Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29056 del 09/12/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29056 Anno 2016
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

Data Udienza: 09/12/2015

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
AUCI FRANCESCO N. IL 22/08/1977
avverso la sentenza n. 9914/2014 GIP TRIBUNALE di MILANO, del
24/02/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

L._

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza pronunciata il 24 febbraio 2015, ai sensi dell’art. 444
cod. proc. pen., il Tribunale di Milano ha applicato ad Auci Francesco la
pena di mesi quattro di reclusione per il reato di cui all’art. 9, comma
secondo, legge n. 1423 del 1956, riconosciuto in continuazione con altro
fatto giudicato separatamente, giusta sentenza del

10 giugno 2011 e

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione Auci
personalmente, il quale, con unico motivo, deduce mancanza della
motivazione con riguardo alla verifica di ricorrenza di cause di non punibilità
a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. e alla congruità della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un
meccanismo processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico
ministero si accordano sulla qualificazione giuridica della condotta
contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla comparazione fra le
stesse e sull’entità della pena. Da parte sua il giudice ha il potere-dovere di
controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e la congruità della
pena richiesta e di applicarla, dopo aver accertato che non emerga in modo
evidente una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129 cod. proc.
pen.
Ne consegue che -una volta ottenuta l’applicazione di una determinata
pena ex art. 444 cod. proc. pen.- l’imputato non può rimettere in
discussione profili oggettivi o soggettivi della fattispecie, perché essi sono
coperti dal patteggiamento.
Tanto premesso, la Corte osserva che il motivo di ricorso è
manifestamente infondato, atteso che il giudice, nell’applicare la pena
concordata, si è, da un lato, adeguato a quanto contenuto nell’accordo
intervenuto fra le parti, apprezzando la congruità della pena pattuita; e,
dall’altro, ha escluso la sussistenza dei presupposti di cui all’art.129 cod.
proc. pen., alla stregua della fonte di prova puntualmente indicata in
sentenza.
Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento
in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare
1

apprezzato come più grave.

pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni,
secondo la costante giurisprudenza di legittimità (si vedano, tra le altre,
Sez. U, n. 5777 del 27/03/1992, dep. 15/05/1992, Di Benedetto, Rv.
191134 e 191135; Sez. U, n. 10372 del 27/09/1995, dep. 18/10/1995,
Serafino, Rv. 202270; Sez. U, n. 11493 del 24/06/1998, dep. 03/11/1998,
Verga, Rv. 211468).

2. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue, ai sensi

spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del
2000), anche al versamento a favore della cassa delle ammende di una
sanzione pecuniaria, che si stima equo determinare in euro
millecinquecento.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di millecinquecento
euro alla cassa delle ammende.
Così deciso il 9/12/2015.

dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle

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