Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28977 del 08/04/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28977 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: DI NICOLA VITO

sul ricorso proposto da:
D’AMBROSIO GENNARO nato il 19/07/1976 a ACERRA

avverso l’ordinanza del 27/10/2015 del TRIBUNALE di NOLA
sentita la relazione svolta dal Consigliere VITO DI NICOLA;
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lette/sritite le conclusioni del PG /4.4u
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DEPOSITATA

I Un
Uditi difensor Avv.;

IERE

Data Udienza: 08/04/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Gennaro D’ Ambrosio ricorre per cassazione impugnando l’ordinanza
indicata in epigrafe con la quale il tribunale di Noia, in funzione di giudice
dell’esecuzione, ha revocato la sospensione condizionale della pena concessa al
ricorrente con la sentenza emessa dal tribunale di Noia in data 23 aprile 2008,
irrevocabile il 4 giugno 2010, e subordinata alla demolizione delle opere abusive
nel termine di tre mesi dal passaggio in giudicato, sul rilievo del verificato

2. Per la cassazione dell’impugnata ordinanza, il ricorrente, tramite il
difensore, articola un unico motivo di impugnazione, qui enunciato, ai sensi
dell’articolo 173 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale, nei
limiti strettamente necessari per la motivazione.
Con esso il ricorrente deduce l’inosservanza ed erronea applicazione della
legge penale in relazione all’articolo 81 del codice nonché la mancanza o la
manifesta illogicità della motivazione su punti decisivi per il giudizio (articolo
606, comma 1, lettere b) ed e), del codice di procedura penale).
Assume che il giudice dell’esecuzione, nel disporre la revoca del beneficio
della sospensione condizionale della pena per non essersi verificata la condizione
alla quale è subordinata la concessione, ha violato la disposizione di quell’articolo
81 del codice penale non avendo tenuto in debita considerazione del fatto che,
nell’ambito del procedimento penale n. 8941 del 2008 RGNR , il tribunale aveva
riconosciuto l’unicità del disegno criminoso tra i reati in contestazione nel
predetto procedimento e quelle già giudicati con la sentenza del tribunale di Noia
del 23 aprile 2008, provvedendo alla rideterminazione della pena in anni 1 e
giorni 15 di reclusione, concedendo la pena sospesa ma non subordinando la
alcuna demolizione.
Conclude che il giudice dell’esecuzione, per effetto della ritenuta
continuazione tra i reati di cui ai suddetti procedimenti, non avrebbe potuto
revocare il beneficio della sospensione condizionale concesso con la sentenza del
23 aprile 2008.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.

2. L’eccezione formulata dal ricorrente, per la prima volta in sede di
legittimità, non trova alcun riscontro, posto che la sentenza richiamata che

inadempimento dell’obbligo.

avrebbe riconosciuto il vincolo della continuazione con il precedente giudicato
non risulta essere assistita dal crisma dell’irrevocabilità.
Peraltro, la giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere che, in tema di
sospensione condizionale della pena, il mancato adempimento, entro il termine
fissato, dell’obbligo di demolizione dell’immobile abusivo – cui sia subordinata la
concessione del beneficio di cui all’art. 163 cod. pen. – determina la revoca della
sospensione condizionale della pena, la quale opera di diritto, salva l’ipotesi di
sopravvenuta impossibilità non dipendente da atto volontario. Infatti, il termine

costituisce un elemento essenziale della concessione del beneficio, ed entro tale
termine, pena la revoca in sede esecutiva, deve essere assolto l’obbligo
condizionante (Sez. 3, n. 20378 del 24/02/2004, Borrello, Rv. 229035) ), con la
conseguenza che il giudice dell’esecuzione, al quale non è attribuita alcuna
discrezionalità al riguardo, non è tenuto a motivare su questioni diverse
dall’adempimento e dalla inesistenza di cause che lo rendano impossibile (Sez. 3,
n. 10672 del 05/02/2004, Raptis, Rv. 227873) per fatti non imputabili al
condannato.
Perciò il termine fissato dal giudice per l’attuazione dell’obbligo di
demolizione (nel caso di specie tre mesi dalla irrevocabilità della sentenza) è un
termine tassativo, che non patisce dilazioni ed è ampiamente scaduto non
potendo rilevare situazioni che, rispetto all’irrevocabilità della statuizione della
quale si discute, non abbiano prodotto effetti assimilabili al giudicato.

3. Sulla base di ciò, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e, tenuto
conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 136 della Corte costituzionale e rilevato
che non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, alla
relativa declaratoria, segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della
somma, ritenuta congrua, di euro 1.500,00 alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 08/04/2016

per l’adempimento, per il principio di obbligatorietà ed effettività della pena,

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