Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28963 del 03/03/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28963 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Mise Giovanni, nato a Cosenza il 17/1/1987
avverso l’ordinanza del 20/10/2015 del Tribunale di Catanzaro
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dai Consigliere Giovanni Liberati;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Marina
Di Narri°, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso o in
subordine il rigetto dello stesso;
udito per il ricorrente l’avv. Gianpiero Calabrese, che ha concluso chiedendo
raccoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 20 ottobre 2015 il Tribunale di Catanzaro ha respinto fa
richiesta di riesame presentata da Giovanni Aloise nei confronti della ordinanza
dei 17 settembre 2015 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Catanzaro, applicativa nei suoi confronti della custodia cautelare in carcere per i
reati di cui agii artt. 73 e 74 d.P.R. 309/90.
Il Tribunale del riesame, nel disattendere il gravame dell’indagato, ha
ritenuto sussistenti gravi indizi di colpevolezza del ricorrente in relazione ai sei
reati fine contestati (vari episodi di cessioni di stupefacente) ed alla

Data Udienza: 03/03/2016

partecipazione al sodalizio criminale, ed anche il pericolo di recidivanza, per il
carattere stabile e continuato della adesione al sodalizio illecito.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso l’indagato mediante il suo
difensore, affidato a quattro motivi, così riassunti entro i limiti previsti dall’art.
173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo ha prospettato contraddittorietà della motivazione e
violazione dell’art. 273 cod. proc. pen., evidenziando la contraddizione tra il

stessa (tra le cui caratteristiche era stata indicata quella di corrispondere una
retribuzione regolare ai partecipanti addetti alla attività di spaccio) e con la sua
descrizione come acquirente della sostanza stupefacente dal gruppo (ruolo
incompatibile con la partecipazione allo stesso), sottolineando la sua autonomia
nello stabilire ì pre77i al dettaglio della

sostanza stupefacente.

2.2. Con il secondo motivo ha denunciato mancanza di motivazione circa le
esigenze cautelati, non essendo stata sufficientemente illustrata l’attualità delle
esigenze cautelaci e l’inadeguatezza di altre misure, anche in considerazione del
tempo trascorso tra la commissione dei reati e l’applicazione della misura.
2.3. Con il terzo motivo ha lamentato violazione di legge in relazione all’art.
275 bis cod. proc. pen. e mancanza di motivazione circa la insufficienza o
inadeguatezza degli arresti domidliarì a salvaguardare le ravvisate esigenze
cautelari.
2.4. Con il quarto motivo ha lamentato mancanza di motivazione in ordine
alla sussistenza di eccezionali esigenze cautelari quali richieste dall’art. 89,
comma 2, d.P.R. 309/90 e dall’art. 299 cod. proc. peri., anche in relazione alla
sua richiesta di sostituzione della misura con quella degli arresti dorniciliari in
una comunità terapeutica, avendo documentato il proprio stato di
tossicodipendente e non avendo il Tribunale motivato sulla eccezione rilevanza
delle esigenze cautelarli.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.

1. Per quanto riguarda il primo motivo, mediante il quale sono state
prospettate contraddittorietà della motivazione e violazione dell’art. 273 cod.
proc. peri., in ragione della inconciliabilità della affermazione della partecipazione
del ricorrente al sodalizio criminale (alla cui attività avrebbe preso parte,
intervenendo anche alle riunioni presso l’abitazione di Marco Paura ed Ester Mollo
in Cosenza, costituente la base logistica del gruppo, e ricevendo anche un
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ruolo del ricorrente di debitore della associazione e la sua partecipazione alla

corrispettivo fisso) con la veste dello stesso ricorrente di debitore della
associazione per forniture di stupefacenti (relative ad attività che il ricorrente
avrebbe svolto autonomamente e non per conto e nell’interesse del gruppo, tra
cui i sei episodi di cessione di stupefacenti allo stesso contestati, considerati da!
Tribunale reati fine, e da qualificare, invece, come reati commessi dall’Aloise
autonomamente), deve essere esclusa la sussistenza dei vizi denunciati dal
ricorrente.
Non vi è, infatti, alcuna inconciliabilità logica tra la partecipazione del

di Cosenza, come tale tenuto a riversare ai capi del gruppo i proventi di tale
attività, onde ricevere il corrispettivo concordato, e la veste dello stesso
ricorrente di debitore del gruppo, per forniture dì stupefacenti, che l’Aloise
consumava o rivendeva per proprio conto, in quanto la partecipazione alla
associazione come spacciatore, con il connesso obbligo di riversare nella “cassa
comune” del gruppo ì proventi della attività, per poi ricevere il corrispettivo
concordato come dovuto per tale attività, non esclude né acquisti per il consumo
diretto, né io svolgimento di attività di spaccio in proprio, non essendo emersa
l’esistenza di una sorta di patto di esclusiva o divieto di concorrenza, con la
conseguente piena compatibilità, sul piano logico, delle due attività di cuì invece
il ricorrente ha prospettato l’inconciliabilità.
Il Tribunale ha dettagliatamente evidenziato i plurimi elementi da cui trarre
gli indizi della partecipazione del ricorrente al sodalizio criminale, tra cui gli esiti
delle captazioni delle conversazioni all’interno della abitazione di Marco Paura
(“sede operativa” del gruppo), nelle quali i capi della associazione si riferiscono
all’Aloise come uno degli spacciatori del sodalizio, lo richiamano all’ordine in
considerazione della concorrenza svolta da altri gruppi nella attività di spaccio, si
lamentano del mancato versamento dei proventi della attività di spaccio; nonché
il contenuto delle intercettazioni delle conversazioni telefoniche, nelle quali viene
espressa la preoccupazione per il possibile svolgimento della attività di spaccio
da parte dell’Aloise per conto di altri gruppi; i servizi di appostamento, che
avevano consentito dì accertare la presenza del ricorrente nella sede del gruppo;
le dichiarazioni del collaboratore Adotto Foggetti, che aveva indicato l’Aloise
come spacciatore alle dipendenze di Celestino Abruzzese, cioè uno dei capi della
associazione.
Tribunale ha poi ritenuto irrilevantS, le circostanze, posti invece a
fondamento della censura, della esistenza di un debito del ricorrente nei
confronti della associazione, ed il timore dei sodali per lo svolgimento da parte
dell’Aloise della attività di spaccio per conto di altro sodalizio, giudicandole non
incompatibili con la partecipazione alla associazione: tali considerazioni,
adeguatamente motivate, risultano corrette e condivisibili e resistono alla
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ricorrente al sodalizio, quale incaricato dello spaccio nel centro storico della Città

denuncia di contraddittorietà formulata dal ricorrente, non essendovi
inconciliabilità tra la partecipazione alla associazione ed acquisti di stupefacente
dalla associazione medesima per il consumo personale od una autonoma attività
di spaccio, non essendo emersa una caratterizzazione rigida della associazione
tale da impedire siffatte attività agli associati.
Deve, in conclusione, escludersi la fondatezza della

denuncia di

contraddittorietà della motivazione in ordine alla gravità indiziaria della

2. Anche la censura relativa alla insufficienza della motivazione in ordine alla
sussistenza delle esigenze cautelari risulta infondata.
Al riguardo il ricorrente ha sottolineato la mancata considerazione del
notevole intervallo dì tempo trascorso tra i fatti, risalenti al maggio 2014, e
l’applicazione della misura, disposta nel settembre 2015, ma il Tribunale ha
adeguatamente motivato circa il persistere del pericolo di recidivanza nonostante
il tempo trascorso, desumendolo dalla stabile e prolungata adesione al sodalizio
criminoso, dalla pluralità dei reati fine commessi e dai precedenti penali anche
specifici dell’indagato: tale motivazione risulta sufficiente, avendo il Tribunale
ritenuto irrilevante il solo dato cronologico a fronte della gravità e protrazione nel
tempo delle condotte e della pericolosità dell’Aloise, e corretta, non potendo dal
solo dato cronologico (peraltro non rilevante) trarsi il venir meno delle esigenze
cautelari a fronte della partecipazione ad un reato associativo, della commissione
di numerosi reati e della esistenza di specifici precedenti penali.

3. Le censure relative alla insufficienza della motivazione in ordine alla
adeguatezza della custodia cautelare in carcere, a fronte della richiesta di essere
sottoposto agli arresti domiciliari anche con mezzi di controllo elettronici od in
comunità terapeutica, sono inammissibili per sopravvenuta carenza di interesse,
essendo stata sostituita la misura cautelare della custodia in carcere con quella
degli arresti dorniciliari, come dichiarato dal difensore del ricorrente nel corso
dell’udienza di discussione, e non avendo, di conseguenza, più interesse il
ricorrente all’impugnazione, la cui attualità è venuta meno a causa della mutata
situazione di fatto, che ha assorbito la finalità perseguita dall’impugnante, che ha
già trovato concreta attuazione (cfr. Sez. U, n. 6624 del 27110/2011, Marinaj,
Rv. 251694).

Il ricorso deve, in conclusione, essere respinto, a cagione della infondatezza
del primo e del secondo motivo e della inammissibilità per sopravvenuta carenza
dì interesse del terzo e del quarto, con la conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

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partecipazione alla associazione finalizzata allo spaccio dì sostanze stupefacenti.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso il 3/3/2016

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