Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2895 del 19/12/2013
Penale Sent. Sez. 3 Num. 2895 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Messina nel procedimento nei confronti di :
Ripinto Giovanni, n. a Messina il 30/09/1986;
avverso la ordinanza del Tribunale di Messina in data 23/09/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale F. Salzano, che ha concluso per l’annullamento con rinvio;
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Messina, in sede di appello cautelare, ha sostituito nei confronti
di Ripinto Giovanni, per i reati di cui agli artt. 73 e 74 del d.P.R. n. 309 del 1990,
la misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari.
Ha interposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Messina lamentando l’erronea applicazione della legge penale e la
mancanza di motivazione; in particolare, rileva che il Tribunale ha assunto che le
Data Udienza: 19/12/2013
esigenze di tutela sarebbero scemate in ragione del congruo periodo di
restrizione detentiva già patito nei confronti di persona incensurata ed alla prima
esperienza carceraria. Tuttavia nessun argomento sarebbe stato speso a
sostegno della tesi che attribuisce alla decorrenza temporale efficacia deterrente
o rieducativa non essendovi neppure alcuna traccia, secondo quanto affermato
anche dalla giurisprudenza di legittimità, di un elemento fattuale di novità citato
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso va rigettato.
Questa Corte ha già affermato il principio per cui (e ciò anche ai fini della
sostituzione della misura della custodia cautelare carceraria con quella degli
arresti domiciliari e comunque con altra meno grave), il decorso temporale della
misura non è elemento di per sé solo rilevante al fine di desumere l’attenuazione
delle esigenze cautelar’ giacché la sua valenza si esaurisce nell’ambito della
disciplina dei termini di durata massima della custodia stessa, e quindi necessita
di essere considerato unitamente ad altri elementi idonei a suffragare la tesi di
detto affievolimento (da ultimo, Sez. 1, n. 24897 del 10/05/2013, Sisti, Rv.
255832; Sez. 2, n. 45213 del 08/11/2007, Lombardo, Rv. 238518; Sez.3, n.
26477 del 27/05/2003, P.M. in proc. Cesaro e altro, Rv. 225594).
Nella specie, tuttavia, la ordinanza impugnata non si è limitata a valorizzare
unicamente il profilo del decorso temporale ma ha altresì argomentato nel senso
dell’attenuazione delle esigenze, tali da potere essere tutelate adeguatamente (
nella prospettiva indicata, in relazione all’art.74 cit. come contestato, dalla
sentenza della Corte Cost. n. 231 del 2011 di illegittimità dell’art. 275, comma 3,
c.p.p.), anche dalla misura degli arresti domiciliari (da eseguirsi in comune
diverso da quello di operatività del sodalizio), sulla base dell’epoca di
commissione dei fatti, posti in essere sino all’agosto del 2008, e della
sottoposizione a misura cautelare degli altri coindagati per il reato associativo; e
su tali aspetti, oggetto di espressa motivazione, nessuna doglianza risulta
contenuta in ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso del P.M.
Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2013
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a conforto di tale impostazione.