Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28998 del 09/12/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28998 Anno 2016
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GUIDO GINO N. IL 07/10/1981
avverso la sentenza n. 789/2013 CORTE APPELLO di LECCE, del
18/07/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 09/12/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 18 luglio 2014 la Corte di appello di Lecce ha
confermato la sentenza del Tribunale della sede che aveva condannato Guido
Gino alla pena di due mesi di arresto per violazione continuata del foglio di via
obbligatorio, essendo rientrato nel Comune di Lecce, in spregio del divieto, il 24
e il 25 marzo del 2010, il 2 e 1’8 aprile dello stesso anno e, ancora, il 15 maggio

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione Guido
personalmente per denunciare violazione di legge e vizio della motivazione sulla
base dell’assunto che il reato contestato postulerebbe non il mero rientro nel
Comune interdetto, ma altresì il compimento di un’attività illecita in esso, di cui
non esiste traccia nel caso di specie.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
Ai fini della sussistenza del reato previsto dall’art. 2 legge n. 1423 del 27
dicembre 1956, è sufficiente, alternativamente, la violazione del divieto di
allontanamento da un certo territorio oppure quella del divieto di farvi ritorno
per un certo periodo, senza necessità dunque che siano compiute attività illecite
nel luogo di imposta permanenza o di interdetto rientro (Sez. 1, n. 4702 del
12/12/2013, dep. 2014, Florian, con riguardo a diversa questione giuridica).

2. Alla dichiarazione di inammissibilità, che preclude la rilevanza della
prescrizione del reato compiutasi solo dopo la pronuncia della sentenza
impugnata (conforme: Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, dep. 21/12/2000, De
Luca, Rv. 217266), consegue, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza
di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), anche la condanna al
versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che
pare congruo determinare, tra il minimo ed il massimo previsti, in euro mille.

2

2010.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle
ammende.

Così deciso il 9/12/2015.

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