorveglianza speciale con

2. Alla dichiarata inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616,
comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del
2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle
ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il
minimo ed il massimo previsti, in euro mille.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa
delle ammende.
Così deciso il 9/12/2015

P.Q.M.

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