Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29040 del 09/12/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29040 Anno 2016
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MARRAZZO ANTONIETTA N. IL 21/02/1988
avverso la sentenza n. 518/2014 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
12/06/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 09/12/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 12 giugno 2014 la Corte di appello di Napoli ha
confermato la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale
della sede di condanna di Marrazzo Antonietta alla pena di anni due e mesi
otto di reclusione ed euro 400 di multa per i reati, unificati nella
continuazione, di detenzione di arma da guerra e ricettazione di essa, in

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la
Marrazzo personalmente, la quale denuncia violazione di legge e mera
apparenza della motivazione in relazione al negato riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche, di cui all’art. 62 bis cod. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
Il giudice di appello non ha omesso di motivare sulle invocate attenuanti
generiche, ma al contrario, con argomentazioni adeguate e coerenti, le ha
escluse in considerazione della elevata gravità del fatto (detenzione di arma
da guerra, fabbricata in Iugoslavia, di notevole potenzialità offensiva) e del
comportamento non collaborativo dell’imputata, la quale, pur dichiarandosi
non proprietaria dell’arma, non aveva rivelato la persona per conto della
quale la deteneva; e ha aggiunto che la mera incensuratezza della Marrazzo
non era di per sé sufficiente al riconoscimento delle invocate attenuanti, in
assenza di altri dati di segno positivo.
Tale motivazione, con ogni evidenza, soddisfa ampiamente l’esigenza di
razionalità della decisione con riguardo all’entità del trattamento
sanzionatorio di cui l’appellante aveva richiesto il nnitigamento.

2. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616,
comma 1, cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del
2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle
ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il
minimo ed il massimo previsti, in euro mille.

1

Napoli, il 30 settembre 2013.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa
delle ammende.

Così deciso il 09/12/2015.

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