Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29 del 27/11/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 29 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Francesco Bressi, nato a Badolato il 05/02/1979
avverso la sentenza del 27/03/2013 del Gip del Tribunale di Lodi
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Vincenzo Geraci, che ha concluso chiedendo la dichiarazione di
inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Il Gip del Tribunale di Lodi, con sentenza del 27/03/2013, ha applicato
la pena di anni quattro di reclusione ed C 26.000 di multa nei confronti di
Francesco Bressi, in relazione al reato di detenzione di un rilevante quantitativo

Data Udienza: 27/11/2013

di marijuana, previamente respingendo, con autonoma ordinanza, la richiesta
dell’interessato di revoca dell’istanza di applicazione della pena, in quanto
sopraggiunta dopo il consenso del P.m., in un momento in cui l’accordo
raggiunto deve qualificarsi irrevocabile.
2.

Nel suo ricorso la difesa di Bressi impugna l’ordinanza richiamata e la

sentenza, eccependo violazione di legge, in relazione agli artt. 39 disp. att. cod.
proc. pen. e 110 cod. proc. pen.
Si deduce la nullità della procura speciale rilasciata all’avv. Staiano che
l’aveva autenticata, poiché questi non risulta aver effettuato alcun accesso
presso la struttura ove era astretto il Bressi. A fronte di tale risultanza il Gip
avrebbe dovuto sentire personalmente l’interessato, come previsto dall’art. 446

o-

cod. proc. pen. per accertarsi della sua volontà ben potendo, per effetto di
quanto verificatosi, risultare viziata la volontà espressa dall’odierno ricorrente.
3. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge con riferimento alla
disposizione di cui all’art. 447 cod. proc. pen. che prescrive solo nell’ipotesi di cui
al comma 3 l’irrevocabilità della richiesta di applicazione pena, conseguenza, che
secondo il difensore, deve escludersi negli altri casi.
4. La difesa di Bressi ha depositato nei termini una memoria nella quale si

contestano le deduzioni sull’inammissibilità dell’impugnazione formulate dal Pg.
presso questa Corte, osservando che le sue argomentazioni tradiscono l’omessa
valutazione dell’attestazione riguardante il mancato ingresso dell’avvocato
Staiano, che risulta aver autenticato la firma del Bressi nella richiesta di
applicazione pena, nella struttura carceraria ove l’interessato era astretto all’atto
della formulazione dell’istanza, documentato dalle allegazioni al ricorso.
Per tale motivo si insiste nell’accoglimento dell’impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. L’assunto sul quale è basata l’eccezione di nullità dei provvedimenti
impugnati, costituito dalla rilevanza della mancanza di contestualità tra
sottoscrizione della procura speciale da parte dell’interessato, e la sua
autenticazione a cura del difensore, risulta infondato, in forza di quanto già
chiarito in autonome pronunce di questa Corte sull’argomento, sulla base delle
quali si è ritenuto che la contestualità della vidimazione per autentica non
costituisce requisito essenziale di affidabilità dell’atto (Cass. Sez. 5, Sentenza n.
21950 del 24/04/2008, Rv. 240486), ove il professionista sia in grado
autonomamente di attestare la genuinità della sottoscrizione e la sua
riconducibilità al suo assistito, attestazione di cui, con la sottoscrizione dell’atto,
si assume la responsabilità. Ciò in quanto, proprio la disposizione di cui all’art.
39 disp. att. cod. proc. pen• i la cui applicazione si invoca da parte del
ricorrente, non richiede alcuna contestualità.
Alla luce di tali principi, la sicura non contestualità dell’autentica di firma,
che fonda l’eccezione contenuta il ricorso, e risulta dimostrata dall’attestazione
del mancato ingresso del difensore certificatore nella struttura carceraria ove
Bressi era astretto, risulta irrilevante al fine di escludere la riconducibilità alla
volontà del sottoscrittore delle richieste formulate, mentre la cesura tra quanto
risulta dalla lettura dell’atto e la sua effettiva volontà potrebbe essere dimostrata
solo attraverso la proposizione della querela di falso, al fine di contestare la
riconducibilità della firma all’apparente sottoscrittore, così effettivamente

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Cass. VI sez. pen.r.g.n. 27111/2013

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privando della fede privilegiata la dichiarazione di autenticità formulata dal
professionista.
Il percorso indicato non risulta seguito dal ricorrente, che fonda la sua
eccezione esclusivamente sulla mancanza di contestualità tra firma ed autentica,
non ponendo neppure indirettamente in dubbio di aver effettivamente
sottoscritto l’atto.

in forza della disposizione di cui all’art. 447 comma 3 cod. proc. pen. che
vorrebbe far discendere da tale previsione di irrevocabilità una regola generale
contraria, di cui la lettera della disposizione invocata costituirebbe l’unica
eccezione.
In realtà l’irrevocabilità del consenso, ad accordo perfezionato, discende
dai principi generali, in materia di negozi giuridici bilaterali ricettizi, ove si
prevede che l’incontro delle volontà crei conseguenze giuridiche, superabili sono
nei limiti indicati dalla legge; tale interpretazione è stata più volte ribadita da
questa Corte nella specifica materia (cfr. solo da ultimo Sez. 4, Sentenza n.
38070 del 11/07/2012, dep. 01/10/2012 imp. Parascenzo, Rv. 254371). Peraltro
la disposizione richiamata costituisce, in senso opposto a quanto prospettato,
un’eccezione qualificando irrevocabile il consenso di una parte in pendenza del
termine concesso dal giudice all’altra parte per esprimere la propria valutazione,
in quanto anticipa l’effetto della immutabilità della manifestazione di volontà ad
un momento precedente rispetto all’incontro di volontà, in conseguenza della
necessità del rispetto del principio costituzionale della ragionevole durata del
processo ed evita indebite regressioni del procedimento, che si imporrebbero in
ipotesi di revoca del consenso, e si pongono in contrasto con tale principio.
Conseguentemente, evocare l’interpretazione opposta nella specie, ove
pacificamente l’incontro di volontà era già intervenuto, evidenzia la manifesta
infondatezza della violazione di legge eccepita.

4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 27/11/2013.

3. Per contro non risulta fondata neppure l’ulteriore eccezione proposta

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