Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28958 del 02/02/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28958 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: RICCARDI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto dal
Crupi Vincenzo, nato a Siderno (RC) il 15/07/1963;
Crupi Rocco Natale, nato a Siderno (RC) il 02/01/1966

avverso l’ordinanza del 02/11/2015 del Tribunale di Roma

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Giuseppe Riccardi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paola
Filippi, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
udito i rispettivi difensori, avv. Giuseppe Belcastro, Avv. Vincenzo Comi, Avv.
Giovanni Aricò, che hanno concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso e
l’annullamento senza/con rinvio.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 16 ottobre 2015 il Giudice per le indagini preliminari
del Tribunale di Roma emetteva ordinanza di custodia cautelare in carcere nei
confronti (tra gli altri) di Crupi Vincenzo e Crupi Rocco Natale, rinnovando la

Data Udienza: 02/02/2016

misura già disposta dal GIP del Tribunale di Latina in data 30/09/2015, che, nel
convalidare il fermo disposto dal P.M. della D.D.A. di Roma il 25/09/2015, aveva
dichiarato la propria incompetenza.
In particolare, il titolo cautelare veniva emesso in ordine al reato di
associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico (capo A) – promossa e
diretta da Crupi Vincenzo e Crupi Rocco Natale (entrambi ritenuti legati alla
cosca di ‘ndrangheta dei Commisso di Siderno), nonché da Macrì Vincenzo e
Barranca Domenico -, nonché a sei ipotesi di importazione e trasporto di cocaina

tonnellate di cioccolato marca Lindt (capo H).
Il procedimento riguardava la stabile organizzazione di un traffico di ingenti
quantità di cocaina dall’Olanda, che si articolava mediante raccolta del denaro
contante necessario per l’acquisto, e trasporto del denaro occultato all’interno di
camion adibiti al trasporto di fiori, adoperati poi per la successiva importazione
dello stupefacente acquistato in Olanda. L’attività di commercio dei fiori, mera
copertura del traffico di stupefacenti, veniva dissimulata, in particolare, tramite
due società, entrambe riferibili agli odierni ricorrenti: la Krupy s.r.I., con sede in
Latina, ove venivano convogliate le somme di denaro raccolte, per il successivo
trasporto in Olanda, e la Fresh, con sede in Olanda, che fungeva da schermo per
la ricezione delle somme.

1.2. Con ordinanza del 02/11/2015 il Tribunale di Roma, in funzione di
riesame, confermava l’ordinanza cautelare nei confronti degli odierni ricorrenti.

2. Avverso tale provvedimento i rispettivi difensori degli indagati, Avv.
Giovanni Aricò, Avv. Giuseppe Belcastro e Avv. Vincenzo Comi, con unico atto,
hanno proposto ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 311, comma 1, cod.
proc. pen., articolando tre motivi di censura, di seguito enunciati nei limiti
strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Con un primo motivo deducono l’inosservanza o erronea applicazione
della legge processuale penale ex art. 606, lett. c), in relazione agli artt. 272 e
273 cod. proc. pen., all’art. 309, comma 9, cod. proc. pen., la violazione di legge
sostanziale, in relazione agli artt. 73 e 74 d.P.R. 309 del 1990, e il vizio di
motivazione: si censura la “totale mancanza” di gravi indizi di colpevolezza, e
l’assenza di una autonoma valutazione degli stessi, che pure avrebbe dovuto
condurre il Tribunale del riesame ad annullare l’ordinanza genetica; in
particolare, dall’accertata sussistenza di un costante flusso di denaro contante,
convogliato presso la sede della società Krupi s.r.I., facente capo agli odierni
ricorrenti, e dal successivo trasporto in Olanda, si desume la riconducibilità del
flusso di denaro all’attività di spaccio di droga, e l’attribuibilità ai fratelli Crupi.

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dall’Olanda (capi B, C, D, E, F, G), e ad una ipotesi di ricettazione di 175

Tuttavia, l’inconsistenza probatoria è evidenziata anche dall’episodio del
sequestro di denaro al Beretta, che raccoglieva il denaro dai clienti delle aziende
florovivaistiche italiane rifornite dalla FRESH, che pagavano le fatture con denaro
contante. L’ordinanza impugnata, invero, omette di rilevare che il denaro è stato
dissequestrato dal Tribunale del Riesame di Latina, e che gli odierni ricorrenti
erano del tutto estranei all’attività di traffico internazionale di cocaina.
In particolare, dalla copiosa attività di intercettazione non emergono
conversazioni dalle quali si evinca che i fratelli Crupi diano istruzioni in merito

circostanza che i due sequestri di stupefacenti siano stati eseguiti nei confronti di
autisti della Krupi s.r.I.; invero, sia Arben che D’Aversa utilizzavano propri
automezzi per eseguire i trasporti, e non vi sono elementi che consentano di
ricondurre i traffici illeciti alla Krupi o alla Fresh.
Peraltro, non è vero che tutti i soggetti adibiti al trasporto verso l’estero
fossero riconducibili al sodalizio gestito dai Crupi.
Anche le intercettazioni valorizzate nell’ordinanza impugnata non appaiono
rilevanti ai fini dell’integrazione della gravità indiziaria: la conversazione del
20/09/2013 tra Aieta e Grasso non consente di attribuire all’incontro del
15/11/2013 tra Barra e Crupi Vincenzo altro significato diverso
dall’organizzazione di un commercio di latticini; e anche laddove parlano dei
“calabresi”, non possono riferirsi ai fratelli Crupi, per il richiamo all’arresto del
fratello, in quanto nessuno di loro risulta arrestato nel 2013.
Il vizio di motivazione censurato si estende altresì all’omessa motivazione
sulle deduzioni difensive, ed in particolare in merito alla produzione di una nota
tecnica corredata dalle copie di due bilanci della FRESH, attestante il
considerevole volume d’affari in grado di giustificare il flusso di denaro;
l’ordinanza impugnata avrebbe “liquidato” l’argomento a p. 9, “in maniera
sintetica ed addirittura travisante”: invero, la difesa aveva dedotto che in Olanda
l’uso del contante non trova limiti, se non per prassi, e dunque il contante in
arrivo dall’Italia veniva versato in banca e dichiarato regolarmente al fisco; in
ogni caso, avendo la FRESH volumi d’affari significativi, non era plausibile
l’ipotesi che il denaro fosse di provenienza illecita.
Anche l’intercettazione dell’11/10/2014 tra Rocco Crupi e Marco Crivellari,
nel corso della quale il primo esprimeva la propria volontà di non avvalersi più di
autisti coinvolti in vicende giudiziarie, lungi dal dimostrare la partecipazione dei
fratelli Crupi, ne dimostra l’assoluta estraneità; il Cinotti, del resto, non aveva
più rapporti lavorativi con le imprese dei Crupi già da un anno e mezzo, ed il
riferimento era sicuramente a Qushqu Arben.

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all’organizzazione dei trasporti di cocaina, né, in tal senso, appare rilevante la

La carenza della gravità indiziarla, del resto, si desume anche dalla omessa
motivazione in ordine alla partecipazione degli odierni ricorrenti alle singole
ipotesi di trasporto di cocaina.

2.2. Con un secondo motivo deducono l’inosservanza o erronea applicazione
della legge processuale penale ex art. 606, lett. c), in relazione agli artt. 272 e
273 cod. proc. pen., all’art. 309, comma 9, cod. proc. pen., la violazione di legge
sostanziale, in relazione all’art. 648 c.p., e il vizio di motivazione: si censura che
il Tribunale del Riesame, anziché annullare l’ordinanza genetica, per la carenza di

integrazione, colmando la mancanza motivazionale

per relationem,

con

l’espresso richiamo a quanto già deciso rispetto alla diversa posizione
processuale di De Martino Pasquale.
La censura coinvolge altresì la declaratoria di incompetenza in favore del
Tribunale di Latina, che, richiamando giurisprudenza di legittimità, si assume
avrebbe dovuto condurre alla trasmissione degli atti al giudice ritenuto
competente, perché provvedesse nei termini fissati dall’art. 27 cod. proc. pen.; si
censura, inoltre, la mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza
dell’urgenza.

2.3. Con un terzo motivo deducono l’inosservanza o erronea applicazione
della legge processuale penale ex art. 606, lett. c), in relazione agli artt. 274 e
275 cod. proc. pen.: nella motivazione delle esigenze cautelari manca una
valutazione delle esigenze concrete e della irrilevanza delle argomentazioni
difensive.
Inoltre, manca qualsiasi motivazione individualizzante in ordine all’esigenza
cautelare del pericolo di recidiva e del pericolo di inquinamento probatorio, sulla
base di elementi concreti: non emergono riferimenti concreti alla possibilità che
gli indagati possano emettere documenti fiscali successivi, al fine di “giustificare”
i contestati flussi di denaro.
La motivazione è assente anche con riferimento alla valutazione in ordine
all’inadeguatezza di misure cautelari meno afflittive; alcuna argomentazione
prende in esame la circostanza che Crupi Rocco Natale avesse reso dichiarazioni
in udienza, chiedendo l’applicazione della misura degli arresti domiciliari, e
dichiarando la propria disponibilità alla prescrizione del braccialetto elettronico.

2.4. Con successiva memoria del 07/12/2015 i ricorrenti integravano i
motivi di ricorso riguardanti la violazione di legge processuale ed il vizio di
motivazione, in relazione all’individuazione delle esigenze cautelari: in
particolare, quanto al pericolo di reiterazione del reato, censurano che
l’ordinanza impugnata non motivi in ordine al requisito dell’attualità, oltre che
della concretezza, del pericolo di recidiva; in merito al pericolo di fuga, integrato

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autonoma valutazione in ordine all’imputazione per ricettazione, azioni i poteri di

dal fatto che l’Autorità giudiziaria olandese avrebbe dovuto ostendere gli atti di
investigazione compiuti entro la fine del mese di settembre, il Tribunale non ha
considerato che, alla data dell’udienza, la prospettata discovery non era ancora
intervenuta, e che, sebbene sottoposto ad una serie di perquisizioni presso il
domicilio e la sede aziendale in Olanda, Crupi Vincenzo non si è allontanato dalle
proprie residenze.

2,5. Infine, con ulteriore memoria del 29/01/2016 i ricorrenti ribadivano la
carenza della gravità indiziaria, sostenendo che il collegamento tra il flusso di

argomentativo esclusivamente logico, in assenza di elementi di fatto idonei a
collegare i due fatti; peraltro, il Tribunale del riesame ha omesso di motivare in
ordine all’ipotesi alternativa dedotta, anche con documenti (bilanci della FRESH),
secondo la quale il considerevole volume di affari della società olandese (22
milioni di euro l’anno) spiegherebbe il significativo flusso di denaro confluito
verso la stessa, per motivi commerciali leciti.
In secondo luogo, i ricorrenti lamentavano l’erroneità della motivazione del
Tribunale, con riferimento alla circostanza che soltanto uno dei trasportatori
menzionati nell’ordinanza – Qushku – svolgeva attività di trasporto anche (ma
non solo) per conto dei Crupi, non avendo Cinotti più rapporti dal 2013, ed
essendo D’Aversa addirittura sconosciuto a Crupi Rocco.
In terzo luogo, dal medesimo modus operandi emerso in relazione ai capi da
B a G si è desunto che i trasportatori operassero per conto dei fratelli Crupi;
inferenza logica debole, anche alla luce del rilievo che alcuna intercettazione dei
Crupi è stata captata nelle fasi di programmazione, organizzazione e gestione dei
trasporti contestati. Manca, dunque, qualsiasi elemento indiziario in grado di
collegare i ricorrenti all’associazione e ai singoli episodi di trasporto.
La censura investe altresì l’assenza di qualsiasi elemento concreto dal quale
desumere la partecipazione, addirittura con ruoli apicali, all’associazione, ed ai
singoli reati-scopo contestati: in ordine a questi ultimi si contesta l’assenza,
anche grafica, della motivazione in ordine alla riconducibilità dei reati ai
ricorrenti, frutto di un “inaccettabile automatismo” gemmato dalla
partecipazione, con ruoli apicali, all’associazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è infondato e va rigettato.

2. Il primo motivo di ricorso deduce, sovrapponendo sovente i profili, il vizio
di motivazione ed il vizio di violazione di legge in relazione alla ritenuta

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denaro e le importazioni di cocaina dall’Olanda fosse frutto di un metodo

sussistenza del requisito dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato
associativo ed ai reati-fine in materia di traffico di stupefacenti.

2.1. In particolare, sotto un primo profilo i ricorrenti lamentano una
violazione dell’art. 309, comma 9, cod. proc. pen., per non aver il Tribunale del
riesame annullato l’ordinanza cautelare, in quanto ritenuta priva di adeguata
motivazione in ordine alla gravità indiziaria, nonché di autonoma valutazione
delle esigenza cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa; il
Tribunale del riesame avrebbe erroneamente rigettato l’eccezione, rilevando “un

In tal senso, il fondamento probatorio dell’ordinanza sarebbe costituito
dall’accertato costante flusso di denaro contante, convogliato presso la società
Krupi s.r.l. degli odierini ricorrenti; tali somme sono state ritenute impiegate per
l’acquisto di cocaina in Olanda, successivamente importata in Italia.
Tuttavia, si deduce, tale ricostruzione è l’acritica ripetizione dell’ipotesi
accusatoria, e l’ordinanza genetica non contiene una autonoma valutazione del
quadro indiziario.
La censura è infondata: invero, secondo quanto emerge dal testo del
provvedimento impugnato, il Gip del Tribunale di Roma che ha applicato la
misura della custodia in carcere ha operato “un adeguato vaglio critico delle
risultanze di indagine”; sulla base di tale valutazione, l’ordinanza impugnata ha
rigettato l’eccezione di nullità per omessa motivazione proposta dalla difesa,
rilevando che l’esistenza di un apparato motivazionale dell’ordinanza genetica
legittima i poteri di integrazione spettanti al Tribunale del riesame.
La motivazione del Tribunale del riesame appare, al riguardo, immune da
censure; l’ordinanza genetica risulta, infatti, diffusamente motivata, e l’art. 309,
comma 9, cod. proc. pen., prevede l’annullamento del provvedimento cautelare
impugnato soltanto in caso di mancanza di motivazione o di autonoma
valutazione delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla
difesa.
In tal senso si è altresì espressa la giurisprudenza di questa Corte, secondo
la quale/ anche alla luce delle modifiche apportate all’art. 309, comma 9, cod.
proc. pen., dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, il tribunale del riesame ha un
potere-dovere di integrazione della motivazione del provvedimento impugnato,
ma non può mai completare quella ordinanza cautelare, la cui motivazione non
abbia un contenuto dimostrativo dell’effettivo esercizio di una autonoma
valutazione da parte del giudicante (Sez. 6, n. 44605 del 01/10/2015, De Lucia,
Rv. 265349).

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adeguato vaglio critico delle risultanze di indagine”.

La doglianza, peraltro, è generica, in quanto non indica in cosa
consisterebbero i ‘vuoti motivazionali’ dell’ordinanza genetica, dei quali si
lamenta l’integrazione da parte del Tribunale del riesame.
Del resto, se la censura riguarda, come in realtà emerge dall’articolazione
del motivo di ricorso, il merito della valutazione del Gip, e, dunque, l’asserita
erroneità dell’affermazione di gravità indiziaria, la doglianza non può essere
qualificata in termini di violazione di legge in relazione all’obbligo di autonoma
valutazione, bensì in termini di vizio di motivazione, con i conseguenti limiti, di

Quanto alla pretesa mancanza di motivazione della stessa ordinanza del
riesame, la censura è manifestamente infondata, in quanto essa opera una
esposizione ed una diffusa valutazione degli elementi di prova, non soltanto con
un richiamo per relationem all’ordinanza genetica ed al decreto di fermo, quanto
all’esposizione delle fonti di prova, ma altresì con una motivazione (anche)
stilisticamente autonoma contenente valutazioni individualizzanti in ordine ad
entrambi gli odierni ricorrenti, anche con l’indicazione delle intercettazioni
attestanti il loro attivo coinvolgimento ed il ruolo apicale.

2.2. In particolare, la doglianza concernente l’assenza di una autonoma
valutazione da parte del giudice che ha emesso la seconda ordinanza cautelare
(rispetto a quella adottata all’esito della convalida del fermo), per essersi limitato
a richiamare per relationem l’ordinanza genetica, o il decreto di fermo, non è
meritevole di accoglimento per l’erronea lettura che si intende attribuire al
requisito dell’ “autonoma valutazione”.
Al riguardo, la previsione della necessità di una “autonoma valutazione” del
giudice sui gravi indizi, sulle esigenze cautelari e sugli elementi forniti dalla
difesa operata dalla legge 16 aprile 2015, n. 47 che ha novellato l’art. 292,
comma 2, lett. c e c bis, cod. proc. pen., risponde alla finalità, espressa dal
legislatore storico, di sottolineare la dimensione

autonoma

della decisione

giudiziaria in materia cautelare personale rispetto alla richiesta del P.M.;
l’esigenza di ‘positivizzazione’ di un obbligo intrinseco alla stessa funzione
giurisdizionale, peraltro, è stata riferita, nel corso dei lavori preparatori, alle
prassi diffusesi, con l’uso e l’implementazione degli strumenti informatici,
soprattutto nell’adozione di provvedimenti cautelari di dimensioni significative,
per la presenza di una pluralità di indagati e/o di imputazioni; in tali ipotesi, le
tecniche di redazione dei provvedimenti si sono progressivamente modificate,
tanto che l’elaborazione, dottrinale e giurisprudenziale, formatasi sulla
motivazione per relationem è stata mutuata per i nuovi ‘modelli’ di motivazione
“per incorporazione” (o, nel gergo giudiziario, con il c.d. “copia e incolla”).

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cy–

cui si dirà, al sindacato di legittimità.

In tal senso, soprattutto nel caso di ordinanze cautelari personali, il giudice
richiama, sovente in maniera diretta (con l’utilizzo delle virgolette), altre in
maniera indiretta (provvedendo ad una sostanziale parafrasi), l’esposizione delle
fonti di prova proposta dal P.M., adoperando una tecnica di redazione che,
seppur ‘esteticamente’ non ‘bella’ (secondo i canoni dell’estetica, appunto), può
rivelarsi efficace, anche nell’ottica precipua del difensore, che ha la possibilità di
esaminare direttamente, ad esempio, le intercettazioni poste a fondamento
dell’affermazione di gravità indiziaria, senza dover necessariamente accedere ai

Il richiamo delle fonti di prova, e, talvolta, la condivisione della stessa
valutazione proposta dal P.M. in maniera argomentata, non può dunque inficiare
in alcun modo l’essenza dell’autonomia decisionale.
Il problema si è posto, e si pone, allorquando la c.d. motivazione “per
incorporazione” riproduca refusi, stilemi o improprietà terminologiche proprie
della richiesta del P.M. (ad es., “ad avviso di questo P.M.”), che indiziano un
controllo superficiale da parte dell’organo giudicante.
Questa la ratio del legislatore storico.
Tuttavia, secondo i canoni ermeneutici tradizionali, le norme di legge, una
volta emanate, si distaccano dalla voluntas ‘soggettiva’ del legislatore storico,
per assumere una propria dimensione oggettiva nell’ordinamento giuridico.
In tal senso, concernendo l’adozione di un provvedimento giurisdizionale e la
produzione di effetti giuridici, l’introduzione del requisito

dell’autonoma

valutazione deve essere inteso non già quale mero attributo “estetico”, o
“stilistico”, trattandosi di profilo estraneo alla celebre ragion pratica, bensì in
senso epistemologico: l’autonoma valutazione, in altri termini, deve consistere in
una autonoma decisione,

essendo il provvedimento giurisdizionale un atto

d’autorità, non già un atto di scienza (come, ad es., un’opera letteraria).
Tuttavia, l’autonomia della valutazione, e quindi della decisione, non può
ritenersi compromessa semplicemente dalla riproduzione, più o meno fedele,
della richiesta del P.M., in quanto ciò che rileva ai fini dell’integrità
dell’autonomia del giudice è la conoscenza degli atti del procedimento e la
volontà che sostiene il giudizio.
In altri termini, prescindendo dai profili ‘estetici’, o anche ‘etici’, della
decisione, irrilevanti ai fini della produzione degli effetti giuridici e della
legittimità dell’atto, sotto il profilo epistemologico il provvedimento che
riproduca, più o meno fedelmente, o comunque richiami, la richiesta del P.M.
(ma il discorso è analogo anche per altri atti) assume una propria oggettiva
consistenza, e, in assenza di affidabili criteri di classificazione del pensiero
autonomo, non può ritenersi per ciò solo indiziante una valutazione, e quindi una

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‘brogliacci’ delle singole conversazioni solo sinteticamente richiamate.

decisione, priva di

autonomia,

o, come pure si è detto, una cessione di

imparzialità.
A prescindere dai casi in cui la c.d. motivazione “per incorporazione”
riproduca refusi, stilemi o improprietà terminologiche proprie della richiesta del
P.M. (ad es., “ad avviso di questo P.M.”), che indiziano un controllo superficiale
da parte dell’organo giudicante, ed una valutazione non sufficientemente
‘meditata’, o comunque autonoma, la decisione cautelare che richiami, in
maniera più o meno estesa, la richiesta del P.M., condividendo altresì le
autonoma

valutazione in quanto assunta da un diverso organo giudiziario, sulla base della
conoscenza degli atti del procedimento e della formulazione di un giudizio
autonomo.
L’alternativa sarebbe o una inammissibile (in quanto irrilevante per il diritto)
pretesa di

autonomia ‘stilistica’,

che si risolverebbe in una mera, e solo

dispendiosa, parafrasi del testo altrui, magari pienamente ed autonomamente
condiviso, ovvero nella altrettanto inammissibile pretesa di una valutazione
necessariamente diversa rispetto a quella proposta dal P.M.: in tale seconda
ipotesi, supponendo che la richiesta contenga una ricostruzione dei fatti del tutto
aderente alle risultanze processuali, e proponga una valutazione degli stessi
logica e conforme al diritto, il giudice sarebbe costretto o ad uno sforzo
argomentativo in grado di formulare una valutazione conforme, ma diversa,
ovvero a formulare una valutazione difforme, con il solo proposito di dimostrare
una autonomia decisionale.
È evidente che una lettura ragionevole, ed epistemologicamente corretta,
della nuova formulazione della norma impone di ritenere che

valutazione

autonoma non vuol dire valutazione diversa o difforme.
L’autonoma valutazione, dunque, è compatibile con la tecnica di redazione
“per incorporazione” allorquando dal contenuto complessivo del provvedimento
emerga una conoscenza degli atti del procedimento e, ove necessario, una
rielaborazione critica o un vaglio degli elementi sottoposti all’esame
giurisdizionale, eventualmente anche sotto il profilo della graduazione delle
misure o del rigetto parziale di alcune richieste; soprattutto nei casi di richiamo
diretto (evidenziato dall’utilizzo delle virgolette), “per incorporazione”, della
richiesta del P.M., e allorquando questa contenga prevalentemente, come
sovente si registra, una esposizione delle fonti di prova, la cui valutazione è
rimessa all’efficacia c.d. ‘autoevidente’, il controllo giurisdizionale del giudice
della cautela deve consistere in una argomentata, per quanto succinta,
valutazione in ordine alla connessione degli elementi probatori ed alla loro
efficacia dimostrativa.

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valutazioni in esse eventualmente proposte, deve ritenersi frutto di

2.3. Nel medesimo senso si è espressa la giurisprudenza di questa Corte
che ha affrontato la questione, affermando che la previsione della necessità di
una “autonoma valutazione” del giudice sui gravi indizi, sulle esigenze cautelari e
sugli elementi forniti dalla difesa operata dalla legge 16 aprile 2015, n. 47 che ha
novellato l’art. 292, comma 2, lett. c e c bis, cod. proc. pen., non ha carattere
innovativo, trattandosi della sottolineatura di un obbligo già sussistente per il
giudice di manifestare all’esterno in modo percepibile il proprio convincimento,
obbligo correlato ai principi di terzietà ed imparzialità che sovrintendono alla

265983, che ha precisato che la necessità di un’autonoma valutazione è
compatibile con una tecnica redazionale

“per relationem”,

sempre che dal

contenuto complessivo del provvedimento emerga in modo chiaro che si sia
presa cognizione dei contenuti dimostrativi dell’atto richiamato o incorporato e li
si abbia autonomamente rapportati ai parametri normativi di riferimento).
Nello stesso senso si sono pronunciate altre decisioni di questa Corte: Sez.
6, n. 45934 del 22/10/2015, Perricciolo, Rv. 265068, che ha precisato che la
necessità di un’autonoma valutazione è compatibile con il rinvio –

“per

relationem” o per incorporazione – alla richiesta del pubblico ministero, quanto
alla esposizione dei presupposti di fatto, ma non anche quanto alle
prospettazioni e valutazioni delle ragioni che giustificano l’applicazione della
misura cautelare; Sez. 6, n. 47233 del 29/10/2015, Moffa Andrea, Rv. 265337,
che ha precisato che la necessità di un’autonoma valutazione è compatibile con il
rinvio –

“per relationem”

o per incorporazione – alla richiesta del pubblico

ministero, salvo che l’ordinanza recepisca la richiesta del P.M. aggiungendovi
mere clausole di stile senza una necessaria rielaborazione critica.
È stato, al riguardo, aggiunto che la prescrizione della necessaria autonoma
valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza è osservata
anche quando il giudice riporti nella propria ordinanza le acquisizioni e le
considerazioni svolte dagli investigatori e dal pubblico ministero, anche mediante
il rinvio per relationem al provvedimento di richiesta, purché, per ciascuna
contestazione e posizione, svolga un effettivo vaglio degli elementi di fatto
ritenuti decisivi, senza il ricorso a formule stereotipate, spiegandone la rilevanza
ai fini dell’affermazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari
nel caso concreto (Sez. 3, n. 840 del 17/12/2015, dep. 2016, Tinnirello, Rv.
265645), ed è compatibile con un rinvio per relationem o per incorporazione
della richiesta del PM che non si traduca in un mero recepimento del contenuto
del provvedimento privo dell’imprescindibile rielaborazione critica (Sez. 2, n.
3289 del 14/12/2015, dep. 2016, Astolfi, Rv. 265807, che ha ritenuto immune
da censure l’ordinanza del GIP che aveva richiamato la richiesta del PM ed aveva

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funzione giudicante (Sez. 1, n. 5787 del 21/10/2015, dep. 2016, Calandrino, Rv.

graduato, altresì, le misure cautelari applicate ai ricorrenti, così evidenziando
una autonoma valutazione circa la rilevanza delle emergenze investigative e
delle esigenze cautelari inerenti ciascun indagato).
Dunque, il requisito dell’autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei
gravi indizi di colpevolezza impone al giudice l’obbligo del vaglio critico delle
risultanze investigative tramite un’attività ricostruttiva ed esplicativa, che,
tuttavia, non implica, con riferimento all’esposizione della parte narrativa del
provvedimento, la necessità di una riscrittura originale del testo della richiesta

2.4.

Tanto premesso, va osservato che sia l’ordinanza genetica, sia

l’ordinanza impugnata, nel richiamare

per relationem,

rispettivamente,

l’ordinanza costitutiva e lo stesso decreto di fermo (p. 3), quanto alla
individuazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, ha
comunque formulato una valutazione autonoma rispetto alla richiesta del P.M. ed
alle precedenti ordinanze cautelari, come già evidenziato infra § 2.1. .
Dunque, appaiono immuni da vizi l’ordinanza genetica e l’ordinanza del
riesame che hanno richiamato per relationem l’originaria ordinanza cautelare,
che operava una diffusa ed ampia esposizione e valutazione delle fonti di prova,
del contenuto delle intercettazioni, e della rete di legami propria del sodalizio
criminale oggetto di contestazione, dai quali la posizione degli odierni ricorrenti
non poteva essere enucleata mediante operazione di parcellizzazione narrativa e
valutativa, che avrebbe compromesso la stessa comprensibilità e tenuta logica
della decisione cautelare.
Peraltro, nel caso in esame, oltre ad aver formulato considerazioni anche
stilisticamente autonome, il rinvio per relationem è operato non già (o non solo)
alla richiesta di una parte processuale, bensì all’ordinanza genetica già emessa
da un giudice, e contenente un autonomo vaglio critico e valutativo del
compendio probatorio raccolto e sottoposto dal P.M. .
Va inoltre aggiunto che l’obbligo di autonoma valutazione prescritto dall’art.
292 cod. proc. pen. risulta osservato anche con riferimento alle dichiarazioni rese
dall’indagato in sede di interrogatorio di garanzia, che, lungi dall’integrare gli
“elementi forniti dalla difesa” (comma 2, lett. c bis), costituiscono, a quanto
consta, una mera negazione della portata accusatoria delle fonti di prova, ed una
lettura alternativa (il carattere lecito dell’attività di commercio dei fiori) del
compendio probatorio.
Al riguardo, infatti, gli “elementi” richiamati dalla norma – che devono
essere oggetto di autonoma valutazione di irrilevanza – devono consistere in
elementi di fatto, o, comunque, su di essi fondati, non in mere deduzioni, o
dichiarazioni che si limitino ad esporre ricostruzioni alternative, magari

11

del P.M. (Sez. 3, n. 48962 del 01/12/2015, D R, Rv. 265611).

fantasiose o del tutto avulse dalle risultanze probatorie; chè, al contrario, l’onere
motivazionale si disperderebbe in inutili e defatiganti considerazioni prive di
riferimenti fattuali, costrette a confrontarsi, nell’ambito di una sterile dialettica
declinata sulle supposizioni, con rilievi totalmente avulsi dalla realtà fenomenica
oggetto di prova, e con pregiudizio per la stessa comprensibilità della
motivazione, requisito necessario per il controllo logico-giuridico del percorso
seguito dal giudice.
L’onere di motivazione risulta altresì assolto con riferimento alla nota tecnica

flussi di denaro, in quanto l’ordinanza, con argomentazione priva di illogicità, ne
ha rilevato l’irrilevanza ai fini probatori.

2.5. Sotto altro profilo, con il primo motivo di ricorso, così come integrato
dalla richiamata memoria del 29/01/2016, viene dedotto il vizio di motivazione.
In particolare, si lamenta che l’ordinanza impugnata abbia formulato una
valutazione del quadro indiziario in termini di gravità erroneo, in quanto: il flusso
di denaro contante era legato all’attività di comniercio dei fiori della quale i
fratelli Crupi si occupavano; non sono state captate conversazioni coinvolgenti i
ricorrenti, nelle quali essi impartissero direttive ai partecipi del sodalizio
criminale; i mezzi adoperati, nell’assunto accusatorio, per il trasporto del denaro,
e, al ritorno, della cocaina, erano degli stessi autisti, e quindi non si può
attribuire lo stupefacente sequestrato ai fratelli Crupi; inoltre, il denaro
sequestrato a Beretta è stato successivamente restituito dall’A.G. procedente, in
quanto egli raccoglieva il denaro dai clienti delle ditte florovivaistiche italiane
fornite dalla Fresh, che pagavano le fatture con denaro contante; alcune
intercettazioni (tra Aieta e Grasso) sono state erroneamente interpretate, e sono
dunque irrilevanti; non emerge alcun coinvolgimento dei fratelli Crupi nelle
singole ipotesi di trasporto; non è stata valutata la nota tecnica attestante il
volume di affari emergente dai bilanci della Fresh.
In questi termini, dunque, viene dedotto il vizio di violazione di legge ed il
vizio di motivazione in relazione alla ritenuta erroneità dell’affermazione di
gravità indiziaria posta a fondamento della misura cautelare, lamentando
l’insufficienza probatoria degli elementi richiamati (soprattutto le intercettazioni
telefoniche ed i rapporti con imprenditori del settore floro-vivaistico).
Le doglianze, sotto tale profilo, sono inammissibili, non soltanto perché
costituiscono mera riproposizione dei medesimi motivi proposti con la richiesta di
riesame e motivatamente respinti dall’ordinanza impugnata, con la quale non
propongono un reale e motivato confronto argomentativo, limitandosi a
contestazioni avulse dal concreto tessuto motivazionale

(ex plurimis,

Sez. 3, Sentenza n. 31939 del 16/04/2015, Falasca Zamponi, Rv. 264185; Sez.

12

richiamante i bilanci della Fresh ed il volume di affari che avrebbe giustificato i

6,

n.

13449

del

12/02/2014,

Kasem,

rv.

259456;

Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo, Rv. 260608), ma anche perché
sollecitano una non consentita rivalutazione del compendio probatorio.
Al riguardo, va rammentato che è inammissibile il ricorso per cassazione i
cui motivi si limitino genericamente a lamentare l’omessa valutazione di una tesi
alternativa a quella accolta dal provvedimento impugnato, senza indicare precise
carenze od omissioni argomentative ovvero illogicità della motivazione di questa,
idonee ad incidere negativamente sulla capacità dimostrativa del compendio

30918 del 07/05/2015, Falbo, Rv. 264441), e che il sindacato di legittimità non
può trascendere in una rivalutazione del quadro probatorio o in un diverso
apprezzamento delle questioni di merito, dovendo essere limitato – per espressa
volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato
argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di
verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è
avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle
acquisizioni processuali (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).
Le doglianze, dunque, proponendo una diversa lettura del compendio
probatorio, e sollecitandone una rivalutazione, concernono, all’evidenza,
esclusivamente profili di merito, oggetto di apprezzamento di fatto, di per sé
insindacabile in sede di legittimità, al di fuori dei casi di contraddittorietà o
manifesta illogicità.
Peraltro, l’ordinanza impugnata risulta avere adeguatamente valutato le
fonti di prova, evidenziando che: il costante flusso di denaro contante
convogliato presso la sede della Krupy a Latina era gestito, per conto dei fratelli
Crupi (titolari della società), dalla segreteria, che intratteneva frequenti contatti
telefonici con l’altro coindagato, Vincenzo Macrì, in Olanda; tale raccolta di
denaro esula da qualsiasi giustificazione riconducibile a pratiche commerciali
corrette o solo usuali, né sono emersi elementi concreti, al di là delle mere
deduzioni difensive, dai quali desumere che la Krupy abbia operato come
mandataria dei soggetti conferenti il denaro, al solo fine di acquistare all’estero
materiale florovivaistico; l’argomentazione difensiva con la quale si è dedotta
una mera finalità di elusione o evasione fiscale non è avvalorata dalla nota
tecnica depositata, ritenuta irrilevante, in quanto attestante soltanto il volume
complessivo di affari della Fresh; il collegamento tra la raccolta del denaro
contante ed il traffico di stupefacenti si desume dalle successive operazioni di
trasporto del denaro in Olanda, e di importazione della cocaina dall’Olanda,
eseguite, tutte con le medesime modalità operative, con mezzi e conducenti
ricollegabili, al di là della titolarità formale, alla Krupy, nonchè dal tenore del

13

indiziario posto a fondamento della decisione di merito (ex multis, Sez. 2, n.

complesso di intercettazioni telefoniche ed ambientali, dalle quali emergeva in
maniera evidente che l’attività florovivaistica rappresentava solo lo schermo
operativo per il ben più lucroso traffico di cocaina (intercettazione del 19.7.2013
tra Pasquale Orlando e Emanuele Cilia; intercettazione ambientale del 27.1.2015
tra Giovanni Tremante e un interlocutore che intendeva ‘entrare’ nel traffico).
L’ordinanza, dunque, motiva adeguatamente in merito agli elementi
probatori emersi nei confronti degli odierni ricorrenti, senza omettere di
confrontarsi con la lettura alternativa proposta dalla difesa.

deducendo, sostanzialmente, la liceità dell’attività di raccolta del denaro, in
quanto destinata all’acquisto di fiori, e l’inconsapevolezza degli indagati in ordine
ai trasporti di cocaina effettuati, in ipotesi, dai singoli conducenti in maniera
autonoma.
Va, sul profilo del preteso travisamento, ricordato che, in seguito alle
modifiche dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., ad opera della I. n. 46
del 2006, mentre non è consentito dedurre il “travisamento del fatto” (Sez. 6, n.
25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099), stante la preclusione per il
giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze
processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, è, invece,
consentita la deduzione del vizio di “travisamento della prova”, che ricorre nel
caso in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una
prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da
quello reale, considerato che, in tal caso, non si tratta di reinterpretare gli
elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, ma di
verificare se detti elementi sussistano (Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, Del
Gaudio, Rv. 258774; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499;
Sez. 2, n. 23419 del 23/05/2007, Vignaroli, Rv. 236893; Sez. 4, n. 35683 del
10/07/2007, Servidei, Rv. 237652; Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, Casavola,
Rv. 238215).
È inammissibile, dunque, il profilo dedotto dai ricorrenti, che, invocando un
travisamento del fatto da parte del Tribunale del riesame, sollecitano una
rilettura del materiale probatorio ed una rivalutazione dello stesso conforme alle
dichiarazioni ed alla versione degli indagati.
Del resto, oltre a rilevare l’interesse (non solo processuale) del quale è
portatore l’indagato, ed il regime delle dichiarazioni dallo stesso rese, non
soggette ad obbligo di verità, va ribadito che l’ordinanza impugnata non omette
di confrontarsi con la versione difensiva, e con le stesse note tecniche, con una
motivazione che appare immune da vizi logici.

14

Lfz-

Al riguardo, la difesa degli indagati ha lamentato un travisamento dei fatti,

Invero, alla stregua di comuni e condivise massime di esperienza, l’esistenza
di un’attività lecita di commercio di fiori non può, di per sé, giustificare una
raccolta di denaro contante, per importi significativi, e al di fuori dei consueti, e
trasparenti, canali di finanziamento, al di fuori di qualsiasi rapporto contrattuale
con i ‘finanziatori’ degli acquisti, né, tanto meno, l’anomalo trasporto del denaro,
che obliteri il trasferimento, con i consueti canali bancari o comunque finanziari
‘tracciabili’, ai destinatari del versamento; l’asserita autonomia dei trasportatori
nel trasporto della cocaina, peraltro, sarebbe contraddittoria con la raccolta del

logicamente il motivo per il quale si provvede ad una raccolta ‘non tracciabile’ di
somme significative di denaro, asseritamente destinate all’acquisto di fiori anche
per conto dei presunti cofinanziatori, per poi trasportarle in camion destinati al
commercio dei fiori in Olanda, senza essere a conoscenza del successivo
trasporto, all’interno dei medesimi veicoli, e unitamente ai fiori, delle ingenti
partite di cocaina (in parte sequestrate).
Pertanto, correttamente l’ordinanza impugnata ha escluso che l’esistenza
dell’attività lecita di commercio dei fiori rendesse di per sé lecità..la raccolta ed il
trasporto del denaro, indiziando una inconsapevolezza del carattere illecito delle
operazioni finalizzate all’importazione di cocaina, proprio perché l’attività lecita è
risultata costituire solo lo schermo lecito e formale per il traffico illecito.
Al contrario, proprio le modalità, del tutto eccentriche rispetto ai canali leciti
di trasferimento del denaro, ed invece consuete per le operazioni di carattere
illecito, indiziano, secondo i consueti canoni della c.d. prova logica, corroborati
da collaudate massime di esperienza, la consapevolezza della provenienza e
della destinazione illecita delle somme raccolte e trasportate all’estero, quale
segmento di una più ampia operazione illegale di narcotraffico internazionale.

3. Il secondo motivo di ricorso è generico, oltre che infondato.
I ricorrenti lamentano una violazione dell’art. 309, comma 9, cod. proc.
pen., per non aver il Tribunale del riesame annullato l’ordinanza cautelare in
relazione al reato di ricettazione della cioccolata, contestato al capo H,
provvedendo invece a colmare il vuoto motivazionale, peraltro con il rinvio alla
diversa decisione, assunta dallo stesso Tribunale, con riferimento alla diversa
posizione processuale di De Martino Pasquale; lamentano, inoltre, la mancata
valutazione dell’urgenza da parte del Gip di Latina, in sede di emissione della
cautela da parte di giudice incompetente.
Al riguardo, secondo quanto emerge

dal testo del provvedimento

impugnato, il Gip del Tribunale di Latina, ove era stato eseguito il fermo degli
odierni ricorrenti, convalidava la misura precautelare, applicava la misura della

15

denaro, ammessa dai ricorrenti, destinato in Olanda, in quanto non spiegherebbe

custodia in carcere, e dichiarava la propria incompetenza per territorio nei
confronti del Gip del Tribunale di Roma; quest’ultimo, nel rinnovare la misura ex
art. 27 cod. proc. pen., declinava la propria competenza per territorio in
relazione al solo reato di ricettazione contestato al capo H, e sollevava conflitto
negativo di competenza dinanzi alla Corte di Cassazione.
L’ordinanza impugnata rigetta l’eccezione di nullità per omessa motivazione
proposta dalla difesa, rilevando che l’ordinanza genetica “contiene un’autonoma
valutazione delle risultanze di indagine” e che “la stringatezza dell’apparato
legittima i poteri di integrazione spettanti al Tribunale del

riesame.
La motivazione del Tribunale del riesame appare immune da censure; l’art.
309, comma 9, cod. proc. pen., infatti, prevede l’annullamento del
provvedimento cautelare impugnato soltanto in caso di mancanza di motivazione
o di autonoma valutazione delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi
forniti dalla difesa.
In tal senso si è altresì espressa la giurisprudenza di questa Corte, secondo
la quale anche alla luce delle modifiche apportate all’art. 309, comma 9, cod.
proc. pen., dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, il tribunale del riesame ha un
potere-dovere di integrazione della motivazione del provvedimento impugnato,
ma non può mai completare quella ordinanza cautelare, la cui motivazione non
abbia un contenuto dimostrativo dell’effettivo esercizio di una autonoma
valutazione da parte del giudicante (Sez. 6, n. 44605 del 01/10/2015, De Lucia,
Rv. 265349).
La doglianza, peraltro, è generica, in quanto non indica in cosa
consisterebbero i ‘vuoti motivazionali’ dell’ordinanza genetica, dei quali si
lamenta l’integrazione da parte del Tribunale del riesame.
Quanto alla pretesa mancanza di motivazione della stessa ordinanza del
riesame, la censura è manifestamente infondata, in quanto opera una
esposizione ed una diffusa valutazione degli elementi di prova, anche
richiamando “per incorporazione” la motivazione resa nel procedimento di
riesame nei confronti del concorrente nel reato di ricettazione, De Martino
Pasquale; sia la motivazione richiamata per relationem, sia quella stilisticamente
autonoma contengono valutazioni individualizzanti in ordine ad entrambi gli
odierni ricorrenti, anche con l’indicazione delle intercettazioni (riportate alle pag.
53 e 58 dell’ordinanza genetica) attestanti il loro attivo coinvolgimento.
Anche l’ultimo profilo di doglianza, relativo all’asserita mancanza di
motivazione in ordine al requisito dell’urgenza, in caso di incompetenza, è
manifestamente infondato.

16

tft

motivazionale”

Al riguardo, è stato affermato in giurisprudenza che

“In caso di

incompetenza per territorio del giudice che ha emesso il provvedimento
cautelare, l’ordinanza del tribunale del riesame che dispone di trasmettere gli atti
al giudice ritenuto competente, mantenendo ferma la misura, deve essere
annullata in sede di legittimità se non si rilevi la necessaria specificazione dei
gravi indizi di colpevolezza e l’indicazione delle esigenze cautelari connesse con
l’urgenza di adottare la misura; nel caso, invece, di riscontro positivo di tali
requisiti, il provvedimento impugnato non va annullato, ma deve essere

degli atti al giudice ritenuto competente” (Sez. 6, n. 29315 del 19/05/2015,
Vitiello, Rv. 264086); si è precisato, inoltre, che “In tema di misure cautelarí
personali, il giudice dell’impugnazione, quando rileva l’incompetenza del giudice
che ha adottato il provvedimento coercitivo deve limitarsi a trasmettere gli atti al
giudice ritenuto competente, perché lo stesso provveda nei termini fissati
dall’art. 27 cod. proc. pen. (In motivazione, la S.C. ha precisato che la
disposizione dell’art. 291 del codice di rito – che impone al giudice che riconosca
la propria incompetenza di valutare l’urgenza di soddisfare taluna delle esigenze
cautelari, prima di disporre la misura – si applica solo quando la declaratoria di
incompetenza venga adottata al momento dell’emissione dell’ordinanza
cautelare)” (Sez. 6, n. 50078 del 28/11/2014, Cicero, Rv. 261539).
Ebbene, nel caso in esame la doglianza è del tutto infondata, in quanto il
riconoscimento dell’incompetenza era stato già operato dal Gip del Tribunale di
Roma, che aveva nondimeno valutato l’urgenza di mantenere il titolo cautelare in
relazione anche al reato di ricettazione, pur sollevando conflitto negativo di
competenza. Il Tribunale del riesame, nel confermare il titolo anche in relazione
al capo H, ha altresì, pendente il conflitto di competenza, rinnovato la
valutazione di urgenza (p. 20).

4.

Il terzo motivo di ricorso, relativo alla sussistenza delle esigenze

cautelari, ed integrato dalla memoria del 07/12/2015 con riferimento alla
mancanza di motivazione sull’attualità e concretezza del pericolo, è infondato.
Il ricorrente lamenta che l’ordinanza impugnata abbia omesso di valutare gli
elementi favorevoli agli indagati, e la disponibilità espressa da Crupi Rocco
Natale alla prescrizione del c.d. braccialetto elettronico, in caso di concessione
degli arresti donniciliari.
4.1.

Va, al riguardo, osservato che, nell’interpretazione della nuova

formulazione dell’art. 274, lett. b) e c), cod. proc. pen. (come modificato dalla I.
16 aprile 2015, n. 47), sono emersi, nella giurisprudenza di legittimità, due
orientamenti: l’uno ritiene che l’espressa previsione del requisito dell’attualità del

17

dichiarata l’incompetenza del giudice che procede e disposta la trasmissione

pericolo di reiterazione del reato, in aggiunta a quello della concretezza,
normativizza il principio giurisprudenziale, preesistente alla novella, secondo cui
la nozione di attualità è insita in quella di concretezza ed entrambe costituiscono
condizione necessaria per l’applicazione della misura cautelare (ex multis, Sez.
6, n. 44605 del 01/10/2015, De Lucia, Rv. 265350); il secondo orientamento,
invece, ritiene che dalla previsione dell’attualità del pericolo derivi che non è più
sufficiente ritenere – in termini di certezza o di alta probabilità – che l’imputato
torni a delinquere qualora se ne presenti l’occasione, ma è anche necessario,

all’imputato si presenti effettivamente un’occasione per compiere ulteriori delitti
(Sez. 3, n. 37087 del 19/05/2015, Marino, Rv. 264688; Sez. 3, n. 43113 del
15/09/2015, K., Rv. 265653); pertanto, il requisito dell’attualità del pericolo di
reiterazione del reato è individuabile nella riconosciuta esistenza di occasioni
prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati, non meramente ipotetiche
ed astratte, ma probabili nel loro vicino verificarsi (Sez. 3, n. 49318 del
27/10/2015, Barone, Rv. 265623).
Tuttavia, è stato condivisibilmente sostenuto che proprio perché “il codice
continua a distinguere tra «esigenze caute/ari» ed «eccezionali esigenze
caute/ari», a dimostrazione che l’attualità non è «nell’immediatezza»” (Sez. 6, n.
50027 del 29/10/2015, Aurisicchio), il requisito della attualità non può essere
equiparato all’imminenza del pericolo di commissione di un ulteriore reato (o di
fuga, o di inquinamento probatorio), ma sta invece ad indicare la continuità del
periculum libertatis nella sua dimensione temporale, che va apprezzata sulla
base della vicinanza ai fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale
dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar
conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura
cautelare è chiamata a neutralizzare (Sez. 6, n. 3043 del 27/11/2015, dep.
2016, Esposito, Rv. 265619, non massimata sul punto).
Dunque, è proprio la considerazione sistematica delle norme – che
prevedono i distinti concetti di “esigenze caute/ari” (art. 274 cod. proc. pen.),
“eccezionali esigenze caute/ari”

(art. 309, comma 10, cod. proc. pen.), ed

“esigenze caute/ari di eccezionale rilevanza” (art. 275, commi 4, 4 bis e 4 ter,
cod. proc. pen., art. 89 d.P.R. 309 del 1990) – ad imporre una interpretazione
che fornisca ‘linfa ermeneutica’ alle diverse previsioni astratte, non essendo
ipotizzabile una interpretatio abrogans delle stesse per l’eccessiva estensione
semantica attribuita all’ipotesi base; i concetti giuridici, infatti, oltre alla ‘vitalità’
concreta che assumono nel necessario intreccio con il fatto, sono dotati, nella
dimensione astratta, anche di una duttilità ed elasticità legata agli spazi

18

anzitutto, prevedere – negli stessi termini di certezza o di alta probabilità – che

ermeneutici delimitati dalla presenza di una pluralità di

fattispecie astratte

previste per regolare le aree di confine.
In tal senso, pertanto, l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari
possono essere individuate, a livello interpretativo, nella “elevata probabilità”,
intesa però non come “imminenza”, del pericolo, in una prognosi che abbia ad
oggetto la commissione delle condotte che si intende prevenire (reiterazione di
ulteriori reati, fuga, inquinamento probatorio).
4.2.

Va, inoltre, evidenziato che il titolo cautelare concerne altresì

peraltro aggravata dal numero di partecipi, dalla disponibilità di armi e dal
carattere transnazionale; ebbene, in ordine a tale reato è sancita anche la
‘doppia’ presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di
adeguatezza, prevista dall’art. 275, comma 3, cod proc. pen. (ribadisce la
duplice dimensione della presunzione Corte Cost., n. 231 del 22/07/2011,
proprio a proposito dell’associazione finalizzata al narcotraffico, laddove parla,
con riferimento alla disciplina precedente alla declaratoria di parziale illegittimità
costituzionale pronunciata con la stessa sentenza, di “una duplice presunzione:
relativa, quanto alla sussistenza delle esigenze caute/ari; assoluta, quanto alla
scelta della misura, reputando il legislatore adeguata, ove la presunzione relativa
non risulti vinta, unicamente la custodia cautelare in carcere, senza alcuna
possibile alternativa” (§ 3.1.)).
In tale ipotesi, dunque, è la stessa presunzione di sussistenza delle esigenze
cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere, salvo ‘prova contraria’,
sancita dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., a fondare un giudizio, formulato
in astratto ed ex ante dal legislatore, di attualità e concretezza del pericolo; tale,
cioè, da fondare una valutazione di costante ed invariabile pericolo ‘cautelare’,
salvo ‘prova contraria’.
L’apparente ‘antinomia’ tra l’art. 275, comma 3, e l’art. 273 cod. proc. pen.,
non può essere risolta, interpretativamente, in favore della prevalenza della
seconda norma, che è generale, laddove la prima norma, che sancisce la
presunzione relativa, è speciale; secondo il tradizionale criterio interpretativo
cronologico lex specialis derogat legi generali, lex posterior generalis non
derogat priori speciali, dunque, la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod.
proc. pen., sia nella dimensione della ‘sussistenza delle esigenze cautelari’, sia
nella dimensione della ‘adeguatezza della custodia in carcere’, deve ritenersi
prevalente sulla norma di cui all’art. 273 cod. proc. pen., nel senso che l’
“attualità” e la “concretezza” delle esigenze cautelari deve intendersi, salvo
‘prova contraria’, insita proprio nel giudizio di astratta e costante ‘pericolosità
cautelare’ formulato ex ante dal legislatore.

19

l’associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti,

Di conseguenza, nel caso in cui il titolo cautelare riguardi i reati indicati
nell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (tra i quali l’associazione per delinquere
finalizzata al narcotraffico), la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari
deve ritenersi, salvo ‘prova contraria’ (recte, salvo che emergano elementi di
segno contrario), integrare i caratteri di attualità e concretezza del pericolo.
In tal senso, è stato affermato che in tema di custodia cautelare in carcere
applicata nei confronti dell’indagato del delitto d’associazione di tipo mafioso,
l’art. 275, comma terzo, cod. proc. pen., come novellato dalla legge n. 47 del

ordinari poli del ragionamento giustificativo, nel senso che il giudice che applica
o che conferma la misura cautelare non ha un obbligo di dimostrazione in
positivo della ricorrenza dei “pericula libertatis”, ma soltanto di apprezzamento
delle ragioni di esclusione, eventualmente evidenziate dalla parte o direttamente
evincibili dagli atti, tali da smentire, nel caso concreto, l’effetto della
presunzione. (Sez. 1, n. 45657 del 06/10/2015, Varzaru, Rv. 265419; Sez. 1, n.
5787 del 21/10/2015, dep. 2016, Calandrino)
4.3. Tanto premesso, in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari che
hanno fondato la conferma della misura cautelare di maggior afflittività,
l’ordinanza impugnata ha evidenziato l’estrema gravità dei fatti, desumibile
dall’esistenza di una stabile organizzazione dedita all’importazione di ingenti
quantitativi di cocaina dall’Olanda, con contatti e collegamenti con esponenti di
vertice della criminalità organizzata campana e calabrese, il contesto criminale,
la continuità dell’attività di finanziamento gestita dagli indagati, e delle
successive operazioni di trasporto e importazione di cocaina, l’attuale operatività
del sodalizio, in ragione dell’epoca recentissima delle condotte; tutti elementi
ritenuti dimostrativi di un pericolo di reiterazione concreto ed attuale.
Ha altresì enucleato la sussistenza di un pericolo di inquinamento
probatorio, che, in considerazione dei poteri gestionali degli indagati (ritenuti i
vertici del sodalizio criminale, oltre che i gestori delle società adoperate quale
schermo operativo), connotano in termini di concretezza e attualità la possibilità
di predisporre documentazione contabile idonea ex post a fornire giustificazioni
formali all’ingente e accertato traffico di denaro contante.
Infine, ad integrazione della valutazione operata dal Gip, ha individuato
altresì un concreto e attuale pericolo di fuga, in ragione del carattere
transnazionale dell’attività illecita, degli stabili contatti intessuti all’estero, e delle
ingenti disponibilità economiche derivanti dal traffico di cocaina.
Da tali elementi, dunque, è stato tratto il giudizio di adeguatezza della sola
misura custodiale in carcere, che, escludendo in maniera assoluta la libertà di
movimento e di contatto dei soggetti, è in grado di evitare il concreto e attuale

20

2015, pone una presunzione relativa di pericolosità sociale, che inverte gli

pericolo del ripetersi di condotte della stessa specie e di recidere i forti e intensi
legami con il contesto criminale di appartenenza, nonché i pericoli di fuga e di
inquinamento probatorio, con l’espressa valutazione di inadeguatezza degli
arresti domiciliari, anche con la prescrizione del braccialetto elettronico.
Alla luce degli elementi e delle valutazioni espresse, dunque, può ritenersi
che l’ordinanza abbia legittimamente confermato la misura cautelare, con una
diffusa motivazione su tutti i profili rilevanti per il giudizio cautelare, compresa
l’inadeguatezza di misure meno afflittive.

un’associazione armata finalizzata al narcotraffico, aggravata peraltro dal
carattere transnazionale (artt. 74, commi 3 e 4, d.P.R. 309 del 1990 e 4 I. 146
del 2006), opera, come già evidenziato, la presunzione relativa di sussistenza
delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere, che integra l’
“attualità” e la “concretezza” delle esigenze cautelari in ragione del giudizio,
formulato, in astratto ed ex ante, dal legislatore.
Va nondimeno osservato che l’articolazione internazionale del sodalizio
criminale, il dato ponderale dello stupefacente oggetto di illecito traffico, il
contributo significativo, con ruoli apicali, fornito da Crupi Vincenzo e Crupi Rocco
Natale all’associazione, nella raccolta del denaro destinato all’acquisto della
droga e nel trasporto delle sostanze stupefacenti, e l’inserimento nel circuito
criminale del traffico internazionale di cocaina, connotano in termini di elevata
probabilità il pericolo che gli indagati, ove non sottoposti alla misura di maggior
afflittività, reiterino concretamente reati della stessa specie, integrando tale
inserimento, stabile e continuativo, nel contesto criminale del traffico
internazionale di stupefacenti quelle altamente probabili, e non meramente
astratte, occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati.

5.

Al rigetto del ricorso segue la condanna di ciascun ricorrente al

pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa
al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente a norma dell’art. 94 comma 1
ter Dísp. Att. cod. proc. pen. per il ricorrente Crupi Vincenzo.

Così deciso in Roma il 02/02/2016

Il Consigliere estensore

Peraltro, essendo il titolo cautelare costituito dalla partecipazione ad

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