Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28934 del 09/02/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28934 Anno 2016
Presidente: ROSI ELISABETTA
Relatore: ACETO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Gramigni Cristina, nata a Firenze il 12/11/1954,

avverso la sentenza del 22/02/2013 della Corte di appello di Firenze;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giulio
Romano, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato;
udito per l’imputata l’avv. Vincenzo Dresda, sostituto processuale del difensore di
fiducia, avv. Paolo Migliorini, che ha concluso chiesto l’annullamento della
sentenza.

RITENUTO IN FATTO

1. La sig.ra Cristina Gramigni ricorre per l’annullamento della sentenza del
22/02/2013 della Corte di appello di Firenze che ha confermato la condanna alla
pena di sei mesi di reclusione inflitta il 08/07/2010 dal Tribunale di quello stesso

Data Udienza: 09/02/2016

capoluogo per il reato di cui all’art. 10-bis, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, perché,
quale legale rappresentante della società «Social Service S.r.l.», non aveva
versato, nel termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di
sostituto di imposta dell’anno 2004, le ritenute risultanti dalle certificazioni
rilasciate ai sostituiti, per un ammontare complessivo di C 72.973,00.
1.1.Con il primo motivo eccepisce l’estinzione del reato per prescrizione.
1.2.Con il secondo eccepisce l’erronea applicazione dell’art. 10-bis, d.lgs. n.
74 del 2000.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.11 sistema sanzionatorio penale tributario è stato rivisto dal d.lgs. 24
settembre 2015, n. 158 (successivo alla requisitoria del PG) che, in attuazione
della delega conferita dall’art. 8 (“Revisione del sistema sanzionatorio”) legge 11
marzo 2014, n. 23, ha apportato rilevanti modifiche al d.lgs. 10 marzo 2000, n.
74.
2.1.L’art. 7, d.lgs. n. 158 del 2015, in particolare, ha modificato l’art. 10-bis,
d.lgs. n. 74 del 2000, da un lato inserendo espressamente nella fattispecie la
dichiarazione annuale di sostituto di imposta quale fonte dell’obbligo, in
alternativa ai certificati rilasciati ai sostituiti, dall’altro elevando a
centocinquantamila euro la soglia oltre la quale l’omesso versamento delle
ritenute assume rilevanza penale.
2.2.La modifica incide su un elemento costitutivo del reato che, pur non
alterando la natura illecita della condotta (che resta sanzionata a livello
amministrativo), la rende penalmente irrilevante quando i versamenti omessi
siano inferiori al nuovo e maggior importo sopra indicato.
2.3.Si tratta indubbiamente di modifica più favorevole all’imputato poiché
esclude in radice, con effetto “retroattivo”, la rilevanza della condotta a lui oggi
contestata.
2.4.Trattandosi di successione di leggi penali nel tempo, questa Corte può,
anche d’ufficio, ritenere applicabile il nuovo e più favorevole trattamento
sanzionatorio per l’imputato, anche in presenza di un ricorso inammissibile,
disponendo, ai sensi dell’art. 609 cod. proc. pen., l’annullamento della sentenza
impugnata pronunciata prima delle modifiche normative “in melius” (Sez. U, n.
46653 del 26/06/2015, Della Fazia, Rv. 265111).
2.5.L’annullamento deve essere disposto con la formula «il fatto non è
previsto dalla legge come reato» e non con quella «il fatto non sussiste»
che, presuppone, invece, già a livello descrittivo, l’ipotetica attrazione della
condotta contestata in una fattispecie incriminatrice (cfr., sul punto, Sez. U, n.
2

1.3.Con il terzo eccepisce l’eccessività della pena.

37954 del 25/05/2011, Rv. 250975, secondo la quale l’adozione della prima
formula dipende dal tenore formale dell’addebito, dalla circostanza cioè che con
esso si assume la riconducibilità della fattispecie concreta ad una fattispecie
astratta mai esistita, abrogata o dichiarata costituzionalmente illegittima.
Mentre, quando il fatto storico, così come ricostruito, non è idoneo ad essere
assunto nella fattispecie astratta, occorre adottare la seconda. Nel senso che la
formula «il fatto non sussiste» comporta l’esclusione del verificarsi di un
fatto storico che rientri nell’ambito di una fattispecie incriminatrice, si veda Sez.

2.6.0ccorre a tal fine considerare che:
2.6.1.1’innalzamento dell’asticella della penale rilevanza della condotta
sospinge nell’area dell’esclusiva rilevanza amministrativa tutte quelle che hanno
ad oggetto somme ad essa inferiori, quale conseguenza di un fenomeno
successorio di leggi penali nel tempo per effetto del quale ciò che
precedentemente era astrattamente previsto dalla legge come reato oggi non lo
è più;
2.6.2.sulle condotte cd. “sotto-soglia”, dunque, il giudice penale non ha
(più) giurisdizione, nemmeno astratta, sicché l’affermazione che il “fatto non
sussiste” presuppone, erroneamente, non solo che il fatto stesso, così come
astrattamente contestato nell’editto accusatorio, continua a mantenere il suo
connotato di illiceità penale e che tuttavia esso in natura non non si è mai
verificato, ma che su quel fatto il giudice penale continua ad esercitare la propria
giurisdizione;
2.6.3.1a affermazione di sussistenza/insussistenza del fatto che integra il
reato presuppone, infatti, che il giudice abbia logicamente già positivamente
ritenuto la propria giurisdizione penale perché la condotta, così come descritta, è
astrattamente riconducibile ad una fattispecie di reato;
2.6.4.se, in ipotesi, oggi si contestasse all’imputato di non aver versato una
somma che lo stesso editto accusatorio colloca al di sotto della soglia della
penale rilevanza, al giudice non resterebbe altro che prendere atto del fatto che
quella condotta, puramente e semplicemente, non corrisponde ad alcuna
fattispecie di reato, senza necessità di accertamenti volti a ricostruire la verità
del fatto storico;
2.6.5.affermare, dunque, che il fatto così come contestato, non sussiste,
equivale, da un lato a darne per presupposta la persistente rilevanza penale,
dall’altro, conseguentemente, a ritenere che non ne siano stati integrati gli
elementi costitutivi;
2.6.6.I’astratta configurabilità del fatto contestato come reato, infatti,
impegna il giudice ad un’opera di verificazione dell’ipotesi accusatoria (vero/

3

U, n. 4049 del 29/05/2008, Guerra, Rv. 240814).

falso) non necessaria quando l’editto collochi la condotta espressamene fuori del
paradigma penale;
2.6.7.I’afferrnazione, dunque, che il fatto così come contestato non sussiste
presuppone un giudizio di verificazione negativa dell’accusa che, in realtà, non
solo non è mai stato fatto ma non costituisce nemmeno la ragione
dell’assoluzione che è fondata esclusivamente sul fenomeno successorio di leggi
penali nel tempo, tradendo così la vera causa dello scioglimento dell’imputato
dall’accusa che è costituita esclusivamente dall’arretramento del giudice penale

2.6.8.I’errore in cui si può cadere, insomma, è quello di porsi in una
prospettiva statica, e non dinamica del fenomeno successorio che impone ci si
chieda se il fatto così come contestato era astrattamente riconducibile ad una
fattispecie di reato all’epoca della sua consumazione. Se la risposta è positiva, la
formula assolutoria: “il fatto non sussiste” sconta il salto logico del passaggio
intermedio, la modificazione cioè della legge e l’espulsione della condotta dal suo
ambito applicativo, che, escludendo in radice la necessità di verificazione
dell’accusa, si impone quale unica vera causa dell’assoluzione stessa: il fatto,
cioè, che oggi quella condotta non è più prevista dalla legge come reato.

P.Q.M.

Annulla, senza rinvio, la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto
dalla legge come reato.
Così deciso il 09/02/2016.

dal terreno di confronto;

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