Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28956 del 29/01/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28956 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Bottino Domenico, nato a Catania il 10/3/1965
avverso l’ordinanza del 1/10/2015 del Tribunale di Catania
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Aldo
Policastro, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente al
reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90 ed il rigetto nel resto;
udito l’avv. Giuseppe Riccardo Napoli per il ricorrente che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 1 ottobre 2015 il Tribunale di Catania ha respinto la
richiesta di riesame proposta da Domenico Bottino nei confronti della ordinanza
del 3 settembre 2015 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Catania, con cui era stata applicata’ nei suoi confronti la misura cautelare della
custodia in carcere per i reati di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90 (per aver fatto parte
di una associazione dedita al traffico di marijuana) ed agli artt. 73 e 80, comma
2, d.P.R. 309/90 (per aver acquistato, al fine di cederli a terzi, chilogrammi
103,487 di marijuana).

Data Udienza: 29/01/2016

Il Tribunale, nel disattendere la richiesta di riesame del Bottino, ha
evidenziato l’esistenza di un rapporto durevole e collaudato tra gli associati (tra
cui ha incluso il ricorrente), volto alla realizzazione di un programma criminoso
indeterminato, ritenuto sussistente sulle base delle concrete modalità di
interazione dei singoli (desunte dagli esiti delle intercettazioni telefoniche e dei
servizi di appostamento e dal sequestro dello stupefacente), e di cui il ricorrente
era pienamente partecipe. Con particolare riferimento al Bottino ha evidenziato
la sua collaborazione con il Di Mauro (ritenuto il capo del sodalizio), che aveva

la sua partecipazione agli incontri a Catania con i fornitori, il suo contributo
economico all’affare ed il suo interessamento nei frangenti immediatamente
successivi all’arresto dello Shqau (fornitore della sostanza stupefacente
proveniente dall’Albania).
Sono quindi stati ritenuti sussistenti gravi indizi di partecipazione alla
associazione ed al concorso nell’acquisto di un ingente quantitativo di droga, ed
anche concreto ed attuale il pericolo di recidivanza, desunto dal ruolo centrale
svolto dal ricorrente nel sodalizio criminale, sottolineando il mancato
superamento della presunzione di adeguatezza della custodia cautelare in
carcere, non essendo stati acquisiti elementi che consentissero di ritenere che le
esigenze cautelari potessero essere soddisfatte mediante altre misure.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso l’imputato mediante il suo
difensore, affidato a quattro motivi, così riassunti entro i limiti previsti dall’art.
173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo ha denunciato violazione di legge penale e vizio di
motivazione, evidenziando l’erroneità del dato ponderale della sostanza
stupefacente sequestrata indicato nella ordinanza, di poco superiore a 100
chilogrammi, in luogo della tonnellata indicata nella motivazione del
provvedimento impugnato.
Ha censurato l’affermazione contenuta nella ordinanza impugnata in ordine
alla gravità del quadro indiziario, quale emergente dalle intercettazioni
telefoniche, relative ad un periodo circoscritto e comunque concernenti una sola
cessione di stupefacenti, dalla quale non poteva trarsi la prova di un vincolo
associativo stabile e duraturo, tale da consentire di ricondurre ad un accordo
permanente e non estemporaneo la condotta del Bottino.
2.2. Con il secondo motivo ha denunciato violazione di legge penale e vizio
di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della aggravante di cui all’art.
80, comma 2, d.P.R. 309/90, fondata sul rilievo erroneo del quantitativo di
stupefacente sequestrato.

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accompagnato in un viaggio a Roma per incontrare i fornitori dello stupefacente,

2.3. Con il terzo motivo ha prospettato violazione di legge penale e
processuale, in relazione all’art. 292, comma 2, lett. c), cod. proc. pen., per la
ritenuta ricorrenza delle esigenze cautelari nonostante il tempo trascorso e
l’incensuratezza del ricorrente.
2.4. Con quarto motivo ha dedotto ulteriore violazione di legge e vizio di
motivazione, per la omessa illustrazione delle ragioni della ritenuta inidoneità
degli arresti domiciliari.

Il ricorso è fondato solo per quanto riguarda le censure in ordine al reato
associativo.

1. Il Tribunale, dopo aver ricostruito il quadro indiziario in ordine alla
esistenza di una associazione a delinquere dedita al traffico di stupefacenti,
individuando, sulla base delle risultanze delle intercettazioni telefoniche, Paolo Di
Mauro come capo del sodalizio ed il Bottino come suo braccio destro, Gabriele
Spagnoli come intermediario con i fornitori albanesi dello stupefacente (Mufali
Oresti e Shqau Albert), ha sottolineato, quanto alla partecipazione del Bottino, il
dato del viaggio del Di Mauro e del Bottino a Roma in data 11 luglio 2012 per
incontrare i fornitori della droga, nel corso del quale il Di Mauro utilizzò più volte
il telefono del Bottino per parlare con lo Spagnoli; la richiesta rivolta dallo Shqau
al Bottino di riferire al Di Mauro che avrebbe potuto recarsi a Roma verso la fine
del mese di luglio dello stesso anno e la comunicazione da parte del Bottino di
tale richiesta al Di Mauro; la successiva comunicazione del Bottino al medesimo
Shqau della partenza per Roma di un terzo (Giancarlo Galatello), con il compito
di verificare la qualità della sostanza stupefacente; i successivi numerosi contatti
tra i fornitori albanesi, Di Mauro, Bottino e Galatello; l’arrivo a Catania dello
Shqau il 22 agosto 2012 ed il successivo arresto dello stesso, il 25 agosto 2012,
in Villa San Giovanni, assieme ad un altro cittadino albanese (Sherifas Fitim), in
possesso di 100 involucri sigillati contenenti chilogrammi 103,487 di sostanza
stupefacente del tipo marijuana; le successive telefonate tra tutti i predetti
soggetti (Bottino, Di Mauro, Spagnoli, Mufali) per decidere la condotta da tenere
a seguito di tali arresti e del sequestro dello stupefacente.
Sulla base di questi elementi il Tribunale ha ritenuto sussistenti gravi indizi
della esistenza di una associazione a delinquere finalizzata al traffico di
stupefacenti, evidenziando il ruolo nell’ambito di tale sodalizio del Di Mauro come
il diretto interessato alle transazioni illecite, del Bottino come collaboratore del Di
Mauro (con il compito di contribuire anche economicamente agli acquisti) e dello
Spagnoli come tramite con i fornitori albanesi della droga, ravvisando un

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CONSIDERATO IN DIRITTO

rapporto stabile e durevole tra costoro finalizzato al traffico di stupefacenti, pur
dando atto della circostanza che era stata individuata una sola cessione di
stupefacenti, peraltro di ingente quantità.
Il Tribunale ha, poi, ritenuto il Bottino pienamente partecipe delle trattative
condotte dal Di Mauro (che aveva ripetutamente utilizzato il telefono cellulare del
Bottino), nell’ambito delle quali era intervenuto più volte anche direttamente,
aveva accompagnato il Di Mauro a Roma, aveva contribuito finanziariamente
all’acquisto ed aveva partecipato agli incontri a Catania con i fornitori albanesi,

Tale motivazione risulta, però, come denunciato dal ricorrente, insufficiente,
in quanto, pur dando delle articolate trattative tra il Di Mauro ed il Bottino da una
parte ed i fornitori albanesi dall’altra, per l’acquisto di una rilevante partita di
droga, che avevano condotto all’arresto dello Shqau ed al sequestro di un
consistente quantitativo di sostanza stupefacente (elementi, questi, rilevanti ai
fini della gravità indiziaria del reato di illecita detenzione di un ingente
quantitativo di stupefacenti di cui al capo E della rubrica provvisoria), non dà
conto in maniera adeguata della stabile partecipazione del Bottino alla
associazione e della sua adesione al programma criminoso della stessa.
Benché, infatti, anche il coinvolgimento in un solo reato-fine può integrare
l’elemento oggettivo della partecipazione, purché le connotazioni della condotta
dell’agente, consapevolmente servitosi dell’organizzazione per commettere il
fatto, ne rivelino un ruolo specifico in funzione delle dinamiche operative e della
crescita criminale dell’associazione (Sez. 6, n. 1343 del 04/11/2015, Policastri,
Rv. 265890), occorre pur sempre un contributo funzionale per l’esistenza della
associazione (Sez. 3, n. 22124 del 29/04/2015, Borraccino, Rv. 263662), non
solo in relazione e con riguardo ad uno specifico ed isolato episodio criminoso,
ma nella prospettiva della esistenza protratta nel tempo del sodalizio.
Ora, nella vicenda in esame, il Tribunale ha dato atto solamente della
partecipazione del ricorrente ad un unico, sia pure articolato, episodio di acquisto
di una rilevante quantità di stupefacente, in collaborazione, secondo lo schema
descritto, con gli altri concorrenti, ma non anche del suo inserimento all’interno
del sodalizio in una prospettiva durevole ed in funzione della attuazione dei
programmi criminosi della associazione, non essendo stata approfondita la
prospettiva del sodalizio della commissione di altri analoghi reati-fine né la
consapevolezza del Bottino di tale aspetto.
Ciò comporta l’insufficienza della motivazione in ordine alla partecipazione del
ricorrente alla associazione di cui il Tribunale ha ravvisato gravi indizi della sua
esistenza, essendo stati evidenziati solamente gli indizi del suo concorso nella
commissione di un unico reato fine, disgiunti dagli elementi da cui ricavare il suo
stabile inserimento nelle dinamiche operative del sodalizio ed un contributo

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interessandosi anche della sorte dello Shqau dopo il suo arresto.

funzionale alla sua esistenza, con la conseguenza che, in accoglimento del primo
motivo di ricorso, l’ordinanza in esame deve essere annullata con rinvio al
Tribunale di Catania per nuovo esame sul punto.
2. Infondati risultano, invece, gli altri motivi di ricorso, che possono essere
trattati congiuntamente, riguardando tutti la contestazione del reato di cui agli
artt. 73 e 80 d.P.R. 309/90.
2.1. Per quanto riguarda la censura di violazione di legge e vizio di
motivazione in ordine alla sussistenza della aggravante della ingente quantità di
cui all’art. 80, comma 2, d.P.R. 309/90, oggetto del secondo motivo di ricorso,

mediante il quale il ricorrente ha evidenziato l’erroneità del rilievo del Tribunale
del sequestro di un carico di droga del peso di oltre una tonnellata, essendo stati
invero sequestrati chilogrammi 103,487 di sostanza stupefacente del tipo
marijuana, come peraltro indicato nella medesima ordinanza, occorre osservare
che tale erronea indicazione, peraltro chiaramente dovuta ad un errore
materiale, essendo riportata più volte nella ordinanza (a pag. 1 e a pag. 5) la
corretta indicazione del quantitativo di stupefacente effettivamente sequestrato,
non determina né violazione di legge né vizio di motivazione: nella ordinanza
impugnata sono stati, infatti, correttamente richiamati i criteri interpretativi
adottati per la determinazione del dato ponderale necessario per individuare
l’aggravante della ingente quantità, nella specie chiaramente sussistente;
mentre non comporta illogicità o contraddittorietà della motivazione detta
erronea indicazione, dovuta ad mero errore materiale e non incidente sul
percorso logico della motivazione, che ha correttamente ravvisato detta
aggravante sulla base dell’inequivoco dato ponderale del sequestro di
chilogrammi 103,487 di sostanza stupefacente.
2.2.

Anche le censure relative alla sussistenza delle esigenze cautelari

nonostante il tempo trascorso e la incensuratezza del ricorrente, e la mancanza
di motivazione in ordine alla idoneità della misura degli arresti domiciliari a
salvaguardare le esigenze cautelari, oggetto del terzo e del quarto motivo di
ricorso, risultano infondate, in quanto il Tribunale ha al riguardo logicamente
illustrato le ragioni delle ritenute attualità delle esigenze cautelari ed inidoneità
degli arresti domiciliari, sottolineando l’attualità e la concretezza del pericolo di
reiterazione in ragione del quantitativo di sostanza stupefacente del cui acquisto
si era interessato il Bottino, della provenienza della stessa dall’estero e delle
modalità della condotta, ritenendo tali dati recessivi rispetto alla risalenza nel
tempo dei fatti contestati, alla incensuratezza del ricorrente ed allo svolgimento
da parte sua di attività lavorativa, evidenziando la professionalità manifestata dal
ricorrente nella sua condotta.
A fronte di tali argomenti il ricorrente ha ribadito il dato del tempo trascorso
e dello svolgimento di attività lavorativa (invero esaminati e considerati dal

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Tribunale), lamentandone l’omessa considerazione da parte del Tribunale, che,
invece, tali elementi ha considerato, ritenendoli recessivi rispetto al pericolo di
recidivanza desunto dalla gravità dei fatti e dalla modalità della condotta.
Tali considerazioni del Tribunale risultano conformi alle modifiche introdotte
dalla legge 16 aprile 2015, n. 47 del 2015, in quanto ai fini della valutazione
della attualità del pericolo di reiterazione di reati non è sufficiente fare
riferimento al tempo trascorso dal fatto contestato dovendosi altresì valutare le
peculiarità dell’intera vicenda cautelare (Sez. 4, n. 5700 del 02/02/2016,
Mandrillo, Rv. 265949), come nella specie risulta aver fatto il Tribunale, sia

domiciliari, con la conseguente infondatezza delle censure formulate dal
ricorrente con il terzo ed il quarto motivo di ricorso.
In conclusione l’ordinanza impugnata deve essere annullata, limitatamente al
reato associativo, con rinvio al Tribunale di Catania per nuovo esame sul punto,
ed il ricorso rigettato nel resto, cioè quanto all’applicazione della misura per il
reato di cui all’art. 73 D.P.R. n. 309/90.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata, limitatamente al reato associativo, con rinvio
al Tribunale di Catania.
Rigetta il ricorso quanto all’applicazione della misura per il reato di cui all’art.
73 D.P.R. n. 309/90.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa
al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente, a norma dell’art. 94, comma 1
ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 29/1/2016

quanto alla attualità delle esigenze sia quanto alla inidoneità degli arresti

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