Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28938 del 10/02/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28938 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
De Rubeis Bernardino, nato a Pantelleria il 11/12/1968
avverso la sentenza del 24/9/2014 della Corte d’appello di Palermo
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paolo
Canevelli, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso;
udita per la parte civile l’avv. Maria Dolores Furlanetto, in sostituzione dell’avv.
Daniela Ciancimino, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso, la conferma
della sentenza impugnata, con la conseguente conferma anche della condanna
dell’imputato al risarcimento del danno nella misura di euro 30.000 ed alla
rifusione delle spese legali di primo e secondo grado disposte dalla sentenza del
Tribunale di Agrigento e confermate dalla sentenza impugnata della Corte
d’appello di Palermo, nonché la ulteriore condanna alla rifusione delle spese
legali del giudizio di cassazione, disponendone la liquidazione a carico dell’Erario,
con distrazione in favore del difensore della parte civile, ammessa al patrocinio a
spese dello Stato;
udito per l’imputato l’avv. Simone Faiella in sostituzione dell’avv. Vincenzo
Caponnetto, che ha concluso chiedendo raccoglimento del ricorso.

Data Udienza: 10/02/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 18 aprile 2013 il Tribunale di Agrigento condannò, tra
gli altri, Bernardino De Rubeis alla pena di un anno di reclusione per i reati di cui
agli artt. 44 lett. c) d.P.R. 380/2001 (per avere, in concorso con altri e quale
Sindaco di Linosa e Lampedusa, realizzato in Lampedusa, località Spiaggia dei
Conigli, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ed in assenza di permesso di
costruire, opere edilizie, consistenti nello spianamento del terreno, nel

realizzare un parcheggio e punto di sosta), 181, comma 1 bis, lett. a), d.lgs.
42/2004 (per avere realizzato le opere suddette in zona sottoposta a vincolo
paesaggistico senza la prescritta autorizzazione della Soprintendenza ai Beni
Culturali ed Ambientali) e 323 cod. pen. (perché, emanando una ordinanza
sindacale contingibile ed urgente, avente ad oggetto la realizzazione delle opere
suddette, procurava al titolare della attività di vendita di alimenti e bevande
destinata ad installarsi nel parcheggio un ingiusto vantaggio patrimoniale), oltre
che al risarcimento del danno ed alla rifusione delle spese processuali a favore
della parte civile costituita, Associazione Legambiente.
La Corte d’appello di Palermo, investita della impugnazione degli imputati,
con sentenza del 24 settembre 2014 ha dichiarato non doversi procedere in
relazione al reato di cui all’art. 44, lett. c), d.P.R. 38/2001 perché estinto per
prescrizione, rideterminando la pena inflitta al De Rubeis per gli altri due reati in
mesi undici di reclusione e confermando nel resto la sentenza appellata.
La Corte territoriale, nel disattendere l’impugnazione del De Rubeis, ha
escluso, quanto al reato di cui all’art. 181, comma 1 bis, lett. a), d.lgs. 42/2004,
l’esistenza di cause estintive o di non punibilità, non essendo decorso il relativo
termine di prescrizione (pari ad anni sette e mesi sei considerando i fatti
interruttivi) e non operando per la fattispecie di cui all’art. 181, comma 1 bis,
d.lgs. 42/2004 le cause di non punibilità di cui ai commi

1 ter e 1 quater

(conseguenti all’intervenuto accertamento della compatibilità paesaggistica) o
quella di non punibilità di cui al comma 1 quinquies (rimessione in pristino) della
medesima disposizione, dettate solo per l’ipotesi contravvenzionale di cui al
comma 1, evidenziando, comunque, la differenza tra l’accertamento della
compatibilità paesaggistica ed il nulla osta a posteriori rilasciato dalla
Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali, ed anche la non volontarietà
della rimessione in pristino (eseguita per imposizione del giudice al fine di
ottenere il dissequestro dell’area). La Corte ha poi evidenziato la sussistenza in
capo al de Rubeis dell’elemento soggettivo di tale reato, per le sue conoscenze,
quale Sindaco di Lampedusa e Linosa, dei vincoli esistenti nell’area e degli
impedimenti alla realizzazione di interventi quale quello realizzato, comportanti

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livellamento con pietrisco e nell’apertura di un varco in un muro di confine, onde

modifica di destinazione dell’area interessata, e la strumentalità della ordinanza
contingibile ed urgente adottata dal sindaco allo scopo di aggirare le prescrizioni
connesse al vincolo ambientale ivi esistente. E’ stata, inoltre, evidenziata
l’intenzionalità della condotta del De Rubeis e la illegittimità della ordinanza dallo
stesso adottata, viziata non da eccesso di potere ma da violazione di legge,
trattandosi di atto emesso al di fuori di qualsiasi presupposto legittimante i poteri
del sindaco, allo scopo di avvantaggiare l’attività economica svolta dal Cucina
mediante il punto di ristoro di cui era stata autorizzata la realizzazione nel

Infine la Corte ha confermato anche la condanna del De Rubeis a favore
della Associazione Legambiente costituitasi parte civile, disattendendo il rilievo
dell’appellante secondo cui la responsabilità civile avrebbe dovuto ricadere solo
sullo Stato e non anche sul pubblico ufficiale che aveva emanato l’atto ritenuto
illegittimo.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato mediante il suo
difensore, affidato a due motivi, così riassunti entro i limiti previsti dall’art. 173
disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo ha denunciato violazione di legge penale in
relazione all’art. 181, comma 1 bis, d.lgs. 42/2004, prospettando anche
l’intervenuta estinzione del reato a seguito della dichiarazione di compatibilità
paesaggistica e del ripristino dello stato dei luoghi, dichiarazione resa 1’8 aprile
2009 a seguito di richiesta del Sindaco di Lampedusa e Linosa da parte della
Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Agrigento, Servizio Beni
Paesistici, avendo provveduto anche, a seguito del dissequestro temporaneo
dell’area, ad eseguire tutte le opere di ripristino sotto la vigilanza dei Carabinieri
e dell’Ufficio tecnico del Comune di Lampedusa.
Ha censurato la decisione della Corte d’appello anche in ordine alla ritenuta
sussistenza dei presupposti del reato di cui all’art. 181, comma 1 bis, d.lgs.
42/2004, in quanto l’area nella quale erano stati eseguiti gli interventi contestati
era in stato di abbandono ed utilizzata per scaricarvi rifiuti e posteggiare veicoli,
sicché la realizzazione del parcheggio aveva avuto solamente la funzione di
ripulirla e di migliorare il contesto urbanistico – paesaggistico.
In subordine ha prospettato la ravvisabilità della ipotesi di cui all’art. 186,
comma 1, d.lgs. 42/2004, estinta per effetto del provvedimento di compatibilità
ambientale e del ripristino dello stato dei luoghi.
2.2. Con il secondo motivo ha denunciato ulteriore violazione di legge penale
in relazione all’art. 323 cod. pen. ed all’art. 54 d.lgs. 267/2000, sulla base del
rilievo che l’ordinanza d’urgenza adottata per consentire la realizzazione del
parcheggio era stata emanata in relazione ad una situazione di pericolo per la

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piazzale in questione.

sicurezza e l’incolumità pubblica, per risolvere i problemi di congestione del
traffico nell’area prospiciente la spiaggia dell’Isola dei Conigli, irrilevante
risultando al riguardo la risalenza della situazione di pericolo evidenziata nella
sentenza impugnata. Ha inoltre censurato l’affermazione della Corte d’appello di
Palermo secondo cui detta ordinanza sarebbe stata viziata da violazione di legge,
essendo, semmai, viziata da eccesso di potere nell’esercizio del potere
discrezionale di salvaguardia della incolumità e sicurezza pubbliche. Ha
contestato anche la sussistenza del dolo intenzionale di procurare vantaggio alla

area.
Infine ha censurato anche la condanna al risarcimento dei danni a favore
della parte civile, dovendo delle conseguenze derivanti dalla adozione di una
ordinanza contingibile ed urgente rispondere lo Stato e non il Sindaco che la
aveva adottata.

3. La parte civile Legambiente si è costituita con memoria, anche nella sua
veste di gestore della Riserva Naturale Orientata Isola di Lampedusa, ribadendo
la sussistenza sia dell’elemento oggettivo sia di quello soggettivo dell’illecito
paesaggistico, stante l’esistenza dei vincoli paesaggistici nell’area interessata
dalle opere e l’irrilevanza dei giudizi di compatibilità paesaggistica
successivamente resi e del ripristino dell’area. Ha ribadito l’illegittimità della
ordinanza d’urgenza e la propria legittimazione al risarcimento, quale terzo
danneggiato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.

1. Per quanto riguarda il primo motivo, mediante il quale è stata denunciata
violazione ed errata applicazione dell’art. 181, comma 1 bis, d.lgs. 42/2004, in
quanto avrebbe dovuto essere ravvisata la diversa ipotesi contravvenzionale di
cui al primo comma di tale disposizione, escludendo i presupposti di cui al
comma 1 bis, in considerazione dello stato di degrado dell’area interessata dagli
interventi e dai lavori, ed avrebbe, comunque, dovuto essere rilevata
l’intervenuta estinzione del reato a seguito della dichiarazione di compatibilità
paesaggistica postuma rilasciata dalla Soprintendenza ai Beni Culturali e
Ambientali di Agrigento in data 8 aprile 2009, va anzitutto ricordato che la
deroga al principio generale per il quale, in materia paesaggistica,
l’autorizzazione non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla
realizzazione, anche parziale, degli interventi, fissata dall’art. 146, comma
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attività commerciale svolta dal Cucina, che già la esercitava nella medesima

dodicesimo, d.lgs. 42/2004, è limitata agli interventi minori individuati dall’art.
181, comma primo ter, del medesimo d.lgs., per i quali soltanto non si applicano
le sanzioni penali di cui al comma primo del medesimo art. 181, ferme restando
quelle amministrative di cui all’art. 167 del predetto d.lgs. (così Sez. 3, n. 35965
del 05/02/2015, Seratoni Gualdoni, Rv. 264875, relativa alla coltivazione di una
cava, nella quale è stata esclusa la sussistenza di un intervento minore, data la
notevole entità volumetrica del materiale abusivamente estratto, rispetto a
quanto originariamente autorizzato; conf. Sez. 3, n. 15053 del 23/01/2007,

Ora, nella specie, la Corte d’appello di Palermo ha, conformemente al
ricordato principio, escluso l’applicabilità della causa di non punibilità derivante
dall’accertamento di compatibilità paesaggistica, ai sensi dei commi 1 ter e 1
quater dell’art. 181 cit., ed anche di quella di estinzione del reato conseguente
alla rimessione in pristino, ai sensi del comma 1 quinquies della medesima
disposizione, rilevando correttamente che tali previsioni riguardano solamente la
diversa ipotesi contravvenzionale di cui al comma 1 dell’art. 181 citato, nella
specie non ravvisabile. La Corte territoriale ha, inoltre, sottolineato l’insufficienza
ai fini della valutazione di compatibilità paesaggistica del nulla osta a posteriori
rilasciato dalla Soprintendenza e l’irrilevanza della rimessione in pristino, in
quanto non volontaria ma eseguita per imposizione del giudice quale condizione
per ottenere il dissequestro dell’area.
Il rilievo, peraltro attinente alla ricostruzione in fatto della vicenda e dello
stato dei luoghi e formulato per la prima volta mediante il ricorso per cassazione,
secondo cui avrebbe dovuto essere ravvisata la meno grave ipotesi
contravvenzionale di cui al primo comma dell’art. 181 d.lgs. 42/2004, in
considerazione dello stato di abbandono dell’area interessata dagli interventi
disposti con l’ordinanza contingibile ed urgente emanata dal Sindaco De Rubeis,
con la conseguente rilevanza del nulla osta paesaggistico e della rimessione in
pristino, risulta inconferente, non rilevando le condizioni dell’area oggetto
dell’intervento ma solo l’esistenza o meno del vincolo paesaggistico, nella specie
pacificamente esistente, in quanto il reato di cui all’art. 181 d.lgs. 42/2004 ha
natura di reato di pericolo e si consuma con la sola realizzazione di lavori, attività
o interventi in zone vincolate senza la prescritta autorizzazione paesaggistica, a
prescindere da ogni accertamento in ordine alla avvenuta alterazione,
danneggiamento o deturpamento del paesaggio, ed anche delle condizioni della
zona sottoposta al vincolo ed interessata dagli interventi, in quanto per la sua
configurabilità è sufficiente che l’agente faccia del bene protetto dal vincolo un
uso diverso da quello cui esso è destinato, atteso che il vincolo posto su certe
parti del territorio nazionale ha una funzione prodromica al governo del territorio
stesso (Sez. 3, n. 564 del 17/11/2005, Villa, Rv. 233012).
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Bugelli, Rv. 236337).

Il reato in esame non è configurabile esclusivamente in quelle eccezionali
occasioni nelle quali si realizzi un intervento di entità talmente minima ed
irrilevante che lo stesso non sia neppure astrattamente idoneo a porre in pericolo
il paesaggio e a pregiudicare il bene paesaggistico-ambientale, ovvero che si
tratti di un intervento ontologicamente estraneo al paesaggio ed all’ambiente (ex
multis, Sez. 3, n. 11048 del 18/02/2015, Murgia, Rv. 263289; Sez. 3, n. 37337
del 16/04/2013, Ciacci, Rv. 257347; Sez. 3, n. 39049 del 20/03/2013, Bortini,
Rv. 256426; Sez. 3, n. 2903 del 20/10/2009, Soverini, Rv. 245908). Nella specie

nell’area sottoposta a vincolo vasche per l’accumulo di acque e lo scarico di
reflui, realizzato un parcheggio a raso a cielo aperto, collocato un camion
attrezzato per la vendita di alimenti e bevande ed una pedana in legno a servizio
del camion, aperto un varco in un muro di confine per facilitare l’accesso al
punto di ristoro, create zone d’ombra e docce per i turisti e rimossa un’aiuola,
interventi chiaramente idonei a porre in pericolo il paesaggio e a pregiudicare il
bene paesaggistico-ambientale, in quanto il piccolo bar realizzato nella struttura
ecocompatibile assentita dall’ente gestore della riserva era stato trasformato in
un vero e proprio punto di ristoro dotato di alimentazione elettrica ad alta
tensione, di una struttura in legno ad esclusivo servizio per allocarvi tavoli e
sedie, di un’ampia area di parcheggio e di altri servizi collaterali, quali docce
alimentate da vasche idriche.
Deve, pertanto, concludersi per l’infondatezza del primo motivo di ricorso,
essendo stata correttamente affermate la sussistenza del delitto paesaggistico e
la conseguente irrilevanza del nulla osta ambientale postumo e della rimessione
in pristino per ordine del giudice.

2. Il secondo motivo di ricorso, mediante il quale è stata prospettata
violazione di legge, ed in particolare dell’art. 54 d.lgs. 267/2000, in relazione alla
ritenuta sussistenza del reato di cui all’art. 323 cod. pen., sul rilievo che
l’ordinanza contingibile ed urgente emanata dal De Rubeis quale Sindaco di
Lampedusa e Linosa per consentire la realizzazione del parcheggio era stata
adottata per risolvere i problemi di congestione del traffico veicolare nell’area
prospiciente la spiaggia dell’Isola dei Conigli, dunque in relazione ad una
situazione di pericolo per la sicurezza e l’incolumità pubblica, risulta anch’esso
infondato.
Al riguardo la Corte d’appello di Palermo ha sottolineato le anomalie della
procedura conclusasi con l’emissione di detta ordinanza, ritenuta un espediente
per aggirare le prescrizioni connesse al vincolo ambientale e realizzare un intento
illecito, e cioè favorire l’attività di ristorazione del Cucina, essendo risultati del
tutto artificiosi i riferimenti ad incidenti stradali verificatisi nella zona, non
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tale minima entità non è in alcun modo ravvisabile, essendo state posate

essendo derivati dal traffico estivo, e non essendo correlate alle esigenze della
circolazione le opere diverse dalla realizzazione del parcheggio autorizzate con la
medesima ordinanza, volte invece a favorire l’afflusso di clienti presso l’esercizio
commerciale del Cucina e ad ampliarne e rendere più attrattiva l’attività,
ritenendo di conseguenza viziato da violazione di legge tale provvedimento, in
quanto non caratterizzato da eccesso di potere (nel senso del compimento di non
corrette valutazioni discrezionali) ma dalla assoluta mancanza dei presupposti
legittimanti l’esercizio di tale potere, artificiosamente prospettati nella ordinanza

A fronte di tali considerazioni il ricorrente si è limitato a ribadire l’esistenza di
una situazione di pericolo conseguente all’intenso traffico veicolare nella zona,
omettendo di confrontarsi con i suddetti rilievi della Corte d’appello, circa la
pretestuosità di tale indicazione e la sua inconferenza rispetto al complesso degli
interventi e dei lavori autorizzati, con la conseguente infondatezza della censura,
risultando corretta la riconducibilità del vizio di detta ordinanza alla categoria
della violazione di legge, in quanto emessa in totale assenza dei presupposti
legittimanti, e cioè una situazione di pericolo per la sicurezza e l’incolumità
pubblica, esclusa in punto di fatto ed in relazione alla quale, comunque, gli
interventi autorizzati risultavano inconferenti.
L’ampliamento del piccolo bar di cui il Cucina era titolare, mediante
trasformazione in un vero e proprio punto di ristoro, con parcheggio e docce,
determinava un evidente vantaggio patrimoniale per il gestore, conseguente alla
radicale trasformazione del suo esercizio commerciale, in termini di dimensioni,
caratteristiche e maggiori servizi offerti ai turisti, con la conseguenza che risulta
corretta la valutazione compiuta dalla Corte d’appello circa lo scopo di procurare
tale vantaggio al Cucina insito nella adozione della ordinanza d’urgenza da parte
del De Rubeis.
Infine risulta infondata anche la censura sollevata in relazione alla condanna
del ricorrente al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita,
avendo l’imputato esorbitato dalle sue attribuzioni di Sindaco, emettendo una
ordinanza in mancanza dei presupposti legittimanti l’esercizio del relativo potere,
e dovendo, di conseguenza, rispondere delle conseguenze di tale atto anche sul
piano risarcitorio, essendo venuto meno per effetto dell’illecito il rapporto di
rappresentanza ed immedesimazione organica con l’ente.
In conclusione il ricorso in esame deve essere respinto, stante l’infondatezza
di entrambi i motivi cui è stato affidato, ed il ricorrente condannato al
pagamento delle spese processuali ed alla rifusione alla parte civile di quelle
dalla stessa sostenute nel grado, liquidate come da dispositivo.

7

stessa.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché alla rifusione delle spese del grado in favore della costituita
parte civile, Legambiente Comitato Regionale Siciliano, che liquida in euro
3.500,00, oltre spese generali ed accessori di legge, con distrazione a favore
dell’Erario.

Così deciso il 10/2/2016

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