Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28979 del 11/05/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28979 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Sabounjian Murphy, nato a Padova il 18-07-1957
avverso la ordinanza del 28-12-2015 del tribunale del riesame di Venezia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Giulio Romano che ha concluso
per il rigetto del ricorso;
Udito per il ricorrente
l’accoglimento del ricorso;

l’avv. Pierpaolo Simonetto che ha concluso per

Data Udienza: 11/05/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Murphy Sabounjian ricorre per cassazione impugnando l’ordinanza
indicata in epigrafe con la quale il tribunale del riesame di Venezia ha confermato
il provvedimento cautelare con il quale il giudice per le indagini preliminari di
Padova ha applicato nei suoi confronti la misura degli arresti domiciliari per i
seguenti reati:
– capo 1): delitto di cui agli artt. 110 cod. pen. e 61, comma 4, D.Igs. 504
del 1995 perché – in tesi accusatoria – in concorso e previo accordo con NARDO

società CIBA S.r.l., già con sede in Albignasego (PD), omettevano di versare le
imposte di consumo per un importo complessivo di C 186.550,71 e gravanti sugli
acquisti di oli lubrificanti effettuati dai fornitori comunitari indicati nella
provvisoria imputazione (Murphy Sabounjian in qualità di amministratore di fatto
della LOREN CHEMICAL S.r.l. e della CIBA S.r.l. occupandosi dell’acquisto
dell’olio lubrificante dai fornitori comunitari e della sua rivendita in Italia). In
Albignasego (PD) dall’1.10.2010 al 31.3.2012;
– capo 3): reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 10 d.lgs. 10 marzo 2000, n.
74 perché – in tesi accusatoria – in concorso e previo accordo con ROCCO
Giovanni, in qualità di amministratori della società CIBA S.r.l. già con sede in
Albignasego (PD), al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto e di consentire
l’evasione a terzi, occultavano o distruggevano le scritture contabili e i
documenti contabili, commerciali e fiscali dei quali era obbligatoria la
conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del
volume d’affari: Giovanni Rocco in qualità di amministratore formale della CIBA
S.r.l. dal 27.6.2011; Murphy Sabounjian in qualità di amministratore di fatto
della CIBA S.r.l. occupandosi dell’acquisto dell’olio dai fornitori comunitari e della
sua rivendita in Italia. Accertato in Milano il 17.8.2015;
– capo 4): delitto di cui agli artt. 110 cod. pen. e 61, comma 4, d.lgs.
504/1995 perché – in tesi accusatoria – in concorso e previo accordo con
FAVARON Giancarlo, CAMPORESE Antonio e SACCARDO Renzo, in qualità di
amministratori della società LINK S.r.l., con sede in Padova, via Roma n. 3,
omettevano di versare le imposte di consumo per un ammontare complessivo
pari a C 1.049.532,00 e gravanti sugli acquisti di oli lubrificanti effettuati dai
fornitori comunitari indicati nella provvisoria imputazione (Murphy Sabounjian in
qualità di amministratore di fatto della LOREN CHEMICAL S.r.l. e della LINK S.r.l.
occupandosi in particolare dell’acquisto dell’olio lubrificante dai fornitori
comunitari e della sua rivendita in Italia). In Padova dal 21.10.2011 al giugno
2013;

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Valter, ROCCO Giovanni e SACCARDO Renzo, in qualità di amministratori della

- capo 7): delitto di cui agli artt. 110 cod. pen., 223, comma 1, 216 ,
comma 1, n. 2 legge fallimentare perché – in tesi accusatoria – in concorso e
previo accordo con CAMPORESE Antonio, in qualità di amministratori della
società LINK S.r.l., con sede in Padova, via Roma n. 3, dichiarata fallita dal
Tribunale di Padova con sentenza depositata in data 8 ottobre 2015, allo scopo
di recare pregiudizio ai creditori e di procurarsi un ingiusto profitto, sottraevano
o distruggevano i libri e le altre scritture contabili della predetta società (Antonio
Camporese in qualità di amministratore formale della LINK S.r.l. dal 4 giugno

occupandosi in particolare dell’acquisto dell’olio lubrificante dai fornitori
comunitari e della sua rivendita in Italia). In Padova 1’8.10.2015;
– capo 8): delitto di cui agli artt. 110 cod. pen. e 61, comma 4, d.lgs.
504/1995 perché – in tesi accusatoria – in concorso e previo accordo con
ROSTELLATO Mario e SACCARDO Renzo, in qualità di amministratori della società
GENERAL OIL S.r.l. con sede in Roma, omettevano di versare le imposte di
consumo per un ammontare complessivo di C 169.920,75 e gravanti sugli
acquisti di oli lubrificanti dal fornitore comunitario indicato nella provvisoria
imputazione (Murphy Sabounjian in qualità di amministratore di fatto della
LOREN CHEMICAL S.r.l. e della GENERAL OIL S.r.l. occupandosi in particolare
dell’acquisto dell’olio lubrificante dai fornitori comunitari e della sua rivendita in
Italia). In Padova dall’1.9.2013 al 31.3.2014;
– capo 10): reato di cui agtí artt. 110 cod. pen. e 10 d.lgs. 74/2000 perché
– in tesi accusatoria – in concorso e previo accordo con ROSTELLATO Mario, in
qualità di amministratori della società GENERAL OIL S.r.l. con sede in Roma, al
fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto e di consentire l’evasione a terzi,
occultavano o distruggevano le scritture contabili e i documenti contabili,
commerciali e fiscali dei quali era obbligatoria la conservazione, in modo da non
consentire la ricostruzione dei redditi o del volume d’affari (Murphy Sabounjian
in qualità di amministratore di fatto della GENERAL OIL S.r.l. occupandosi
dell’acquisto dell’olio lubrificante dai fornitori comunitari e della sua rivendita in
Italia). Accertato in Roma il 6.11.2015;
– capo 11): delitto di cui agli artt. 110 cod. pen. e 8 d.lgs. 74/2000 perché in tesi accusatoria – in concorso e previo accordo con BARNABA Leonardo, in
qualità di amministratori della società ST SERVICE S.r.l. di Vedelago (TV), al fine
di consentire alla società OIL DISCOUNT S.r.l. di Padova di evadere VIVA,
emettevano nell’anno 201[ n. 2 fatture relative ad operazioni soggettivamente
inesistenti per un importo complessivo di C 30.953,36 di imponibile e C 6.500,20
per IVA (Murphy Sabounjian in qualità di amministratore di fatto della S.T.
SERVICE S.r.l. occupandosi in particolare dell’acquisto dell’olio lubrificante dai

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2012; Murphy Sabounjian in qualità di amministratore di fatto della LINK S.r.l.

fornitori comunitari e della sua rivendita in Italia). In luogo sconosciuto il
30.12.2011;
– capo 12): delitto di cui agli artt. 110 cod. pen. e 8 d.lgs. 74/2000 perché in tesi accusatoria – in concorso e previo accordo con BARNABA Leonardo, in
qualità di amministratori della società S.T. SERVICE S.r.l. di Vedelago (N), al
fine di consentire alla società OIL DISCOUNT S.r.l. di Padova di evadere
emettevano nell’anno 2012 fatture relative ad operazioni soggettivamente
inesistenti per un importo complessivo di C 993.781,00 (di cui C 821.307,00 di

amministratore di fatto della S.T. SERVICE S.r.l. occupandosi in particolare
dell’acquisto dell’olio lubrificante dai fornitori comunitari e della sua rivendita in
Italia. In luogo sconosciuto dal 31.1.2012 al 28.9.2012;
– capo 14): reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 10 d.lgs. 74/2000 perché in tesi accusatoria – in concorso e previo accordo con SINGH Karnail, in qualità di
amministratori della società S.T. SERVICE S.r.l. di Milano, al fine di evadere
l’imposta sul valore aggiunto e di consentire l’evasione a terzi, occultavano o
distruggevano le scritture contabili e i documenti contabili, commerciali e fiscali
dei quali era obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la
ricostruzione dei redditi o del volume d’affari (Murphy Sabounjian in qualità di
amministratore di fatto della ST SERVICE S.r.l. occupandosi in particolare
dell’acquisto dell’olio lubrificante dai fornitori comunitari e della sua rivendita in
Italia). Accertato in Milano il 10.11.2015;
– capo 15): delitto di cui agli artt. 110 cod. pen. e 8 d.lgs. 74/2000 perché in tesi accusatoria – in concorso e previo accordo con FAVARON Giancarlo, in
qualità di amministratori della società MORENA S.r.l., già con sede in Padova, via
Savelli 56, al fine di consentire alla società OIL DISCOUNT S.r.l. di Padova di
evadere

emettevano nei confronti di quest’ultima società nell’anno 2013 n.

4 fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti per un ammontare
complessivo di C 284.427,43 (di cui

235.064,00di imponibile e C 49.363,43=

per IVA) relative alla vendita di olio lubrificante; Murphy Sabounjian in qualità di
amministratore di fatto della MORENA S.r.l. occupandosi in particolare
dell’acquisto dell’olio lubrificante dai fornitori comunitari e della sua rivendita in
Italia. In Padova dal 31.1.20i3 al 31.5.2013;
– capo 16): reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 10 d.lgs. 74/2000 perché in tesi accusatoria – in concorso e previo accordo con REMENIH Matjaz, in qualità
di amministratori della società MORENA S.r.l. di Sant’Agata Bolognese (BO), al
fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto e di consentire l’evasione a terzi,
occultavano o distruggevano le scritture contabili e i documenti contabili,
commerciali e fiscali dei quali era obbligatoria la conservazione, in modo da non
consentire la ricostruzione dei redditi o del volume d’affari. REMENIH Matjaz in
4

imponibile e C 172.474,00di IVA); Murphy Sabounjian in qualità di

qualità di amministratore formale della MORENA S.r.l. dal 13.1.2014;
SABOUNJIAN Murphy in qualità di amministratore di fatto della MORENA S.r.l.
occupandosi in particolare dell’acquisto dell’olio lubrificante dai fornitori
comunitari e della sua rivendita in Italia. Accertato in Sant’Agata Bolognese (BO)
iI30.10.2015;
– capo 17): delitto di cui agli artt. 110 cod. pen. e 8 d.lgs. 74/2000 perché in tesi accusatoria – in concorso e previo accordo con BARNABA Leonardo,
CAMPANELLA Luigi e CAMPORESE Antonio, in qualità di amministratori del

consentire alla società OIL DISCOUNT S.r.l. di Padova di evadere VIVA,
emettevano nell’anno 2013 nei confronti di quest’ultima società n. 9 fatture
relative ad operazioni soggettivamente inesistenti per un imponibile complessivo
di € 1.870.486,69 e IVA di € 392.802,19 relative alla vendita di olio lubrificante
(Murphy Sabounjian in qualità di amministratore di fatto del CONSORZIO FLY
occupandosi in particolare dell’acquisto dell’olio lubrificante dai fornitori
comunitari e della sua rivendita in Italia). In Padova dal 31.1.2013 al 30.9.2013;
– capo 19):reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 10 d.lgs. 74/2000 perché in tesi accusatoria – in concorso e previo accordo con REMENIH Matjaz,
CAMPANELLA Luigi e CAMPORESE Antonio, in qualità di amministratori del
CONSORZIO FLY di Roma, al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto e di
consentire l’evasione a terzi, occultavano o distruggevano le scritture contabili e i
documenti contabili, commerciali e fiscali dei quali era obbligatoria la
conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del
volume d’affari (Murphy Sabounjian in qualità di amministratore di fatto del
CONSORZIO FLY occupandosi in particolare dell’acquisto dell’olio lubrificante dai
fornitori comunitari e della sua rivendita in Italia). Accertato in Roma il
13.10.2015;
– capo 20): delitto di cui agli artt. 110 cod. pen. e 2 d.lgs. 74/2000 perché in tesi accusatoria – in concorso e previo accordo con SOLIGO Emilio, in qualità
di amministratori della società OIL DISCOUNT S.r.l. con sede in Mestrino (PD), al
fine di consentire a quest’ultima società di evadere l’IVA, indicavano nella
dichiarazione annuale relativa alla predetta imposta per l’anno 2011 elementi
passivi fittizi, per un imponibile di € 37.453,56 avvalendosi delle 2 fatture
d’acquisto di olio lubrificante per operazioni soggettivamente inesistenti cui al
capo 11), emesse nell’anno 2011 dalla società ST SERVICE s.r.i. di Vedelago
(TV); Murphy Sabounjian in qualità di amministratore di fatto della società OIL
DISCOUNT S.r.l. occupandosi in particolare dell’acquisto dell’olio lubrificante dai
fornitori comunitari e della sua rivendita in Italia. In Mestrino (PD) 11.10.2012;
– capo 21 ): delitto di cui agli artt. 110 cod. pen. e 2 d.lgs. 74/2000 perché in tesi accusatoria – in concorso e previo accordo con SOLIGO Emilio, in qualità

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CONSORZIO FLY di Roma, già con sede in Padova, via San Canziano 3, al fine di

di amministratori della società OIL DISCOUNT S.r.l. di Padova, al fine di
consentire a quest’ultima società di evadere l’IVA, indicavano nella dichiarazione
annuale relativa alla predetta imposta per l’anno 2012 elementi passivi fittizi per
un importo complessivo di C 993.781,00 (di cui C 821.307,00 di imponibile ed €
172.474,00 di IVA), avvalendosi delle 12 fatture d’acquisto di olio lubrificante
per operazioni soggettivamente inesistenti cui al capo 12), registrate nelle
scritture contabili obbligatorie emesse dalla società ST SERVICE S.r.l. di
Vedelago (N); Murphy Sabounjian in qualità di amministratore di fatto della

lubrificante dai fornitori comunitari e della sua rivendita in Italia. In Mestrino
(PD) il 25.9.2013;
– capo 22): delitto di cui agli artt. 110 cod. pen. e 2 d.lgs. 74/2000 perché in tesi accusatoria – in concorso e previo accordo con SOLIGO Emilio, in qualità
di amministratori della società OIL DISCOUNT S.r.l. di Padova, al fine di
consentire a quest’ultima società di evadere l’IV A, indicavano nella dichiarazione
annuale relativa alla predetta imposta per l’anno 2013 elementi passivi fittizi pari
ad un imponibile di € 2.105.551,00 (per un’imposta indebitamente detratta pari
a € 442.165,00), avvalendosi delle 4 fatture d’acquisto di olio lubrificante per
operazioni soggettivamente inesistenti cui al capo 15), emesse nell’anno 2013
dalla società MORENA Sir.L nonché avvalendosi delle 9 fatture d’acquisto di olio
lubrificante per operazioni soggettivamente inesistenti cui al capo 17), emesse
nell’anno 2013 dal CONSORZIO FLY di Padova; Murphy Sabounjian in qualità di
amministratore di fatto della società OIL DISCOUNT S.r.l. occupandosi in
particolare dell’acquisto dell’olio lubrificante dai fornitori comunitari e della sua
rivendita in Italia. In Padova il 30.9.2014.

2. Per la cassazione dell’impugnata ordinanza il ricorrente, tramite il
difensore, articola quattro motivi di impugnazione, qui enunciati, ai sensi
dell’articolo 173 disposizioni di attuazione al codice di procedura penale, nei limiti
strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Con il primo motivo deduce la contraddittorietà, la carenza e/o la
manifesta illogicità della motivazione, sul punto relativo alla lamentata carenza
motivazionale in ordine alla gravità degli elementi indiziari (art. 606, comma 1,
lettera c), cod. proc. pen.).
Assume che, con la richiesta di riesame, aveva eccepito la nullità
dell’ordinanza cautelare per carenza motivazionale sulla gravità indiziaria,
essendosi il Gip limitato ad aderire supinamente alle tesi del pubblico ministero;
sostiene di aver evidenziato l’insussistenza nel merito dei gravi indizi di
colpevolezza, insuscettibili di essere desunti dal complesso degli atti di indagine
passati in rassegna dal Gip; in particolare aveva lamentato la carenza di

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società OIL DISCOUNT S.r.l. occupandosi in particolare dell’acquisto dell’olio

elementi dai quali inferire in capo al ricorrente l’asserita qualità di
amministratore di fatto delle varie società indicate nelle provvisorie imputazioni.
Siffatte censure sarebbero state disattese dal Tribunale del Riesame con
motivazione reputata carente, quand’anche si fosse richiamato il principio
secondo il quale le ordinanze dei Giudici della cautela si integrano a vicenda,
posto che il Tribunale del riesame non avrebbe apportato alcun elemento
integrativo della motivazione censurata per l’assoluta genericità ed apoditticità
dell’apparato argomentativo di sostegno, essendosi limitato ad affermare che il

valutazioni, con cui avrebbe pienamente soddisfatto gli oneri motivazionali
previsti dalle norme processuali invocate.
Ciò nonostante il fatto che fossero stati contestati 22 distinti capi di
imputazione provvisoria, nemmeno avvinti dalla continuazione, e la difesa aveva
ritenuto l’assoluta mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza, imputazione per imputazione.
In altri termini, i rinvii, contenuti nell’ordinanza impugnata, sarebbero
relativi a parti dell’ordinanza genetica che, a loro volta, rinviavano, puramente e
semplicemente, alla richiesta del pubblico ministero (e, quindi, alle relazioni della
polizia giudiziaria) o direttamente alle stesse relazioni di polizia giudiziaria, senza
che si rinvenisse alcuna esplicitazione delle ragioni per cui le opinioni espresse,
le deduzioni e le argomentazioni degli organi della polizia giudiziaria fossero
condivisibili, riducendosi pertanto l’onere motivazionale ad un atto di
“registrazione” delle valutazioni operate dagli inquirenti.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione di legge,
conseguente alla violazione del disposto dell’art. 9 d.lgs. 74 del 2000 nella parte
in cui al ricorrente sono state ascritte dal Gip tanto la violazione in concorso
dell’art. 2 quanto quella dell’art. 8 del d.lgs.74/2000 nonché la contraddittorietà,
carenza e/o manifesta illogicità della motivazione in parte qua (art. 606, comma
1, lettere b) ed e), cod. proc. pen.) sul rilievo che la doglianza della difesa, in
sede di riesame, si appuntava sul fatto che non fossero minimamente specificati i
gravi indizi in base ai quali l’indagato dovesse ritenersi amministratore di fatto di
società rispettivamente emittenti e utilizzatrici; non solo: che non vi fosse alcuna
indicazione e giustificazione sul punto, che rendesse evidente in base a quali
elementi l’emissione delle fatture e l’utilizzazione delle stesse si dovessero
ritenere deliberate dall’asserito amministratore di fatto.
A detti difetti, ove emendabili, non avrebbe posto rimedio l’ordinanza
impugnata che avrebbe unicamente sostenuto, sulla scorta della giurisprudenza
di legittimità, che il Gip avesse fatto buon governo di quei principi, del tutto
disancorati dal caso di specie e comunque senza adeguata e logica motivazione
dimostrativa dei presupposti applicativi, con riferimento alle singole imputazioni
7

Gip aveva interpolato i passi della richiesta del pubblico ministero con autonome

provvisorie, della fattispecie censurata, derivando da ciò la sussistenza del vizio
denunciato.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente denunzia la violazione di legge,
conseguente alla violazione del disposto dell’art. 292, comma 1, lett. c) cod.
proc. pen. per carenza motivazionale in relazione al requisito dell’autonoma
valutazione tanto dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen.
quanto delle ravvisate esigenze cautelari ex art. 274 lett. c) cod. proc. pen. (art.
606, comma 1, lettera c), cod. proc. pen.).

dell’ordinanza genetica nei quali il Gip avrebbe dato prova di aver operato una
autonoma valutazione sia dei gravi indizi di colpevolezza che delle esigenze
cautelari. Tuttavia, anche confrontando le parti indicate come autonome con la
richiesta del pubblico ministero ed i rinvii di questa alle relazioni della polizia
giudiziaria, non emergerebbe il ritratto dell’autonoma valutazione, permanendo
pertanto il vizio di legge lamentato.
2.4. Con il quarto motivo, il ricorrente si duole della contraddittorietà,
carenza e/o manifesta illogicità della motivazione sul punto relativo alla
lamentata insussistenza della ravvisata esigenza cautelare di cui all’articolo 274
lettera c) codice di procedura penale per difetto del requisito dell’attualità
(articolo 606, comma 1, lettera e), codice di procedura penale).
Il ricorrente, dopo aver riportato la doglianza formulata con la richiesta di
riesame e la motivazione resa dal Tribunale, rileva che se l’attualità del pericolo
si concretizzaa, come riportato nell’ordinanza impugnata, nella alta probabilità
che si presenti l’occasione di delitto, cui corrisponderebbe l’altrettanta alta
probabilità che la persona sottoposta alle indagini, torni a delinquere, allora,
sulla scorta di detta connessione, nel caso di specie, l’attualità difetterebbe.
Al momento dell’adozione della misura cautelare, infatti, il ricorrente
intratteneva rapporti professionali con diverse società nessuna delle quali è stata
attinta da misure cautelari reali, dovendosi perciò opinare che eventuali indizi di
reiterazione, evocati prima dal pubblico ministero e fatti propri successivamente
dal Gip, non raggiungessero in concreto un sicuro grado di gravità. Se così non
fosse, non si spiegherebbe, d’altra parte, la mancata adozione nei confronti di
dette persone giuridiche di adeguate misure cautelari reali, a maggior ragione
perché le stesse continuano ad operare, come prevede il loro oggetto sociale,
nell’ambito del commercio degli oli lubrificanti e dei prodotti petroliferi.
Alla luce di ciò, la motivazione si appalesa contraddittoria e, in parte qua,
assente.

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Sottolinea che il Tribunale si sarebbe limitato ad evidenziare i passi

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. I primi tre motivi, essendo tra loro strettamente collegati, possono essere
congiuntamente esaminati.
Essi non hanno alcun fondamento.
2.1. La Corte di cassazione ha già affermato, in diverse pronunce, che, in

necessaria autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di
colpevolezza, contenuta nell’art. 292, comma primo, lett. c), cod. proc. pen.,
come modificato dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, è osservata anche quando il
giudice riporti nella propria ordinanza le acquisizioni e le considerazioni svolte
dagli investigatori e dal pubblico ministero, pure mediante il rinvio per
“relationem” al provvedimento di richiesta, purché, per ciascuna contestazione e
posizione, svolga un effettivo vaglio degli elementi di fatto ritenuti decisivi, senza
il ricorso a formule stereotipate, spiegandone la rilevanza ai fini dell’affermazione
dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari nel caso concreto (Sez.
3, n. 840 del 17/12/2015, dep. 2016. Tinnirello, Rv. 265645).
Nella vicenda in esame, il Tribunale cautelare ha precisato come, sulla base
dì approfondite investigazioni condotte, su input dell’Ufficio Dogane, dal Nucleo
di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Padova, l’attività d’indagine
avesse delineato un sistema di cessioni di olio lubrificante avvenute in favore
della OIL DISCOUNT S.r.l. (società ritenuta amministrata di fatto dal ricorrente),
tramite un doppio ordine di interposizioni di società cedenti fittizie (parimenti
ritenute amministrate di fatto dal ricorrente) tutte qualificabili come “cartiere”, di
primo e di secondo livello; società “cartiere” che, prive, in quanto tali, di una
reale struttura operativa e inadempienti rispetto agli obblighi fiscali verso lo
Stato italiano, emettevano formali fatture di vendita.
Più in dettaglio, come accertato dai Giudici cautelari con logica ed adeguata
motivazione, l’olio lubrificante giungeva in Italia da fornitori comunitari
direttamente dalle sedi di questi ultimi a mezzo di autotrasportatori, figurando
esso tuttavia venduto non già da tali fornitori comunitari bensì dalla società di
diritto rumeno LOREN CHEMICAL S.r.l. (il cui unico compito, di fatto, era quello
di ricevere le fatture emesse dai menzionati fornitori comunitari rimasti
nell’ombra e di fatturare a sua volta il prodotto – mai passato in concreto per la
sua sede rumena; detto transito peraltro veniva fatto figurare mediante
compilazione di CMR false – alle società “cartiere” italiane di primo livello: in
particolare la CIBA S.r.l., la fallita LINK S.r.l. e la GENERAL OIL S.r.l.). A loro
volta le società “cartiere” italiane di primo livello vendevano, in seguito,
9

tema di motivazione delle ordinanze cautelari personali, la prescrizione della

figurativamente il prodotto ad altre società “cartiere” di secondo livello (ossia la
S.T. SERVICE S.r.l., della MORENA S.r.l. e del CONSORZIO FLY); queste ultime,
a loro volta, rivendevano il prodotto alla OIL DISCOUNT S.r.l. che infine lo
commercializzava a prezzi inferiori a quelli di mercato. Tale articolato sistema
consentiva di non versare né l’imposta di consumo sugli oli lubrificanti, introdotti
in Italia, né VIVA: di qui la possibilità per la destinataria finale, OIL DISCOUNT
S.r.l., di praticare un prezzo inferiore a quello di mercato, alterando
quest’ultimo.

di gravame sollevati dal ricorrente nei confronti dell’ordinanza cautelare, ha
chiarito come il provvedimento coercitivo fosse pervenuto a ricostruire il
meccanismo sul quale era strutturata la frode in maniera autosufficiente rispetto
al contenuto delle risultanze investigative e al contenuto della domanda
cautelare perché, pur avendone richiamato per larghi tratti gli esiti al fine di
condividerli, aveva tuttavia eseguito autonome valutazioni attraverso originali
considerazioni espresse, di volta in volta, sulla valenza degli elementi indiziari
passati in rassegna e sulla consistenza delle esigenze cautelari ritenute presenti
nel caso di specie.
A conferma di ciò il Collegio cautelare ha indicato, a titolo meramente
esemplificativo, le pagine dell’ordinanza nelle quali emergeva che le
considerazioni svolte dal Gip, il cui contenuto è stato anche sinteticamente
esplicitato (v. da pag. 13 a pag. 18 dell’ordinanza del tribunale di Venezia), non
trovavano riscontro nel testo della richiesta del pubblico ministero, a
dimostrazione che il giudice della cautela aveva compiuto un’autonoma
valutazione del materiale sottoposto alla sua cognizione.
Si tratta di un aspetto significativo del controllo realizzato dal Collegio
cautelare che neppure il ricorrente specificamente contesta, salvo ad eccepire, in
maniera del tutto assertiva, che il Tribunale del riesame si sarebbe limitato ad
eseguire una sorta di ratifica dell’operato del Gip.
Invece, il Collegio cautelare si è attenuto al principio di diritto affermato
dalla giurisprudenza di legittimità secondo il quale la previsione dell’autonoma
valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza non ha
carattere innovativo, essendo essa espressione del principio generale per cui
l’esercizio di un autonomo potere comporta il dovere di esplicitare le ragioni che
giustificano la decisione, con la conseguenza che la necessità di un’autonoma
valutazione è compatibile con il rinvio “per relationem” o per incorporazione alla
richiesta del pubblico ministero, salvo che l’ordinanza recepisca acriticamente la
richiesta cautelare aggiungendovi mere clausole di stile senza una necessaria
rielaborazione critica di essa (Sez. 6, n. 47233 del 29/10/2015, Moffa A., Rv.
265337), situazione, quest’ultima, nella specie non sussistente come il Collegio

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Ciò posto, il Tribunale del riesame, prendendo specifica posizione sui motivi

cautelare ha dimostrato richiamando le parti dell’ordinanza coercitiva del tutto
indipendenti rispetto al contenuto della domanda diretta ad ottenere la misura
cautelare.
In buona sostanza, ciò che si richiede al giudice della cautela, in materia
così delicata in tema di diritti fondamentali, è che il provvedimento di rigore
venga adottato in maniera consapevole attraverso un discorso giustificativo che
dia conto nella motivazione del fatto che le ragioni poste a fondamento del
vincolo cautelare siano state effettivamente studiate e meditate da parte del

escludere, ex positivo iure, quando l’atto si limiti puramente e semplicemente a
recepire interamente il contenuto della richiesta cautelare o di un atto di
indagine ovvero si limiti ad interpolarli con l’aggiunta di clausole di stile o di frasi
stereotipate.
Il legislatore ha cioè voluto, con la novella ex lege 16 aprile 2015, n. 47,
evitare l’odiosa tecnica del cd. “taglia e incolla” e dell’acritica ricezione della
domanda cautelare, sanzionando espressamente con la nullità gli atti che,
esclusivamente in tale modo formati, non contengono, per presunzione di legge,
una valutazione autonoma, da parte del soggetto legittimato a limitare i diritti di
libertà, sugli elementi costitutivi della fattispecie cautelare.
Ne consegue che, al fine di sindacare se il provvedimento coercitivo sia
corredato o meno di un’autonoma valutazione sul

fumus e sui pericula, è

necessario verificare che siano esplicitate, indipendentemente dal richiamo in
tutto o in parte di altri atti del procedimento, i criteri adottati dal giudice della
cautela a fondamento della decisione ossia le ragioni che giustificano
l’emanazione del titolo cautelare.
Siffatti criteri devono essere osservati sia con riferimento alle singole
posizioni cautelari e sia, come correttamente opina il ricorrente, con riferimento
alle singole “imputazioni cautelari”, fermo restando che, in presenza di posizioni
analoghe o di “paraimputazioni” descrittive di fatti commessi, come nella specie,
con modalità “seriali”, non è necessario che il giudice ripeta continuamente le
regole di giudizio alle quali si è ispirato, potendo ricorrere ad una valutazione
cumulativa purché dal contesto del provvedimento risulti evidente la ragione
giustificativa della misura in relazione ai soggetti attinti e agli addebiti, di volta in
volta, considerati per essi sussistenti.
Il Tribunale del riesame si è attenuto a tali principi, con la conseguenza che,
sul punto, la doglianza è infondata.
2.2. Quanto alle ragioni che sono state enunciate per attribuire al ricorrente
la qualifica di amministratore di fatto delle società artefici della frode, il Tribunale
ha ritenuto acquisita la prova cautelare sulla base dei rapporti intrattenuti (e
provati dalle e-mail acquisite al corredo processuale) dalla segretaria del

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giudice al quale è conferito il potere di limitare i diritti di libertà, evenienza da

ricorrente, da conversazioni telefoniche intrattenute dallo stesso ricorrente e
nelle quali quest’ultimo dava atto inequivocabilmente di essere stato
l’amministratore di fatto della società di diritto rumeno Loren Chemical s.r.I.,
dalle deposizioni rese da numerose fonti di prova dalle quali è stato desunto con
evidenza il ruolo di amministratore di fatto da parte del ricorrente.
Si tratta di elementi che, neppure specificamente censurati, sono stati
enunciati attraverso un apparato motivazionale completo e privo di vizi di
manifesta illogicità e pertanto insuscettibile di essere sindacato in sede di

2.3. Conseguentemente il Tribunale ha correttamente escluso la violazione,
nel caso di specie, dell’art. 9 d.lgs. n. 74 del 2000 sul rilievo che il ricorrente
avesse provveduto sia all’emissione delle fatture per operazioni inesistenti che
alla loro successiva utilizzazione, operando quindi sotto la duplice veste di
amministratore (di fatto) del soggetto giuridico emittente le fatture e come
amministratore dei sodalizi che quelle fatture avevano utilizzato.
Nel pervenire a tale conclusione, i Giudici cautelari si sono attenuti al
principio, secondo il quale, in tema di reati tributari, il regime derogatorio
previsto dall’art. 9 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 non trova applicazione
quando l’amministratore della società che ha emesso le fatture per operazioni
inesistenti coincida con il legale rappresentante della diversa società che le abbia
successivamente utilizzate (Sez. 3, n. 19025 del 20/12/2012, dep. 2013, Cetti
Serbelloni, Rv. 255396).
Il ricorrente non sembra contestare tale approdo, dolendosi piuttosto del
fatto che i Giudici cautelari lo avessero immotivatamente ritenuto, di volta in
volta, amministratore di fatto sia della società emittente che di quella
utilizzatrice, ma la doglianza è assorbita dal rigetto della precedente censura,
posto che la qualifica di amministratore di fatto delle società indicate nelle
provvisorie imputazioni ex art. 2 ed 8 d.lgs. n. 74 del 2000 è supportata da
congrua motivazione priva di vizi logici.

3. Inammissibile è invece la quarta censura, laddove il ricorrente si lamenta
della ritenuta esistenza da parte dei Giudici cautelari del pericolo attuale di
reiteratio criminis.
Come lo stesso ricorrente riconosce, il Tribunale cautelare ha affermato che
la situazione di ampia disponibilità societaria ed il già intrapreso sfruttamento di
essa da parte del Sabounjian, secondo il suo collaudato

modus operandi,

deponessero per la sussistenza delle esigenze cautelari, come connotate da
stringente attualità, tanto che nessuna misura cautelare non custodiale sarebbe
risultata idonea, nel caso in esame, a contenere le esigenze cautelari stimate di
spiccato rilievo, consentendosi altrimenti al ricorrente di riprendere
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legittimità.

immediatamente le fila, eventualmente anche tramite prestanome, dei propri
illeciti traffici utilizzando le nuove società al momento esistenti e a lui
riconducibili ovvero sostituendole con nuove società, secondo uno schema
collaudato e percorso con successo in passato.
In altri termini, il tribunale cautelare ha ritenuto che l’attuale esistenza di
assetti societari (peraltro trattasi di società di capitali con una propria personalità
giuridica) riconducibili al ricorrente rappresentasse la certa occasione da parte
sua per reiterare delitti della stessa specie, posto che misure restrittive, diverse

ricorrente stesso avvalersi, come in passato, di prestanome e ripetere le
medesime condotte illecite ricollocandosi nel circuito delinquenziale che solo la
misura cautelare (nella specie, gli arresti domiciliari) avrebbe scongiurato, tenuto
conto del quadro indiziario indicativo, anche per la pluralità e la consistenza degli
illeciti, di una pericolosità di elevato spessore delinquenziale.
Si tratta di una motivazione giuridicamente corretta, ampiamente
argomentata e priva di manifesta illogicità rispetto alla quale il ricorrente,
assumendo che si sarebbero potute adottare misure cautelari reali nei confronti
delle società o che poteva essergli applicata una misura interdittiva ovvero, in
mancanza dell’una e dell’altra alternativa, che si sarebbe dovuto
conseguentemente ritenere l’insussistenza del requisito dell’attualità, oppone una
propria valutazione che, da un lato, non tiene conto del fatto che non spetta al
giudice cautelare di praticare alternative decisorie quando esse siano ritenute,
come nella specie, non praticabili (essendosi motivatamente escluso che misure
diverse da quelle custodiali fossero idonee a salvaguardare il dato cautelare)
ovvero quando esse attingano soggetti estranei alla posizione dell’indagato ed
autonomi rispetto ad esso e, dall’altro, non tiene conto che una tale valutazione
si risolve in una censura di merito non consentita nel giudizio di legittimità,
perché la motivazione non è censurabile per saggiare la tenuta logica di essa
mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali
altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno, quali sarebbero quelli
pronosticati nel motivo di ricorso, dovendosi attribuire rilievo, quando si opera il
sindacato di legittimità sulla motivazione, esclusivamente al testo del
provvedimento impugnato o, a seguito della legge 20/02/2006 n. 46, ad altri atti
del processo specificamente indicati nei motivi di gravame, con la conseguenza
che il sindacato di legittimità è limitato alla verifica della coerenza strutturale del
provvedimento impugnato nella sua portata testuale oppure, nel limiti consentiti
(art. 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen.), nella sua portata extratestuale,
operazioni che tuttavia devono essere necessariamente condotte senza che
possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per
il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (v. Sez. U, n.
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da quelle custodiali, non avrebbero soddisfatto il bisogno cautelare, potendo il

12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260 e Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997,
Dessimone, Rv. 207944).
Da tutto ciò deriva l’inammissibilità del quarto motivo di impugnazione ed il
conseguente rigetto del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

Così deciso il 11/05/2016

processuali.

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