Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28962 del 03/03/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28962 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Bisogno Antonio, nato a Cava de’ Tirreni il 20/9/1947
avverso l’ordinanza del 21/10/2014 della Corte d’appello dì Salerno
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
letta la requisitoria depositata dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore Generale Francesco Mauro Iacoviello. che ha concluso chiedendo
dichiararsi inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 21 ottobre 2014 la Corte d’appello di Salerno ha
respinto l’opposizione proposta da Antonio Bisogno nei confronti della
ingiunzione a demolire emessa dalla Procura Generale presso la Corte di appello
di Salemo, in relazione alla sentenza della medesima Corte d’appello di Salem°
del 19 aprile 2011, divenuta irrevocabile il 29 ottobre 2011.
-(

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso l’imputato mediante il suo
difensore, affidato a quattro motivi, così riassunti entro i limiti previsti dall’ad.
173 disp. alt. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo ha denunciato violazione di legge penale con
riferimento agli artt. 163 e 165 cod. pen., per essere l’ingiunzione a demolire

Data Udienza: 03/03/2016

stata emessa in pendenza dei termine di due anni assegnato dal Tribunale per
provvedervi quale condizione per beneficiare della sospensione condizionale della
pane, termine che sarebbe scaduto il 29/10/2013.
2.2. Con il secondo ed il terzo motivo ha denunciato ulteriore violazione dì
legge penale, in relazione all’art. 34 d.P.R. 380/2001, e vizio di motivazione, per
la mancata considerazione del pregiudizio per la statica della porzione legittima
del fabbricato quale conseguenza della esecuzione della demolizione, emergente
dalla relazione prodotta, e della presentazione dell’istanza di sanatoria ai sensi

2.3. Con il quarto motivo ha denunciato violazione della 1. 64/1974 con
riferimento agli artt. 93 e 95 d.P.R. 380/2001, dovendo la demolizione del
manufatto, realizzato anche in violazione della normativa antisismica, essere
eseguita dall’Ufficio del Genio Civile e non dal Pubblico Ministero.

3. Il Pubblico Ministero nella sua requisitoria scritta ha concluso per la
dichiarazione di inammissibilità del ricorso, evidenziando la carenza di interesse
del ricorrente in relazione al primo motivo; la manifesta infondatezza del
secondo motivo, per la mancata allegazione delle informazioni fattuali circa lo
stato della procedura di condono (onde valutarne il probabile esito);
l’insussistenza del pericolo per la stabilità dell’edificio (stante la genericità della
relazione di consulenza tecnica allegata dal ricorrente) allegata con il terzo
motivo; la manifesta infondatezza della eccezione di incompetenza del Pubblico
Ministero ad impartire l’ordine di demolizione, sulla base del rilievo che la
demolizione disposta ai sensi dell’art. 31, comma 9, d.P.R. 380/2001 attrae
anche quella disposta ai sensi dell’art. 98 d.P.R. 380/2001 citato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.

1. Per quanto riguarda il primo motivo, mediante il quale è stata denunciata
violazione degli artt. 163 e 165 cod. pen., per essere stata emessa l’ingiunzione
a demolire il 17 giugno 2013, in pendenza del termine di due anni assegnato per
provvedere alla demolizione delle opere abusive (cui era stata subordinata la
sospensione condizionale della pena), essendo divenuta definitiva la sentenza
della Cotte d’appello di Salerno il 29 ottobre 2011 e venendo di ~sequenza a
scadere detto termine biennale il 29 ottobre 2013, deve rilevarsi, in accordo con
quanto osservato dal Procuratore Generale, l’inammissibilità di tate censura per
difetto di interesse attuale, essendo decorso tale termine alla data della
decisione della Corte d’appello (resa il 21 ottobre 2014).
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dell’art. 34 d.P.R. 38/2001 citato.

L’interesse, richiesto dall’art. 568, comma 4, cod. proc. pen., quale
condizione di ammissibilità dell’impugnazione, deve essere collegato, infatti, agli
effetti primari e diretti dell’atto da impugnare e sussiste solo se il gravame è
idoneo ad eliminare una decisione pregiudizievole, determinando per
l’impugnante una situazione pratica più vantaggiosa di quella esistente.
Nella specie il termine di due anni dal passaggio in giudicato della sentenza
di condanna (decorrente dal 29 ottobre 2011), assegnato al ricorrente per
provvedere alla demolizione delle opere abusive, era già interamente e

nella motivazione della ordinanza), con la conseguenza che il ricorrente risulta
privo di interesse a dolersi della emissione della ingiunzione a demolire in
pendenza di detto termine, ormai trascorso, non potendo conseguire alcun
risultato pratico utile, stante il vano ed integrale decorso di tale termine, dalla
eventuale rimozione della decisione impugnata, che non ha, per contro,
determinato alcun effetto pregiudizievole per il ricorrente, essendo stata adottata
allorquando il termine citato era interamente decorso.

2. Per quanto riguarda il secondo ed il terzo motivo, che possono essere
esaminati congiuntamente, avendo entrambi ad oggetto la mancata
considerazione della richiesta di sanatoria presentata dall’imputato ai sensi
dell’art. 34, comma 2, d.P.Ft. 38012001, fondata anche sul pericolo per la parte
legittima dei fabbricato conseguente alla demolizione della sopraeievazione
oggetto della condanna e della ingiunzione di demolizione, va ricordato che,
come peraltro già sottolineato dal Procuratore Generale nella sua requisítoria
suina, ai finì della revoca o sospensione dell’ordine dì demolizione delle opere
abusive in presenza di un’istanza di condono o di sanatoria successiva al
passaggio in giudicato della sentenza di condanna, il giudice dell’esecuzione
investito della questione è tenuto a un’attenta disarnina dei possibili esiti e dei
tempi di definizione della procedura ed, in particolare: a) ad accertare il possibile
risultato dell’istanza e se esistono cause ostative al suo accogiimento; b) nei
caso di insussistenza di tali cause, a valutare i tempi di definizione del
procedimento amministrativo e sospendere l’esecuzione solo in prospettiva di un
rapido esaurimento dello stesso (ex plurimis, Sez. 3, Ordinanza n. 47263 del
25/09/2014, Russo, Rv. 261212; Sez. 3, 7/12/2011,

11149/2012; Sez. 4,

11/10/2011, n. 44035; Sez. 3, 7/7/2011, n. 36992; Sez. 3, 21/6/2011, n.
29638).
Ora, nella specie, la Corte d’appello, nel disattendere !Istanza di revoca o
sospensione dell’ordine di demolizione, fondata sulla presentazione della
richiesta di sanatoria della porzione di immobile abusiva ed oggetto della
ingiunzione a demolire, ha evidenziato la mancanza di qualsiasi elemento a

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variamente decorso alla data della decisione impugnata (come già sottolineato

sostegno della probabile emanazione di un provvedimento amministrativo o
giurisdizionale incompatibile con tale ordine di demolizione, sottolineando che
l’intero territorio del Comune di Cava dei Tirreni è oggetto di dichiarazione di
notevole interesse paesaggistico e che la domanda di sanatoria era stata
presentata solo successivamente alla notificazione dell’ingiunzione a demolire.
A fronte di tali, del tutto corretti, rilievi, il ricorrente si è limitato a ribadire il
dato costituito dalla presentazione della domanda di sanatoria, pendente dal 15
luglio 2013, senza nulla aggiungere circa lo stato dei relativo procedimento, con

ritenuta irrilevante, in mancanza di elementi per verificare lo stato del
procedimento e per valutare il grado di fondatezza della domanda.
2.1. Per quanto riguarda la doglianza relativa alla omessa o insufficiente
considerazione dei pericolo per la stabilità dell’edificio, conseguente alla
demolizione della sopraelevazione abusiva, va ribadito che la sospensione o la
revoca dell’ordine dì demolizione per il pregiudizio a parti legittime del fabbricato
possono essere disposte solo in caso di impossibilità assoluta dì adempiervi (cfr.
Sez. 3, n. 9859 del 21/01/2016, Fontana, Rv. 266466), non imputabile ai
condannato (Sez. 3, n. 35972 del 22/09/2010, Lembo, Rv. 248569).
Al riguardo la Corte d’appello ha evidenziato la mancanza di idonea
dimostrazione del pregiudizio alla struttura ed all’utilizzo della parte sottostante
del fabbricato, evidenziando lirrilevanza delle spese da affrontare per procedere
alla demolizione ed anche della incidenza sulla funzionalità ed utilizzabilità della
parte residua del manufatto, ribadendo la necessità, ai finì della sospensione o
revoca dell’ordine di demolizione, di un effettivo pregiudizio alla restante parte
dell’edificio, consistente nella menomazione della stabilità del manufatto.
Tale motivazione risulta adeguata e conforme all’orientamento interpretativo
ricordato e, di conseguenza, non è sindacabile sul piano dei merito, non
emergendo, peraltro, neppure dalla relazione tecnica allegata alla richiesta di
sanatoria ai sensi dell’art. 34 d.P.R. 380/2001, l’impossibilità assoluta di
procedere alla demolizione, essendo stati evidenziati i problemi per la statica
dell’edificio conseguenti alla demolizione del piano mansardato, non comportanti
però il collasso dell’intera struttura, e sottolineata la necessità di procedere alla
demolizione per fasi successive, comportanti modifiche della struttura quanto
alla entità e distribuzione dei carichi ed anche quanto allo schema strutturale,
con possibile perdita di stabilità e di collasso totale o parziale: non si versa,
dunque, in una ipotesi di assoluta impossibilità di procedere alla demolizione, ma
solamente nella necessità di adottare le cautele tecniche conseguenti alla
demolizione di un intero piano mansardato, con la conseguente insussistenza dei
presupposti per disporre la revoca o la sospensione della demolizione anche
sotto questo profilo.
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la conseguente correttezza della decisione della Corte d’appello, che la ha

Entrambe le doglianze formulate con i motivi in esame debbono, pertanto,
essere ritenute infondate.

3. Il quarto motivo, mediante il quale è stata denunciata violazione degli arti.
93 e 95 d.P.R. 38012001, per essere sottratta al Pubblico Ministero nelle zone
sismiche la competenza a provvedere alla demolizione, è infondato, essendo
stato chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte che l’ordine di demolizione di
un manufatto abusivo, impartito dal giudice per la violazione della normativa

quanto la demolizione del fabbricato sottrae qualsiasi valutazione all’Ufficio
Tecnico della Regione, autorità amministrativa competente all’esecuzione di
quest’ultimo, dovendo il manufatto essere comunque eliminato dai territorio
(Sez. 3, n. 18535 del 23/03/2011, Impagliazzo, Rv. 250146, che in motivazione
ha precisato che eventuali problemi di competenza e coordinamento si pongono
in caso di ordine di demolizione parziale del fabbricato, nel qual caso spetterà al
giudice dell’esecuzione fissare i limiti della competenza dell’Autorità Giudiziaria;
conf. Sez. 3, n. 46209 del 12/10/2011, Pacchioni, Rv. 251593, che ha ribadito il
principio secondo cui alla demolizione del manufatto derivante, allo stesso
tempo, dalla violazione della normativa edilizia nonché di quella della normativa
antisismica, sì applica la sola procedura di cui all’art. 31 del d. P.R. n. 380 del
2001 e non anche quella di cui all’art. 98, sicché compete, per entrambe, al
Pubblico Ministero l’iniziativa per la relativa esecuzione).
Il ricorso deve, in conclusione, essere respinto, stante l’inammissibilità dei
primo motivo e l’infondatezza degli altri, con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente ai pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 3/3/2016

edilizia, assorbe quello disposto per la violazione della normativa anlisismica, in

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