Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28987 del 09/12/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28987 Anno 2016
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GIOFFRE’ VINCENZO N. IL 24/12/1978
avverso l’ordinanza n. 97/2014 CORTE ASSISE di PALMI, del
05/06/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE
SANDRINI;

Data Udienza: 09/12/2015

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

Con l’ordinanza indicata in rubrica la Corte d’assise di Palmi ha rigettato l’istanza
di applicazione della disciplina del reato continuato in sede esecutiva formulata
da Gioffrè Vincenzo con riguardo ai fatti rispettivamente costituiti dalla
partecipazione al reato associativo di cui all’art. 416 bis cod. pen. accertata
dall’aprile 2007 al 17.11.2007, da un lato, e dai delitti di tentato omicidio di Caia
Antonio e Romeo Carmelo e dalle connesse violazioni della disciplina delle armi,
commessi il 28.10.2007 e aggravati ex art. 7 legge n. 203 del 1991, dall’altro,

giudicati con due diverse sentenze di condanna rispettivamente pronunciate dal
Tribunale di Palmi e dalla Corte d’assise di Palmi, confermate in appello e
divenute irrevocabili; il rigetto è stato motivato cg ftCiausale estemporanea ed
occasionale del duplice tentato omicidio, commesso a titolo ritorsivo dell’analogo
fatto di sangue posto in essere il giorno precedente in danno di Gioffrè Vittorio
Vincenzo, perciò deliberato solo a seguito di tale fatto e non riconducibile alla
originaria determinazione criminosa riguardante l’adesione al sodalizio mafioso di
appartenenza.

Ricorre per cassazione Gioffrè Vincenzo, a mezzo del difensore, deducendo
violazione di legge e vizio di motivazione dell’ordinanza gravata, con motivi ribaditi nella memoria successiva del 28.10.2015 – che si rivelano nel loro
complesso manifestamente infondati, perché, oltre a dilungarsi in un astratto
richiamo dei principi affermati da questa Corte in tema di reato continuato, si
limitano a una generica contestazione del merito del provvedimento impugnato,
che si esaurisce nel sollecitare a questa Corte un’inammissibile rilettura degli
elementi di fatto che sono già stati esaminati e valutati dal giudice
dell’esecuzione, che è pervenuto, attraverso il puntuale richiamo delle risultanze
delle sentenze di merito (riportate per estratto nell’ordinanza) e per le ragioni
più sopra indicate, a escludere l’esistenza di una matrice deliberativa comune,
riconducibile a un’unica, originaria, risoluzione criminosa, delle diverse violazioni
della legge penale, sulla scorta di un tipico giudizio di fatto, sorretto da
un’adeguata e coerente motivazione, che non è sindacabile in sede di legittimità
(Sez. 6 n. 49969 del 21/09/2012, Rv. 254006).

Il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla cassa
delle ammende della sanzione pecuniaria equamente determinata in 1.000 euro.

P.Q.M.
1

r

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 9/12/2015

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